Gli schiamazzi notturni in condominio, o i rumori molesti tra vicini, costituiscono una delle cause di litigio più frequenti all’interno di un immobile.
Ma che cosa si intende per rumore molesto? Quale è la soglia di tollerabilità? E come comportarsi in questi casi?
Cos’è il rumore molesto
Andiamo con ordine, e definiamo molesto il rumore che disturba il riposo e la quiete delle persone. Anche se non è facile individuare sempre quando si tratti di rumore molesto, di norma si parla di soglia di tollerabilità se il livello medio del rumore di fondo supera i 3,5 decibel, come diverse volte sancito come limite dalla Corte di Cassazione.
Ad ogni modo, è bene non compiere eccessive semplificazioni. La definizione di rumore molesto non potrà infatti che tenere conto anche del contesto di riferimento, lasciando così al giudice ampia discrezionalità. Insomma, un rumore in aperta campagna, in un contesto silenzioso, potrebbe essere considerato in maniera diversa rispetto allo stesso rumore in ambito cittadino, dove il rumore di strada è più intenso.
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Il regolamento condominiale
A quanto sopra è bene aggiungere un tassello. Il regolamento condominiale può infatti stabilire quali siano le ore destinate alla quiete e al riposo e, di contro, le fasce orarie in cui il rumore è più tollerato, e che generalmente coincidono dalle 8.00 di mattina fino alle 13.00, e dalle 16.00 fino alle 21.00.
Insomma, al di fuori di queste fasce orarie, ogni rumore e schiamazzo può essere contestato in sede di assemblea condominiale.
E se nel regolamento condominiale mancano riferimenti orari? In questo caso, ci si può ben riferire all’art. 844 c.p., che fa riferimento alla “normale tollerabilità”.
Cosa fare in caso di schiamazzi notturni in condominio
Chiarito quanto sopra, la prima strada per poter risolvere il caso di schiamazzi notturni in condominio, se magari un cenno cordiale al diretto interessato non è stato utile, è quella di rivolgersi all’amministratore dello stabile, che potrà domandare verbalmente o tramite raccomandata la cessazione del rumore molesto.
Se l’azione dell’amministratore non porta a buon fine, si può invece ricorrere ad un’azione legale, facendosi assistere da un avvocato.
In tale ambito è fondamentale chiarire che spetta alla parte “lesa” provare i rumori molesti di cui si accusa il proprio vicino. Insomma, non bastano le testimonianze dei vicini, ma occorre fornire il risultato di una perizia fonometrica appositamente redatta da un tecnico specializzato. Solamente in questo modo potrà essere stabilito con certezza se il rumore può qualificarsi come molesto, perché supera la normale soglia di tollerabilità, o meno.
La condanna per i rumori molesti
Nel caso in cui il giudice riconosca il comportamento molesto del vicino, lo condannerà emanando un’ordinanza con la quale ordina l’immediata cessazione del rumore.
Come abbiamo già avuto modo di accennare, il giudice può esercitare un’ampia discrezionalità, la quale può estendersi anche alla tipologia di sanzione: può ad esempio ben obbligare il colpevole a insonorizzare l’appartamento, oppure può stabilire un risarcimento a favore della parte lesa.
Il risarcimento dei danni potrà essere altresì stabilito ex art. 2043 del codice civile nel quale si riesca a dimostrare che in seguito al comportamento molesto del proprio vicino sono stati generati pregiudizi alla propria salute. Naturalmente, in questa ipotesi bisognerà dimostrare un nesso di casualità: se ad esempio si è perso il sonno a causa del rumore continuativo notturno, si può dovrà fornire al Tribunale documentazione medica che attesti l’effettivo stato di salute.
In ogni caso, è bene rammentare che qualsiasi sia l’azione legale che si decide di intraprendere, spetta al ricorrente l’onere della prova, ovvero la dimostrazione che esiste un rumore molesto notturno in condominio e, eventualmente, i danni generati da tale schiamazzo alla propria salute e a quella dei propri cari.