SEGNI DI RISVEGLIO PER L’AZZURRO E I CLUB

Che il nostro calcio stesse cambiando, ce n’eravamo accorti. Alla fine di una stagione travagliata in cui tre squadre italiane -Inter, Roma e Fiorentina- hanno perso altrettante finali europee, con molta sfortuna e qualche torto arbitrale, ma anche per certi limiti strutturali, possiamo tirare le somme. Anzitutto, negli anni è ormai diverso il modo di seguire il le partite. Le folle consistenti che si sono radunate negli stadi di Napoli per godere delle vicende dello scudetto, di San Siro, dell’Olimpico e del Franchi per vedere le finali di coppa, insieme con altri eventi del genere, hanno confermato che la passione c’è. L’espansione dell’offerta televisiva ha accentuato un fenomeno di massa che si accontenta anche della partita “virtuale”. Ricordiamo quando vennero effettuate le prime incerte telecronache in tv, prima di Carosio, dal pioniere Carlo Balilla Bacarelli per un Juventus-Milan vinto dai rossoneri a Torino per 7-1. Ora l’etere pullula di telecronisti. I tifosi, per quanto sempre più faziosi e dietrologisti, hanno intuito che il nostro calcio si sta riprendendo e interessa di meno che i club siano pieni di debiti, che il calcio sia diventato solo business e che non tutti i suoi protagonisti siano di specchiate virtù. Interessa solo che vincano. Il fatto che tre club italiani siano arrivati alle finali, come del resto l’Under 20 e la Nazionale di Mancini siano giunte rispettivamente alla finale Mondiale e a quella di Nations League è un segnale moderatamente positivo. Mancano “solo” le vittorie. Se pensiamo che i nostri club erano spariti dalle mappe europee (tranne la Roma che aveva conquistato la Conference) e la nostra Nazionale aveva “saltato” non uno, ma due Mondiali, facendosi eliminare dalla Svezia (Ventura) e dalla Macedonia del Nord (gestione Mancini, dopo il titolo Europeo), possiamo dire che forse il peggio è passato. Ora aspettiamo l’ultimo scatto in avanti: qualche vittoria. In fondo non ci mancano le tradizioni e l’organizzazione, visto che la nostra Nazionale maggiore ha in bacheca quattro Mondiali e due Europei, che nel palmares dei club ci sono dodici Champions (7 del Milan, 3 dell’Inter e 2 della Juve) oltre agli altri numerosi trofei. E’ che i nostri successi sono quasi tutti datati: il Milan più recente li ha ottenuti ai tempi di Gullit e Van Basten; il club nerazzurro ai tempi del triplete di Mourinho; la Juventus con Platini e poi Vialli protagonisti. La fuga di Moratti dall’Inter, di Berlusconi dal Milan, l’eclissi degli Agnelli hanno segnato un passo indietro forse irreversibile. Il nostro calcio, nel bene e nel male, è per lo più in mano agli stranieri che spesso sono venuti per fare business e non beneficenza. Il discorso della Nazionale è diverso: con i vivai si può sperare in una rinascita, ma abbiamo un grosso problema: gli attaccanti. Il ct ha dovuto arrangiarsi con l’oriundo Retegui, pescato in Argentina. Nella classifica dei cannonieri del nostro campionato, i primi italiani in lista sono il “vecchio” Immobile e Berardi a quota 12 gol: si sono piazzati dietro a Osimhen (26), Lautaro (21), Dia (16), Leao (15), Lookman, Giroud e Nzola (13). Se i ragazzi dell’Under 20 Pafundi (“spinto” da Mancini come simbolo della rinascita), Casadei, Baldanzi ecc. sfonderanno, forse potremo ricostruire il nostro calcio e magari riprendere a vincere. L’importante è non far cadere nel nulla il segnale positivo di questo momento.

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