Polemiche come questa per molti sono occasioni per metter fuori la testa dal buio, per altri puro sfogo a un esibizionismo castigato. Poi ci sono quelli che ci credono davvero, Liberi, naturalmente, di godersi l'ossimoro dell'anno: Salvini e la Boldrini d'accordo nel contestare l'evento calcistico di Gedda. Per questo – e per altri motivi che spiegherò – io sono del tutto convinto che Juventus-Milan per la Supercoppa si possa giocare in Arabia Saudita nonostante quel Paese sia in ritardo con la legislazione che riguarda le donne, abilitate ad aver la patente nello scorso giugno e a entrare in uno stadio da poche ore. Grazie alla "vergognosa partita italiana" che ha convinto i sauditi a tanta liberalità. In ritardo, dicevo. L'Italia, ad esempio, ha concesso il voto alle donne nel 1945 (disposto già nel 1925 ma la legge fu poi annullata) e nello stesso periodo – fino ai Sessanta – i francesi torturavano e massacravano gli algerini, ma al tempo stesso preparavano la ripresa della Coppa Rimet (1950/Brasile) e inventavano gli Europei e la Coppa dei Campioni. II tempo – visto così – è un attimo. E la ultracentenaria storia del caldo contiene tutto il bello e il brutto del Mondo e del Bel Paese. E dintorni. Io non perdonerò mai – ad esempio – al Belgio l'infame organizzazione della Partita della Morte all'Heysel. Ecco, quel luttuoso evento, cui partecipai e del quale fornii ampia testimonianza, mi porta al primo motivato "sì a Gedda": chi si schiera contro quella partita, in quello stadio, in quel Paese, ha dimenticato in via Novara, a Milano, il corpo di un ultrà ammazzato in attesa di una partita di pallone, un'attesa trasformata in guerriglia. E così ricordo perché in occasione del grande evento più contestato – il Mundial del 1978 in Argentina – scrissi "si gioca". (Così come avevo sostenuto il dovere di giocare in Cile, nonostante vi fosse Pinochet, la finale di Coppa Davis del '76 che poi vincemmo). Dunque, mentre attaccavamo i generali argentini alle prese con i montoneros e i dissidenti, in Italia le BR ammazzavano Aldo Moro: a qual titolo volevamo dare lezioni? Il seguito fu importantissimo: grazie all'apertura del Mundial potemmo vedere le Madri Piangenti dei desaparecidos, raccontare al mondo la loro tragedia (noi italiani primissimi) e preparare la caduta di Jorge Rafael Videla e amici. Così fu con le Olimpiadi di Mosca 1980 nella stagione politica di Breznev: partecipammo lasciando a casa – ipocriti – campioni militari, bandiera e inno: dall'ignominia ci salvò Pietro Mennea dandoci l'oro nei 200 e la voglia di gridare Italia. L'Urss, per l'occasione incredibilmente… generosa, ci lasciò vedere, raccontare, scrivere o dire tutto quello che vedevamo, negandoci solo la cocacola: vedemmo, raccontammo e i Giochi favorirono la glasnost e la perestroika, Breznev cadde e il Paese più grande del mondo potè scegliere la libertà. Lo sport non conosce ostacoli, non li supera con l'ipocrisia della Ostpolitic: li abbatte. Altre storie simili potrei raccontare, sempre protagonista lo sport: nell'82 fui a Tripoli con Bearzot per vedere all'opera il Camerun avversario al Mundial, di lì a poco Gheddafi si offrì in veste moderata fino ad ottenere (a pagamento) il perdono per aver fatto abbattere nel cielo di Lockerbie, in Scozia, un jet della PANAM con 270 viaggiatori, tutti morti. Il 25 agosto del 2002 la Supercoppa Italiana fra Juventus e Parma si è giocata a Tripoli dove le donne libiche hanno ottenuto il diritto/dovere rivoluzionario di indossare al posto del velo il kalashnikov e farsi guardia privilegiata del Rais che poi venne in Italia a farsi omaggiare dai governanti e il figlio Saadi a fare il calciatore. Poi siamo andati in Cina quando ancora c'era la regola di sopprimere le creature femmine appena nate e andremo in Qatar nel 2022… Ma questa è un'altra storia che vi racconterò più o meno con gli stessi argomenti se avrò vita a campare. Buona partita Juve-Milan, dunque, e vinca il migliore. (Gattuso, come Rocco, in calabrese: "Speramu i no").
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