Ucraina, dalla Conferenza di Lucerna secco no alle condizioni poste da Putin

President of Ukraine Volodymyr Zelenskyy takes part in a closing press conference following the Ukraine peace summit at the Burgenstock Resort in Obburgen, Switzerland on Sunday, June 16, 2024. Photo by Sean Kilpatrick/ABACAPRESS.COM

ROMA (ITALPRESS) – In un vertice, quello tenuto a Lucerna con le delegazioni di oltre novanta paesi, che si è concluso con una dichiarazione finale fin troppo scontata, la presa di posizione meno banale è stata probabilmente proprio quella ucraina. La conferenza di pace in Svizzera, alla fine dei lavori, ha sancito, fra i punti cruciali, che la “integrità territoriale” di Kiev va rispettata e che il “dialogo tra tutte le parti” sarebbe necessario per trovare una soluzione duratura. Un’ovvietà ma d’altronde in un tavolo in cui colui che ha scatenato la guerra non è stato invitato (e molto probabilmente non ci sarebbe venuto), era difficile attendersi qualcosa di più costruttivo. La firma sul documento che ha chiuso l’incontro, in ogni caso, non l’hanno apposta tutti: sono diversi i paesi del “sud del mondo” che si sono rifiutati di approvare la bozza conclusiva del vertice e che evidentemente ritengono che i confini possano essere modificati arbitrariamente e persino con le armi. Arabia Saudita, Messico, India, Indonesia, Brasile e Sudafrica, per citarne alcuni, rappresentano complessivamente circa 2 miliardi di persone su tutto il pianeta ed i loro governi, presenti a Lucerna, si sono rifiutati di uscire da quella ambiguità che circonda i “Brics” ed altre potenze emergenti.
Le dichiarazioni più sagge, in ogni caso, sono arrivate proprio da Kiev, secondo cui anche la Russia andrebbe coinvolta nei negoziati di pace. D’altronde non esiste trattativa senza il nemico ed a riconoscerlo è stato lo stesso ministro degli esteri Dmytro Kuleba: “Non abbiamo problemi” a rendere partecipe anche Mosca, è stato il suo pensiero, ma prima di farlo “il mio lavoro e la priorità del presidente Volodymyr Zelensky è portare l’Ucraina al tavolo nella posizione più forte possibile”.
Parole, queste, che hanno trovato una pronta replica russa: “Il presidente Vladimir Putin non rifiuta i negoziati, ma il loro esito deve essere approvato dal legittimo governo ucraino. Volodymyr Zelensky non appartiene a questa categoria”, ha dichiarato alla Tass il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, secondo il quale l’attuale numero uno di Kiev “non è la persona con cui si può registrare un accordo per iscritto perché de jure questa registrazione sarà illegittima”.
Secondo la Russia il rinvio delle elezioni presidenziali ha reso incostituzionale la carica ricoperta da Zelensky ma forse a Mosca dovrebbero concentrarsi maggiormente sulla loro idea di democrazia. In ogni caso, ha precisato Peskov, “Putin non rifiuta nulla, non rifiuta la possibilità di negoziati, secondo la costituzione del Paese”.
Nel frattempo, mentre la montagna svizzera ha partorito il topolino, sia il consigliere americano per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, che la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sono ritornati sull’ultima sortita dello “zar”, che nei giorni scorsi aveva proposto la risoluzione immediata del conflitto se Kiev si ritirasse dalle quattro regioni in cui si combatte, vale a dire gli oblast di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. “Nessuna nazione responsabile può dire che questa sia una base ragionevole per la pace. Sfida la Carta delle Nazioni Unite, sfida la moralità fondamentale, sfida il buon senso”, sono state le parole del rappresentante americano a Lucerna.
“Nessun Paese accetterebbe mai i termini vergognosi di Putin. Il percorso per la pace reale richiede determinazione, alla fine toccherà all’Ucraina decidere i termini di una pace giusta. Chiedo alla Russia di ascoltare la voce della comunità internazionale”, è stato invece il pensiero di von der Leyen.
Sul campo, intanto, i russi hanno annunciato la conquista di un nuovo villaggio definito strategico nella regione di Zaporizhzhia mentre l’energia rimane razionata anche nella capitale con black-out alternati nel corso della giornata.
Una situazione ancora sostenibile nei mesi estivi ma se a giugno la luce va e viene, che ne sarà fra qualche mese, con l’arrivo dei primi freddi e la necessità di accendere i termosifoni? Una domanda che molti ucraini iniziano a porsi e che accresce le perplessità della popolazione sul futuro del loro paese.

– Foto Ipa Agency –

(ITALPRESS).

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