di Stefano Vaccara
NEW YORK (ITALPRESS) – Eccoci di nuovo a Centre Street, davanti al Tribunale Downtown Manhattan, dove da tre settimane continua il processo cosiddetto “Hush Money” (soldi per il silenzio), in cui lo Stato di New York cerca la condanna del cittadino Donald Trump, primo ex presidente della storia degli Stati Uniti a subire una incriminazione in un procedimento penale. Giovedì era il secondo giorno di testimonianza per Stephanie Gregory Clifford, l’attrice e produttrice di film porno, alias “Stormy Daniels”, che è stata sottoposta ad una raffica di domande degli avvocati difensori di Trump, che tentavano di farla cadere in contraddizione per dimostrare che la sua storia, sulla notte di sesso trascorsa nel 2006 con l’allora “tycoon” in un resort del Nevada, fosse stata inventata per estorcere del denaro al loro cliente, quando nel 2016 era candidato per la Casa Bianca. Stormy, che in inglese significa tempesta, in aula se l’è cavata rispondendo con fulmini e saette, con Trump che più volte ha chiuso gli occhi.
Fuori dal tribunale, ancora una volta, c’è la fila di telecamere, dei giornalisti famosi dei maggiori network, tra pochi manifestanti, equamente divisi in sostenitori e contestatori di Trump.
La NYPD li tiene “recintati” nel piccolo parco difronte al Tribunale, con bandiere “Maga” (Make America Great Again) pro Trump a destra, e con cartelli che su scritto “criminale”, a sinistra. Sembrano tutti disponibili a rilasciare dei commenti.
Il primo che approcciamo si chiama Joe, ha una maglietta nera con foto di Trump con su scritto “non far arrendere mai il tuo paese” e cappello rosso dei MAGA. Con lui ha un cane, tenuto al guinzaglio, speriamo non morda. Gli chiediamo cosa si aspetta che accada da questo processo: “Voglio che tutta l’America veda cosa stanno facendo a questo grande uomo arancione. Lui sta provando ad aiutarci per riportare questo paese a tornare grande come dovrebbe essere, con costituzione piena, legge e ordine. Questo è tutto quello che voglio, non voglio nient’altro. Non voglio che le strade siano lastricate d’oro. Voglio che la Costituzione sia rimessa in ordine, voglio legge e ordine”.
Stiamo per fargli un’altra domanda, ma Joe continua a parlare: “E voglio i fottuti immigrati fuori. Non mi importa se sono bianchi, viola, gialli o arancioni, devono andarsene fuori, non ci appartengono”.
Proviamo a interromperlo per fargli una domanda, ma Joe non si ferma: “A meno che siano arrivati legalmente. La mia famiglia 200 anni fa è arrivata in questo paese nel modo giusto, e mi aspetto che tutti gli altri arrivino allo stesso modo”.
Finalmente si ferma, chiediamo a Joe se è newyorkese: “Sì, sono del Greenwich Village, Manhattan, New York City. Appena un miglio da qui”.
Che ti aspetti per il giorno delle elezioni? Se l’ex presidente Trump non riuscisse ad ottenere abbastanza voti per vincerle, per esempio, tu cosa faresti?
“Tornerei al lavoro, piangendo. Non saprei che altro fare”. Insistiamo: ma se Trump continuasse nel dire che lui vincerà sicuro e se non avverrà sarà solo perché le elezioni sono state truccate? Se dicesse così anche la notte del 5 novembre?
“E che dovrei fare? Piango e poi vado a lavorare. Così come ho fatto quando Obama è diventato presidente, mi sono messo a piangere e sono tornato a lavorare”.
Quindi non sei d’accordo con quello che accadde il 6 gennaio 2021 (assalto al Congresso da parte dei MAGA per cercare di bloccare l’elezione di Biden, ndr). Ecco che Joe mette le mani avanti, ripete ‘no, no, no’ e dice: “Il 6 gennaio è stato organizzato dalla FBI e Nancy Pelosi (allora la presidente del Congresso, ndr). Non siamo stati noi i responsabili di quello che è successo. C’è in mezzo anche ANTIFA (il movimento antifascista in America, ndr). I nostri ragazzi sono in galera, come prigionieri di guerra, senza essere stati incriminati, in isolamento, non ci dovrebbero stare in prigione in isolamento per non aver fatto niente. Ora stanno seduti in prigione, sette giorni su sette, solo perché hanno marciato sul Campidoglio. Incriminateli per aver oltrepassato delle barriere, vi concedo questo, ma scusate non si va in galera per più di tre anni per un reato del genere. Di solito non ti danno neanche una multa. Allora dai, fategli pura una multa ma mandateli a casa, che ne pensate?”.
Ci spostiamo un po’ di qualche metro nello stesso parco, c’è una donna afro-americana con un lenzuolo tra due bacchette con su scritto “Processo criminale a Trump”. Si chiama Nadine, viene dallo stato del Maryland, dice che ha viaggiato più di tre ore per venire oggi fin qui. E’ cittadina americana ma non è nata negli USA. Alla domanda di che idea si è fatta su questo processo, ci dice: “Io sono originaria del Trinidad e Tobago, vivo negli USA da 37 anni, sono molto delusa dagli USA, dai suoi cosiddetti ‘check and balance” (controlli e bilanciamenti, ovvero il sistema democratico dei pesi e contrappesi, ndr), perché qui non c’è più nessun controllo o contrappeso in questo momento. Il sistema sta cadendo. Sì, ha resistito nel 2021, ma adesso sta crollando. Perché il processo che si doveva tenere a Miami (contro Trump, ndr) è stato rinviato indefinitamente; quello adesso nelle mani della Corte Suprema viene continuamente ritardato, parlo del processo di Washington DC (quello federale sui fatti del 6 gennaio, ndr) e anche il processo in Georgia sta per essere ritardato. Quindi questo di New York è rimasto l’unico processo che si concluderà contro Trump. Forse finirò per partire, se riesco, entro la fine di ottobre, perché non voglio vivere in un paese in cui uno come Trump è al potere”.
Accanto vediamo una signora, cappello e occhiali scuri che tiene tra le mani un cartello con su scritto “Donne unitevi contro Trump”.
Si chiama Diane, le chiediamo se viene davanti al tribunale ogni giorno: “No, oggi è la prima volta che sono qui”. Sei neworkese? “Vivo a Manhattan. Avevo intenzione di venire da tempo, mi sembra che sia doveroso essere qui, voglio esprimere i miei pensieri”.
Come va col processo? Oggi è il secondo giorno della deposizione di Stormy Daniels, pensi sia importante la sua testimonianza? Come pensi sia andata finora?
“Le persone si eccitano per tutti i dettagli scabrosi su Stormy Daniels, ma io credo che la sua testimonianza provi che sta dicendo la verità. Piaccia o no lei e il suo modo di vivere, io credo che lei stia dicendo la verità, in tutti i dettagli che ha descritto. Ciò mostra il vero carattere (di Trump). Quest’uomo dovrebbe restare lontano dalla Casa Bianca. Il trattamento che riserva alle donne è soltanto una delle questioni, poi c’è il modo in cui tratta gli immigrati e tutti coloro che non sono come lui, cioè un ricco e vecchio uomo bianco. Per questo ho sentito il bisogno di venire qui. Per quanto riguarda il processo, penso che lo Stato di NY sta facendo molto bene nel presentare la sua accusa e penso che lui debba essere ritenuto colpevole ma non si sa mai come le cose vadano a finire. Insomma, si tratta di un caso di falsificazione di documenti e li hanno questi documenti per provare quello che ha fatto, e i tempi sono chiari perché l’ha fatto. Non era per salvare il matrimonio con Melania, ma era per vincere le elezioni, perché ciò avveniva dopo lo scandalo della cassetta di ‘Access Hollywood’ (Quella dove Trump si sente dire che lui può aggrappare le donne per i genitali senza che gli succeda nulla, ndr)”.
Per le leggi degli Stati Uniti, anche se venisse trovato colpevole e condannato in questo processo, l’ex presidente può ancora rimanere un candidato per la Casa Bianca. E se Trump venisse eletto comunque a novembre? Tu che faresti? Sarebbe il tuo presidente?
“Se lui sarà legalmente eletto, sarà il presidente, perché io supporto le leggi del nostro paese. Ma temo che il nostro paese sarebbe irriconoscibile se lui venisse rieletto. Prego Dio che lui non lo sarà, penso che si meriti di perdere a valanga, ma sfortunatamente so bene che si deciderà solo con il risultato in pochi stati. Ma ci sarà il caos se Trump perderà così come se vincerà, mi spiace ma se perderà loro non l’accetteranno e se vincerà noi saremo nei guai perché lui ha già i piani pronti per mettere tutti i suoi fedelissimi nei posti che contano quando lui andrà al potere”.
Pensi che il presidente Joe Biden è il candidato giusto per battere di nuovo Trump o pensi che ci vorrebbe un altro candidato? Magari il presidente dovrebbe rinunciare alla nomination democratica e lasciarla ad un candidato più forte? O c’è un terzo candidato già che potrebbe opporsi a Trump?
“No, Joe Biden è l’uomo di cui abbiamo bisogna adesso. E’ un signore anziano, ma Trump ha solo tre anni di meno. Joe Biden è perfetto? Non lo è, ma ha fatto tantissimo per questo paese e non riceve abbastanza credito per questo. Lui lavora per la classe media, definitivamente lui è la soluzione migliore e spero che vinca”.
Torniamo dove c’erano gli sventolatori di bandiere MAGA pro Trump. C’è un cino-americano che tiene tra le mani uno striscione per Trump e un capello, non è rosso ma blu, sembra molto usato, “della prima ora”, ripete lo slogan “Make America Great Again”. Si chiama Michael, ha un forte accento, si fa difficoltà a capirlo, ma per quello che dice vale la pena sforzarsi. Chiediamo se viene qui ogni giorno: “Spesso, anche se non tutti i giorni. Ma bisogna venire per supportare Trump, perché questo è un processo politico. Qui non esiste un caso, ma il giudice lo ha costruito perché vogliono prendersi la libertà di Trump, che è anche la libertà del nostro popolo. Quindi sono qui per protestare contro il giudice, e contro Biden…”
Michael sei un cittadino degli USA?
“Sì lo sono. Sono venuto negli Stati Uniti venti anni fa”.
Da dove? “Dalla Cina”.
Sei d’accordo con Trump quando dice che i migranti avvelenano il sangue dell’America?
“Migranti… Gli USA accettano i migranti ma non quelli illegali. Ma Biden ha lasciato entrare così tanti illegali, una immigrazione che è arrivata nel nostro paese contro la legge. Contro la nostra Costituzione. Questo distrugge il nostro paese e le nostre comunità’.
Ultima domanda: se Trump dovesse essere ritenuto colpevole in questo processo, potrà ancora essere candidato alla presidenza. Tu lo voteresti lo stesso?
“Trump non è colpevole. Giustizia sarà fatta, Trump sarà un uomo libero e sarà libero di lottare per il nostro paese”.
Stiamo andando via, fuori dal parco c’è parcheggiato uno di quei carrettini di metallo tipici che a Manhattan vendono hotdog e pretzel. Lo gestisce Mohammed, immigrato del Bangladesh. Ci racconta che col suo lavoro è riuscito a mandare i figli pure all’università. Appare sconsolato, gli chiediamo come stanno andando gli affari da quando è iniziato il processo a Trump: “Assolutamente il business va malissimo. Da quando c’è il processo a Trump, la polizia ha chiuso le strade, mi ha fatto spostare lontano dall’entrata, dove avevo tutti i miei clienti e passava tanta gente. Da qui nessuno passa, non vendo più nulla. Ogni giorno perdo almeno duecento dollari. Lo giuro!”.
Dovremo aspettare ancora fino al 5 novembre per sapere se sarà sogno o incubo americano.
-foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).