VIAGGIO NEL MONDO DELLA SCIENZA, MADAME CURIE

“Le donne sono venute in eccellenza, di ciascun’arte ove hanno posto cura”, scriveva Ariosto nell’ “Orlando Furioso”. Affermazione profondamente vera per la scienziata polacca Curie.

Tra lei e l’energia atomica la filiazione è diretta. Maria Sklodowska – conosciuta come Madame Curie – era nata a Varsavia, da una famiglia di piccola nobiltà: cattolica credente e praticante, quando morì la sua mamma ancor giovane, la figlia perse ogni fede religiosa e per tutta la vita rimase non credente.

Maria sentì molto l’oppressione russa e fu sempre patriota, ribelle contro lo stato straniero dominante. A 16 anni fu costretta a interrompere gli studi, lavorando per cinque anni come donna di servizio. Nello stesso tempo leggeva con frenesia libri di Dostoevskij e Marx in lingua originale. Bionda, minuta, di vita sottile, occhi grigio cenere, fronte molto spaziosa, indole ferrea, intelligenza ostinata e implacabile; atea convinta. La sua sola fede è il progresso scientifico. 

Maria incontra nel 1894, Pierre Curie, dal fascino particolare, serio e dolce, viso regolare con barba, occhi tranquilli dallo sguardo profondo. Poco dopo decisero di sposarsi e il matrimonio avvenne nel luglio del 1895: investirono tutti i loro risparmi in due biciclette, con cui percorsero le lande francesi e, per tutta la loro vita comune, queste gite restarono il loro principale svago.

La vita di Maria e Pierre Curie, attraverso uno sforzo pervicace, è tesa verso un solo ideale: la ricerca scientifica. I Curie decisero di riprendere e approfondire gli studi di Henri Becquerel, che aveva scoperto le proprietà dei sali di uranio di emettere spontaneamente radiazioni. Pierre e Maria iniziarono una ricerca per verificare se in natura vi fossero altri elementi radioattivi. L’intuizione fu quella di ritenere che la radioattività era una proprietà atomica. Oggi la chiameremmo nucleare, ma a quel tempo nessuno sapeva che negli atomi esistessero nuclei pesanti e nubi elettroniche roteanti. Maria ebbe un colpo di genio e analizzò anche l’uranio contenuto in natura, nei minerali. Il metodo dei Curie consisteva nell’analisi chimica e nello studio della frazione ove si concentrava la radioattività. Le loro procedure costituirono i cardini di una nuova disciplina scientifica, la “radiochimica”.

L’uranio si trova nella pechblenda, una specie di magma bruno, di cui è ricca la Boemia. La direzione della miniera di Joachimstal in Cecoslovacchia cedeva a basso prezzo ai Curie i residui di pechblenda. Nel laboratorio arrivano sacchi di polvere scura. Maria vuota l’involucro e versa in un recipiente una ventina di chili di minerale per volta; mette la bacinella sul fuoco, scioglie, filtra, precipita, misura senza sosta. 

Attività sfibrante che si svolge in un misero laboratorio che è una rimessa vetusta, quasi una stalla: qualche vecchio tavolo, una usurata lavagna, una stufa di ghisa arrugginita che affumica tutto il locale. Questa stamberga la sera era debolmente luminosa – racconta Maria – per il chiarore sospeso fluorescente che promanava dai minerali disposti sui tavoli. Un’emozione e un rapimento. 

Dopo circa due anni di lavoro i Curie isolano una sostanza sconosciuta, il polonio, nome scelto dalla patriota Maria Curie in onore della sua patria. Successivamente, fu scoperto un nuovo elemento radioattivo, chiamato radio. Fu necessario lavorare sette tonnellate di minerale per ottenere circa un grammo di bromuro di radio, sufficiente per studiare a fondo le straordinarie proprietà di questa nuova sostanza dai fenomeni incredibili, definiti da Maria “il cataclisma della trasformazione atomica”. La scoperta della radioattività fu l’inizio di uno degli sviluppi più importanti della fisica e anche della medicina moderna, con uno straordinario ampliamento delle conoscenze umane sulla struttura dell’atomo.

Pierre e Maria Curie, nel 1903, furono premiati con il Nobel per la fisica, insieme a Henri Becquerel, in riconoscimento degli studi sui fenomeni di radiazione. Dalla scoperta nasce la fama, la gloria e la leggenda dei Curie, in specie Maria che divenne una celebrità mondiale.

Le misteriose radiazioni innestano una valanga di reazioni psicologiche e sociologiche ben lontane dal rigore scientifico: si beve tè al radon, si aggiungono sali di torio o di radio nelle creme di bellezza o nei rossetti.

Il 1906 è l’anno della tragedia. Pierre Curie muore investito da una vettura a cavalli. Maria ha 38 anni, ha perduto il proprio compagno e il mondo un grand’uomo. Comincia la seconda vita di Maria Curie: non aveva più la freschezza della gioventù, ma era sempre di una bellezza emaciata, severa e orgogliosa. Maria vive un periodo intenso di lavoro, sperimentazioni e dedizione alle figlie, circondata dai suoi  amici, professori, fisici, intellettuali.

Nel 1911 – nella Francia puritana dei primi del secolo – scoppia l’affaire Curie-Langevin, gli scienziati amanti. Paul Langevin, brillante amico di Einstein, era più giovane di Maria di quattro anni. Dalla reciproca comunanza intellettuale, all’amicizia, all’amore oggetto di commenti scandalistici e di gossip di stampa. Langevin fu ribattezzato “le Chopin de la Polonaise”. Tutto si immiserì in pettegolezzi. Maria sopportò con grande dignità lo scandalo, chiuse questo episodio della propria vita e si dedicò nuovamente con caparbietà solo al lavoro.

Nel 1911 a Madame Curie fu anche assegnato il Nobel per la chimica, per l’eccezionale contributo a questa disciplina con le sue scoperte ed esperienze.

Maria è l’unica persona, nella storia della scienza, ad essere insignita del Nobel in due discipline scientifiche. Infatti Linus Pauling ottenne il premio nel 1954 per la chimica e poi per la pace nel 1963.

La Francia vinse la guerra, la Polonia liberata dal giogo straniero e l’antico amico, il pianista Paderewski, era Presidente a Varsavia. Maria, divenuta celebrità mondiale, ha più di 50 anni e sembra aver ritrovato una nuova gioventù. Intraprende un viaggio trionfale negli Stati Uniti, dove il Presidente Harding le consegnò un grammo di radio acquistato con i contributi delle donne americane. Pochissimo tempo dopo la scoperta si era riconosciuto che il radio poteva avere un’azione sui tessuti biologici e si sviluppò l’idea che la sostanza potesse essere utile nella lotta contro i tumori. Nascevano la radioterapia e la medicina nucleare.

“Ho tanto sofferto nella vita”, ella disse. Madame Curie subì, infatti, lesioni cutanee, operazioni di cataratta, profondo deperimento generale, anemia aplastica, per avere manipolato per lunghi decenni sostanze radioattive senza alcuna precauzione, con una sequela crescente e tormentosa di malattie, che quasi non la fanno più alzare dal letto e con ripetuti ricoveri ospedalieri, Maria muore – all’età di 67 anni, nel 1934 – nel sanatorio di Sancellemoz, senza ricchezze e riposa con il marito Pierre nel cimitero di Sceaux, in una sepoltura che contiene un pugno di terra portata dalla Polonia. Madame Curie ha lasciato una traccia incancellabile nella storia della scienza.

Eppure – malgrado il sommo valore, premi, fama e gloria – mantenne sempre modestia, riserbo e sobrietà. “E’, fra tutte le persone celebri, la sola che la gloria non abbia corrotto”, disse di lei Albert Einstein. Persona di indole ferrea, la definì Emilio Segrè, italiano “Premio Nobel” per la fisica. Ma in aggiunta è utile sottolineare che Marie Curie decise di non brevettare alcuno dei processi scientifici e scoperte sviluppati, a testimonianza ulteriore di altruismo e umanità. 

Adelfio Elio Cardinale

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