L’export nazionale di beni crescerà quest’anno del 10,3%, continuando a registrare un andamento positivo anche nel 2023 (+5%), quando si raggiungeranno quasi 600 miliardi, che consentiranno all’Italia di mantenere pressoché invariata la sua quota di mercato a livello mondiale. Questi alcuni dati che emergono dal Rapporto Export 2022 di Sace. “Abbiamo risorse, strumenti e competenze per affrontare le sfide globali e tenere alta la bandiera dell’export italiano nel mondo. Con un approccio sempre più strategico, un’attenzione a nuovi mercati e grazie a tutto il sostegno assicurativo-finanziario che il nostro Gruppo è in grado di offrire, le aziende italiane possono rafforzare la loro competitività anche in un momento complesso come questo. Sace è e sarà sempre al fianco del tessuto imprenditoriale italiano non solo per quanto riguarda l’export e l’internazionalizzazione, ma anche nel supporto alla liquidità nell’attuale contesto economico e nella promozione della transizione ecologica del Paese”, ha detto l’Ad Alessandra Ricci. Per il presidente Filippo Giansante, l’export da sempre “è una chiave di crescita e di sviluppo in un Paese come il nostro aperto al commercio con l’estero. Abbiamo avuto una grande ripresa e, in questi periodi particolarmente difficili, viene fuori la nostra missione. Sace ha avuto molte fasi di trasformazione tutte volte a potenziarla. Oggi entra in un’altra fase di difficoltà, ma si presenta molto irrobustita. Noi siamo pronti, lo dico con orgoglio”, ha concluso. Nello scenario di base, che sconta una lenta e progressiva risoluzione del conflitto nel corso del prossimo anno, Sace stima che nel 2022 le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno quest’anno del 10,3%, continuando a registrare un andamento positivo anche nel 2023 (+5%), consentendo all’Italia di mantenere pressoché invariata la sua quota di mercato a livello mondiale. Da un lato questo risultato beneficia di condizioni di domanda ancora relativamente favorevoli a livello globale e, nel caso specifico dei Paesi Ue, delle risorse messe a disposizione dal programma Next Generation EU. Dall’altro, l’aumento a doppia cifra dell’export in valore previsto per quest’anno sarà spinto per lo più dal fattore prezzo, mentre la componente volumi crescerà a un ritmo decisamente più contenuto (+2,6%). Nel 2023 le tensioni sui costi sono attese affievolirsi e le differenti dinamiche convergere: +5% in valore, a fronte di un +4% in volume. Sul fronte delle esportazioni italiane di servizi, il 2022 rappresenta, finalmente, l’anno del recupero (+19,9%), con un ritorno pressoché ai livelli pre-Covid dopo il rimbalzo incompleto dello scorso anno, grazie soprattutto al comparto del turismo che rappresenta il 9,1% del nostro Pil. Il buon andamento proseguirà anche nel 2023 a un ritmo del 9,8%, che permetterà di superare i livelli del 2019. Anche per i diversi settori di export, si legge ancora nel Rapporto, assisteremo quest’anno ad ampie crescite in valore, mentre gli aumenti in volume rimarranno generalmente più contenuti. Questo è particolarmente evidente per i beni intermedi, specie i metalli e la chimica, le cui esportazioni proseguono con una crescita a doppia cifra, grazie sia alla componente dei prezzi sia alla dinamica ancora relativamente sostenuta degli investimenti. I piani economici di rilancio, in chiave infrastrutturale e green, saranno, infatti, alla base della crescita anche dei beni d’investimento, trainati in particolare dai mezzi di trasporto e dalla meccanica strumentale, che tuttavia quest’anno risentiranno delle attuali incertezze. Il ritorno dell’inflazione globale si riflette, inoltre, in un calo del potere d’acquisto delle imprese e delle famiglie più in difficoltà, che potranno ridurre le risorse destinate agli acquisti di beni di consumo, specie se differibili nel tempo, come ad esempio la gioielleria e i prodotti in pelle; l’effetto prezzi spinge, comunque, anche tale raggruppamento quest’anno, per poi attenuarsi il prossimo. Nonostante il rincaro dei processi produttivi lungo tutta la filiera, nel 2022-2023 proseguirà la buona performance dell’agroalimentare, che già dall’anno scorso sta beneficiando anche della ripartenza del turismo. Nell’ipotesi di continuazione e intensificazione nel tempo del conflitto, la cui probabilità di accadimento sta gradualmente aumentando, la crescita economica globale risulterebbe più debole e sarebbe accompagnata da un’ulteriore impennata dell’inflazione. In questo contesto, le nostre esportazioni crescerebbero quest’anno a un tasso del 9,1% (-1,2 punti percentuali rispetto allo scenario base) e registrerebbero un incremento solo di poco superiore allo zero nel 2023 (+0,5%; -4,5 punti percentuali rispetto al baseline). Elaborando un secondo scenario alternativo, con una probabilità di accadimento più modesta, si prevedono gli effetti di una risoluzione del conflitto in tempi più brevi e condivisa da entrambe le parti, che vada oltre un cessate il fuoco o il mero “congelamento” delle ostilità militari. L’allentamento delle distorsioni sul mercato energetico e il conseguente calo delle pressioni inflazionistiche aprirebbero a una “ripresa post-conflitto” nel corso del prossimo anno, con benefici per imprese e famiglie: l’export italiano di beni crescerebbe dell’11% nell’anno in corso (+0,7 punti percentuali rispetto al baseline) e dell’8,3% nel 2023 (+3,4 punti percentuali) per poi tornare in linea con lo scenario base nel biennio successivo.
(ITALPRESS).
-foto ufficio stampa Sace-
Sace, export ancora in crescita ma su futuro pesa effetto guerra
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