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di Claudio Brachino
ROMA (ITALPRESS) – Ucraina, dalla retorica alla realtà, dal discorso pubblico all’azione concreta della diplomazia e dei leader. Anche le parole bellissime quando sono usate troppo finiscono abusate rispetto alla loro semantica originaria. Stiamo parlando della pace, il convitato di pietra di tutti i discorsi di geopolitica degli ultimi anni al punto tale da suscitare, al contrario, diffidenza e ulteriore incomunicabilità. Adesso, a tre anni dall’inizio del conflitto, Trump e Putin si sono parlati, si vedranno probabilmente in Arabia Saudita, Zelensky con l’Europa dicono no a una pace senza di loro, ma c’è già chi ipotizza che il posto a tavola della Ue lo possa prendere la Cina. Se l’eventuale esclusione, o inclusione meramente formale, dell’uomo simbolo della resistenza del suo popolo sarebbe clamorosa, l’insussistenza dell’Europa sarebbe solo lo specchio della sua insussistenza in politica estera. Abbiamo assistito a iniziative sparse di singoli leader in cerca di visibilità o a un generale appiattimento su un’alleanza atlantica a trazione americana. Ora Trump evita i formalismi, com’è nel suo stile, e senza neanche prestare troppa attenzione alla Nato, fa da solo.
Detto questo, si lavora intorno a che cosa? A quella che da tempo gli analisti chiamano cristallizzazione dei rapporti di forza sul campo. La Crimea è già russa da tempo e sul lungo fronte del Donbass la tanto sbandierata controffensiva di Kiev con le armi occidentali è fallita. Le fake ideologiche sulla debolezza degli armamenti di Putin hanno cancellato dal mainstream la verità, ovvero che Mosca sta avanzando su tutta quella linea e che se sfonda fa arrivare i suoi blindati in pochi giorni nella capitale ucraina. Al netto delle speculazioni economiche, terre rare e carbone, lo Zar terrà buona parte di ciò che ha conquistato con la forza. Ne escono umiliati il diritto internazionale e la cordata parolaia, ma in armi, dell’Occidente in lotta per i suoi valori, il calice vuoto della democrazia in mano. Non si sa quale quale sarà il destino del Kursk, regione russa dove Zelensky ha avuto successo nel creare un diversivo dal fronte principale. A Kiev, che entrerà nella Ue ma non nella Nato, tutto il resto, con una zona cuscinetto affidata alle forze internazionali, e qui potrebbero esserci gli europei, che ci saranno anche nell’affaire ricostruzione. Questo lo stato delle cose, al di là bene e del male nietzschiano. Questa è la real politik, bellezza!
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).