Se ne parla da anni, se ne parlerà ancora a lungo e giustamente, visto che il Pnrr rappresenta per il nostro Paese una sfida da vincere assolutamente se vogliamo sostenere la crescita e assicurare un soddisfacente futuro per le nuove generazioni. Invece assistiamo a un triste dibattito che accompagna il cammino del Piano, che prescinde dal colore del Governo in carica, tutto incentrato sul rinvio, sul fallimento, sul finanziamento di questo o di quel progetto. Risultati soddisfacenti, provvedimenti adottati, decisioni prese sono accompagnate da polemiche che definirle politiche significherebbe dargli un tono adeguato. Che non hanno. Manca insomma un coro concorde di voci che al di là degli schieramenti sostenga la progressiva realizzazione del Piano. E invece bisogna fare in fretta, rispettare le scadenze, mettere a terra i progetti. “Bisogna trarre il massimo beneficio dall’attuazione del Pnrr per innalzare la crescita e rendere meno arduo il necessario riequilibrio dei conti pubblici”. Così qualche settimana fa il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, con parole scolpite nella pietra. Così, se arriva da Bruxelles la buona notizia che l’Italia è il Paese che più ha beneficiato del programma con 178 obiettivi raggiunti sui 527 complessivi, arriva anche la notazione che va verificata l’effettiva attuazione delle riforme e degli investimenti, e quindi i risultati concreti. E qui non sono solo gioie: alla fine del 2023 infatti sono stati spesi 45,6 miliardi sui 101,93 incassati. Da qui all’estate del 2026 ne dovremmo utilizzare ben 150, quindi 50 miliardi all’anno, impresa non facile. E le due rate 2024 dovrebbero portare in cassa altri 28,8 miliardi a fronte di oltre 100 progetti previsti. Tanta carne al fuoco, e mentre si aggiustano i piani e si modificano i percorsi fioccano le pagelle dei buoni e dei cattivi, riferiti ai ministeri, centri responsabili di spesa. E allora si scrive che ambiente e imprese marciano bene, lavoro, turismo, salute, infrastrutture sono in ritardo in un bailamme di critiche confuse. Con 194,4 miliardi di euro complessivi siamo in Europa il Paese che più ha da guadagnare dalle risorse di questo maxi piano. Si parla già di replicarlo, sia pure con altre forme e contenuti, per far fronte alle emergenze di ogni tipo che l’attualità economica e politica propone al nostro Continente. Non ultima quella di una difesa comune, da predisporre alla luce di un quadro internazionale incerto. Per questo si guarda a noi, facendo questa volta il tifo. Un successo o un insuccesso del Pnrr italiano significherebbero molto per il futuro della Ue, per la riproposizione o meno di piani europei così ambiziosi. In settimana è arrivato dal Governo un nuovo decreto per aggiustare il percorso. Sono stati stanziati nuovi fondi, recuperandoli da altri strumenti finanziari nostrani e comunitari, per finanziare quei progetti bocciati a Bruxelles e rivisti a Roma con la rimodulazone del Piano decisa nei mesi scorsi. La voce più importante, 10 miliardi, riguarda i Comuni, in gran parte si tratta di piccoli e piccolissimi appalti che però registravano quasi ovunque lavori già iniziati o finiti. Sono state introdotte importanti semplificazioni per 45 settori artigiani, tagliando costi, adempimenti, autorizzazioni. Sono stati tagliati quasi tre miliardi ai ministeri di spesa. E tanti altri provvedimenti di minor peso. Ma un filone importante emerge con chiarezza dalla lettura del corposo decreto, quello sulla realizzazione dei progetti e il rispetto delle scadenze.
Un vero e proprio giro di vite. Previsto un commissariamento (vedi quello per la realizzazione degli alloggi universitari) e più in generale viene introdotto un obbligo di farsi carico dei costi delle opere non realizzate entro le scadenze. In caso di mancato o incompleto raggiungimento degli obiettivi, l’amministrazione centrale titolare dell’opera dovrà restituire i soldi già avuti recuperandoli dai soggetti attuatori. Anche in Europa forte stretta sui controlli. Siamo purtroppo maglia nera per le frodi relative ai finanziamenti Pnrr: su 206 procedimenti aperti, ben 179 riguardano gare svolte in Italia. Se è vero che la spiegazione è in parte lapalissiana, visto l’ammontare maggiore dei finanziamenti italiani, non si tratta comunque di un dato consolante, vista che la seconda negativa posizione è quella austriaca con sole 33 frodi. Quindi molto denaro e molti controlli, per bloccare le infiltrazioni della criminalità nella realizzazione del Pnrr. E per questo dallo scorso anno sono al lavoro anche ben quattro istituzioni europee. Come direbbe Alberto Sordi “non se famo sempre riconosce”.
(ITALPRESS).
– Foto: Agenzia Fotogramma –
Sul Pnrr sfida da vincere per sostenere la crescita
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