UN DERBY SCUDETTO PORTATO ALLE STELLE, ULTIMI 90′ DA CUORE IN GOLA

Vince il Milan con l’Atalanta, vince l’Inter a Cagliari. Con il cuore in gola fino agli ultimi novanta minuti. E dicevano “che povero campionato”. Non vivevamo da anni tante emozioni. Un derby Milan-Inter portato alle stelle. Con esibizione di gioco eccellente. Diverso lo stile di Pioli e Inzaghi ma scuola italiana fino in fondo per un calcio da combat film: agonismo speso con studiata moderazione quello dei rossoneri, tanti giovani di tanto cuore e poca cattiveria; dirompente la scelta dell’Inter che al 24′, come nei tempi herreriani, si affida a un difensore, Darmian, per il primo gol – quello che annulla lo scudetto anticipato del Milan – e poi all’esperienza degli slavi, Perisic, Brozovic, Dzeko, Skriniar. Resteranno nella bacheca nerazzurra il balzo al cielo del guerriero di Legnano e la sua rete strepitosa. Lautaro fa il resto firmando due gol da applausi nonostante l’opposizione di un eccellente Cragno, presto – m’immagino – eroe del mercato. Il Cagliari affonda con dignità, affidando il gol dell’onore a Lykogiannis. Avesse sempre giocato così…All’improvviso ha fatto paura all’Inter, costringendo Inzaghi a mosse ardite come il ritiro dalla battaglia dell’eroico Barella. E il Tamburino Sardo non l’ha presa bene.

Il Milan con una partita senza sbavature, interpretata magistralmente ed esaltata dai gol di Rafa Leao e Theo Hernandez, è stato sollecitato dall’Atalanta avversario di qualità mai domo anche se non più dotato della lucidità e aggressività espresse fino a un paio di mesi fa; l’Inter a sua volta sollecitata dalla vittoria dei fratelli/coltelli, carica a mille, eccitata; e ci si chiede – non per favorire uno dei contendenti – perchè le due partite non siano state giocate contemporaneamente: avremmo vissuto emozioni perdute nella notte dei tempi dopo l’impietoso (quanto glorioso, sia chiaro) decennio juventino.
Una domenica (preciso una domenica di una volta) introdotta dalla cerimonia dell’addio di Insigne che ha lasciato al Maradona un fiume di lacrime e s’è portato a casa (fors’anche nella casetta in Canadà) un trofeo Aureliano più grande di lui. I fedelissimi hanno lanciato dagli spalti il cuore e il fegato, amarezza e rabbia, forse anticipo di pentimento e nostalgia, anche quel tanto d’ipocrisia che pretendono i divorzi felici: in un’atmosfera così schizzata c’erano anche le musiche amiche e contrarie – “‘O surdato ‘nnamurato” e “Un giorno all’improvviso” – a far pensare che finchè il Club di De Laurentiis non troverà “il coro dei napoletani” lo scudetto non finirà sulle maglie azzurre. Meno spettacolare ma più deamicisiano – Torino insegna – l’addio epistolare da social di Paulo Dybala agli juventini senza Joya. Speriamo resti in Italia e non vada ad arricchire gli avversari europei.

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