Servono nuove regole nel rapporto tra politica e affari

Le crescenti campagne di denuncia di singoli fatti incresciosi di casi di corruzione o ritenuti tali, raramente portano alla luce i presupposti su cui fondano le loro dinamiche. Pare che l’unico aspetto che interessa sia quello di screditare l’avversario politico, anche se il giorno successivo gli stessi fatti possono accadere nel proprio campo. Ma intanto continua il gioco pericoloso che scredita politica e istituzioni, ma non a riparare le maglie larghe da riparare affinchè finiscano i comportamenti sleali verso la comunità. A ben vedere l’area economica in questione è pericolosamente estesa e riguarda per volume parte della spesa pubblica e privata italiana. Ad esempio, gli appalti pubblici nelle sue variegate forme, con l’anomalia di decine di migliaia di minuscole stazioni appaltanti (unico caso nel mondo), che però possono affidare quatti quatti a professionisti privati collegati a imprese, progettazioni e controlli sulle stesse opere commissionate, in assenza di proprio ufficio pubblico di progettazione e di direzione delle opere.
Come gli affidamenti degli Enti locali alle cosiddette multiservizi e l’area vastissima delle concessioni grandi e piccoli che vanno dalle autostrade ai camposanti. Anche le convenzioni e autorizzazioni nell’ambito della sanità, dei trasporti e di tanti altri settori economici, come le autorizzazioni delle costruzioni abitative dei Comuni, e quelle commerciali piccole e grandi. Dunque tutti questi ambiti, e di tanti altri che rientrano nella sfera delle autonomie locali, necessitano di profonde riforme rivolte alla efficienza tecnica e operativa raggiungibile alla condizione di economie di scala di ridisegno degli assetti amministrativi. Deteniamo il pessimo primato di un groviglio di entità decisionali istituzionali che non hanno pari per numero e poteri non confrontabili con i grandi paesi federali 20-30 volte più estesi e più popolosi dell’Italia. Ma oltre alla revisione dell’assetto istituzionale e tecnico operativo degli enti pubblici, occorrerebbe regolare il rapporto tra politica e affari. Non giova a nessun leader politico che si possano finanziare le campagne elettorali per amministratori locali o nazionali dalle imprese impegnate in lavori decisi dalle amministrazioni pubbliche. Ne vale la loro autorevolezza e onorabilità rispetto alla opinione pubblica. Occorre che si concludano definitivamente le campagne scandalistiche utili solo a occasionali disfide nel sistema politico per contendersi il potere. Se possono essere utili agli scontri tra parti, sicuramente compromettono ogni credibilità delle istituzioni in assenza di soluzioni definite e convergenti. Insomma bisogna fare presto a dismettere la musica suonata senza spartito, eseguita a orecchio senza senso, irrispettosa dei cittadini. Ma in questa storia, è difficile negarlo, ritroviamo i mali che sempre più spesso attaccano gli interessi dei lavoratori. Oltre alla corruzione, ai colpi inferti al sistema della concorrenza tra imprese, alla infezione inoculata nei centri nevralgici della pubblica amministrazione, ritroviamo la spiegazione del perché, nell’area economica governata da decisioni politiche, la sicurezza i bassi salari sono all’ordine del giorno. La ragione è semplice: se oltre i conti economici del guadagno d’impresa, del costo dei materiali da impiegare e delle maestranze, si aggiungono anche quelli di chi vuol farsi pagare le frequenti campagne elettorali per l’elezioni che interessano il rinnovo delle rappresentanze elettive dei troppo numerosi livelli istituzionali, a pagarne le spese sarà meno sicurezza del lavoro, minore salario, minore qualità della produzione dell’impresa.
(ITALPRESS).
– Foto Ipa Agency –

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