La ripresa che rallenta, l’eventualità di una recessione e l’emorragia migratoria. Il quadro del Mezzogiorno che emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez, l’associazione per lo sviluppo delle industrie del Mezzogiorno, è poco confortante per i cittadini del Sud Italia. Si accentua la distanza con il resto del Paese e con gli altri paesi dell’Unione europea, con un deficit di quasi 3 milioni di posti di lavoro che servirebbero per colmare il gap occupazionale col centro-nord. Gli investimenti tengono (+3,1%), ma bisogna tener conto di una forte disomogeneità anche fra le realtà territoriali del sud. Nel 2018, infatti, crescono a ritmi più alti i Pil di Sardegna (+1,2%), Abruzzo (+1,7%) e Puglia (+1,3%). Molise e Basilicata registrano entrambe un +1,0%, mentre la Sicilia si pone in una fase di crescita intermedia con un trend positivo dello 0,5%. È invece crescita zero per la Campania, mentre la Calabria è l’unica regione d’Italia a registrare un -0,3%.
In questo contesto, sul cui sfondo appare una recessione (-0,3%) nel 2019, la Svimez, tramite il suo presidente Adriano Giannola, giudica come “surreale” il dibattito sull’autonomia differenziata richiesta da regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. “Bisogna ragionare in modo cooperativo, altrimenti in futuro affronteremo problemi gravi. L’austerità l’ha pagata il sud, con il crollo del proprio reddito, e il nord ha pagato la frenata del sud. Il problema è unico. Serve una politica sensata con un ruolo più chiaro dell’Italia nella dimensione mediterranea”, suggerisce Giannola nel corso della presentazione della Biblioteca Svimez. “Si sta consolidando sempre più il ‘doppio divario’: dell’Italia rispetto all’Unione Europea e del sud rispetto al centro-nord”, osserva l’associazione. Nel 2018, il sud ha fatto registrare una crescita del Pil del +0,6%, rispetto al +1% del 2017. Il dato più preoccupante è il ristagno dei consumi nell’area (+0,2, contro il +0,7 del resto del Paese).
Mentre il centro-nord ha ormai recuperato e superato i livelli pre crisi, nel decennio 2008-2018 la contrazione dei consumi meridionali risulta pari al -9%. Le politiche di sviluppo, però, non possono prescindere da un investimento sul capitale umano, che, stando alle stime, si allontana sempre più dalla dimensione meridionale.
In 15 anni (2002-2017), gli emigrati dal Mezzogiorno sono stati oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati). Sono più i meridionali che emigrano dal sud che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di risiedere nelle regioni meridionali. In base alle elaborazioni Svimez, infatti, i cittadini stranieri nel Mezzogiorno sono stati 75.305 nel 2017. Invece, nello stesso periodo, i cittadini italiani emigrati dal sud per il centro-nord sono stati 132.187.
SUD A RISCHIO RECESSIONE
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