MILANO (ITALPRESS) – Per fermare la diffusione del vaiolo delle scimmie in Italia, “dobbiamo iniziare il tracciamento in questa fase iniziale, in cui i casi sono pochi”. A parlare, in una videointervista all’agenzia di stampa Italpress, è il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi e professore del dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano. “Dobbiamo parlarne, comunicare la presenza di questa patologia affinchè ci possa essere da parte dei singoli soggetti, affetti o che presumono di esserne affetti, la possibilità di farsi controllare e permettere un tracciamento, che è quello che abbiamo iniziato a fare con il Covid, ma che poi è stato impossibile – spiega Pregliasco-. Per il vaiolo delle scimmie dobbiamo farlo ora, in questa fase iniziale, perchè in Italia ad oggi sono poco meno 600 i casi, e quindi, come ordine di grandezza ancora pochi, per limitare la diffusione. Inoltre, oggi c’è l’opportunità della vaccinazione”. Il vaiolo delle scimmie, evidenzia il professore della Statale “è una patologia che è riuscita a diffondersi in modo sotterraneo, da una situazione di ‘endemià in contesti come l’Africa, dove purtroppo questa malattia è presente, e dove gli elementi di rischio sono il morso di animali infetti e il contatto inter-umano, anche familiare.In Europa e negli Stati Uniti il virus si è, invece, adattato: non ha più quelle caratteristiche così evidenti di vescicole su tutto il corpo o sul palmo delle mani, ma presenta manifestazioni meno evidenti, con qualche vescicola al pube e poco più”. Quindi, prosegue Pregliasco, “è una patologia che può diffondersi come il Covid, perchè non macroscopicamente riconoscibile e visibile”. Ad oggi, precisa l’esperto, “la via di trasmissione principale, al là dell’Africa dove c’è il morso degli animali infetti, è quella di contatto sessuale, e, la casistica attuale nelle zone non endemiche, è legata a uomini che fanno sesso con altri uomini, in particolare coloro che hanno pluri-partner, che è un elemento di rischio come per l’Aids”. Ad oggi, dice ancora Pregliasco, “non è presumibile che arriveremo a una vaccinazione universale, obbligatoria, con Green Pass o altro, per non ritornare a quegli elementi divisivi che hanno reso difficile e complicata la campagna vaccinale Covid, ma una vaccinazione mirata verso i soggetti a rischio, indicati in una circolare ministeriale”. Contro il vaiolo delle scimmie, la “vaccinazione che è già iniziata in Italia, nelle Regioni dove c’è il maggior numero di casi, nell’ambito dei servizi riguardanti le malattie a trasmissione sessuale e indicata a soggetti a rischio”, conclude l’epidemiologo, sollecitandone l’adesione. All’agenzia di stampa Italpress, Pregliasco ha parlato anche di Covid, dicendo che non torneremo ai “Green pass” obbligatori, ma “sarà importante portare avanti la vaccinazione anti-Covid attraverso una ‘ripetizione periodicà, con ‘richiamì, sperabilmente su base annuale, con una proposta di raccomandazione per tutti, ma soprattutto rivolta alle persone più fragili e più esposte”. “Io credo che nell’arco di due o tre anni la situazione andrà a normalizzarsi – spiega Pregliasco -, purtroppo, però, questa malattia continuerà a essere presente e, quindi non bisognerà abbassare la guardia, soprattutto con la ‘vaccinazione di richiamò e l’utilizzo di farmaci antivirali terapeutici specifici”. Per l’epidemiologo è, dunque, “fondamentale non parlare più di ‘quarta dosè per il prossimo futuro ma, piuttosto, di ‘vaccinazione periodicà”. Secondo Pregliasco “potremo convivere con questo virus ‘attraversò tre elementi: il buonsenso di ognuno di noi, la vaccinazione periodica, se siamo fragili o soggetti esposti e, terzo, tramite un’ applicazione sistematica, che ancora oggi non è completa, dei farmaci antivirali per uso orale per i soggetti fragili”. Sugli scenari il professore è cauto: “Le previsioni sul Covid sono sempre difficili, spesso il virus ‘ha fatto altrò rispetto a quanto pensavamo.Tuttavia, quello che si ritiene, ad oggi, è che siamo in una fase di transizione tra la pandemia vera e propria e un andamento endemico”. Tutto questo, conclude Pregliasco, “a meno che non arrivi, ma riteniamo scarsa questa probabilità, una variante particolarmente diffusiva e diversa, ma la tendenza evolutiva del virus è quella sempre di adattarsi. E quindi, lo spero, ci dobbiamo immaginare ‘ondè sempre meno marcate”.”Credo che ci si debba ancora preoccupare a fronte di possibili ‘andamentì di crescita del Covid durante l’inverno, facilitati dagli sbalzi termici, con l’insorgenza di altre varianti, come ‘Centaurò che potrebbe essere la protagonista della prossima ‘ondà di risalita” del virus, ha concluso il virologo. (ITALPRESS).
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