Anche la Toscana farà ricorso al regionalismo differenziato, quello previsto dall’articolo 116 della Costituzione e che consente alle Regioni di godere di particolari autonomie in settori in cui la competenza è condivisa con lo Stato. Ad accordarlo deve essere il Governo, con cui la Regione dovrà avviare un negoziato e alla fine stipulare un’intesa. Naturalmente con le nuove competenze, legislative e amministrative, saranno assegnate anche adeguate risorse.
L’iter è articolato e lo hanno spiegato oggi ai giornalisti, nel consueto briefing settimanale, il presidente della Toscana Enrico Rossi, che ha sottolineato il suo favore per un “regionalismo ben temperato” e non fughe in avanti autonomistiche, e l’assessore alla presidenza Vittorio Bugli. La proposta, illustrata proprio oggi in giunta, dovrà essere discussa dal Consiglio regionale. Anche il Cal, il comitato delle autonomie locali, dovrà esprimere un suo parere. Poi, una volta stipulata l’intesa con lo Stato (della durata di dieci anni), il Governo dovrà presentare il disegno di legge in Parlamento, che entrerà in vigore solo se approvato dalla maggioranza assoluta delle due Camere. Lombardia, Veneto e Emilia Romagna hanno già firmato l’intesa. Umbria, Liguria, Piemonte e Marche hanno definito in giunta gli indirizzi per il negoziato. La Toscana inizia adesso il percorso. Intanto c’è però l’elenco delle materie e degli obiettivi.
Si va dal governo del territorio, per difendere sviluppo sostenibile e contenimento del suolo oggi garantiti dalle leggi urbanistiche toscane e dal piano paesaggistico, all’ambiente, prima in capo alle Province ed oggi tornato, almeno in Toscana, alla Regione. Ci sono i beni culturali (e in particolare la tutela dei beni librari e la promozione della valorizzazione e del sistema museale) e c’è il lavoro; ci sono l’istruzione tecnica professionale e la formazione, i porti (comprese le concessioni demaniali), l’accoglienza e assistenza ai rifugiati e la sanità, dove la richiesta di particolare autonomia riguarda l’organizzazione, la gestione delle risorse professionali e l’intramoenia, la formazione specialistica, tariffe e compartecipazione alla spesa, il patrimonio edilizio e l’equivalenza terapeutica dei farmaci. La richiesta di maggiore autonomia si estende anche al coordinamento della finanza pubblica e alle autonomie locali, in forza della legislazione avanzata su associazionismo, fusioni, riordino delle ex funzioni provinciali ma anche semplificazione dei rapporti con cittadini e imprese.
“Avanziamo anche noi la richiesta di un federalismo differenziato, un’autonomia ben temperata, però alla Toscana”, ha spiegato Rossi, parlando con i giornalisti a margine di una conferenza stampa tenutasi a Firenze. “Chiediamo che su alcune materie, così come hanno fatto già altre regioni a loro modo, noi si faccia a modo nostro – ha aggiunto il governatore -. Cioè sia riconosciuta alla Toscana un’autonomia maggiore in materia di governo del territorio, perché pensiamo di aver fatto cose importanti come la legge sul paesaggio concertata col Mibact, la legge 65 per il governo del territorio. Non vorremmo che provvedimenti nazionali ci portassero indietro anziché andare avanti. Chiediamo una potestà particolare su queste materie, ma anche sulla sanità e sulla materia ambientale”. In particolare il presidente della Regione ha fatto sapere poi di voler chiedere per la Toscana un’ autonomia “anche per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione: naturalmente non vogliamo più immigrati di altri, vorremmo gestirli a modo nostro. Il governo li ha dati in gestione alla prefettura e va benissimo, hanno fatto il loro lavoro. Noi pensiamo che la Regione con il Comune avrebbe potuto fare molto meglio. Vorremmo provare a vedere se questo tema, gestito finora in termini di sicurezza, non possa essere rovesciato e gestito in altro modo, mettendo anche al centro una questione che i nostri cittadini sollevano: sono questi, li ospitiamo, ma fanno qualcosa? Hanno un’attività? Sono convinto che si debba fare integrazione, formazione, che si debba accogliere in modo adeguato, bisogna che i Comuni si sentano davvero protagonisti di questa politica”.