Una maggiore autonomia del management, una crescita della diversità all’interno dei board e una semplificazione normativa. Queste alcune delle proposte contenute nella ricerca “La corporate governance nelle public utilities Italiane”, realizzata dall’università Bocconi e presentata oggi nel corso di un convegno organizzato da Utilitalia. Il focus espone i passi da compiere per giungere a una buona governance delle utilities, in modo che queste siano radicate nel territorio ma non vincolate a esso. Il campione di analisi è costituito da 367 società attive in settori come la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, la fornitura di acqua, e la gestione delle reti fognarie. La struttura proprietaria vede una prevalenza delle società a totale capitale pubblico (66,5%), seguite da quelle a maggioranza pubblica (21,8%). Quelle a maggioranza privata, invece, rappresentano il 4,2% del campione, mentre quelle totalmente private sono il 7,5%.
A prescindere dall’assetto, dalla forma giuridica o dai settori di attività, queste società sono condizionate dagli stessi vulnus: un’età media elevata degli amministratori (superiore ai 52 anni); la necessità di incrementare la presenza femminile nel board (la media è del 30%) e difficoltà nel superare i vincoli remunerativi, che invece consentirebbero di attirare le migliori competenze del mercato. Si registra, inoltre, un forte legame degli amministratori con il territorio in cui opera l’impresa, poiché circa l’80% risiede nella provincia di attività.
“Una buona governance vuol dire aziende più efficienti e quindi migliori servizi ai cittadini. Dalla ricerca emerge come il comparto stia evolvendo verso forme societarie più mature: una trasformazione che è fondamentale per restare al passo con i tempi», ha commentato il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti, a cui sono state affidate le conclusioni della mattinata.
“Dalla ricerca curata da Lorenza Micacchi dell’Università Bocconi emerge che abbiamo fatto dei passi avanti, ma che abbiamo ancora diverse cose da mettere a punto. Un primo gap riguarda la composizione dei Cda, che non in tutti i casi possono essere a carattere fiduciario. Una governance strutturata e moderna costituisce la prima forma di autonomia delle imprese”, ha aggiunto Valotti, soffermandosi anche sul “livello dei compensi bassi se rapportati alle responsabilità assunte, soprattutto nel caso degli amministratori esecutivi”.