Il fatto che due giocatori cileni della caratura Arturo Vidal del Barcellona e Alexis Sanchez dell’Inter siano stati messi in quarantena per il Coronavirus, ci ha suggerito di pescare nei nostri ricordi di viaggiatori in Sudamerica e nelle zone limitrofe, per porci qualche domanda. Quando eravamo stati nell’Isola di Pasqua, a parte i Mohai, le misteriose statue di pietra che popolano quel lembo di mondo, una terra che nessuno vuole perche’ non c’e’ nulla, ci impressiono’ il fatto che li’ non esisteva un ospedale. Il piu’ vicino era nella Capitale, visto che l’isola fa parte del Cile, a cinque ore di volo. Sugli aerei per Santiago (pochi al giorno), c’erano alcuni posti riservati agli ammalati che dovevano raggiungere la capitale per usufruire dei servizi sanitari. Ora c’e’ un piccolo ospedale per le emergenze, ma in caso di epidemia e’ difficile fronteggiare la situazione. L’America del Sud in generale (630 milioni di abitanti), e’ stata colta di sorpresa, come tutto il mondo, dal virus che sta flagellando i cinque continenti. Gia’ qualche personaggio e’ stato contagiato, come Fabio Vajngarten, l’addetto stampa del presidente brasiliano Jair Bolsonaro. In questi giorni sono stati segnalati casi qua e la’. A Cuba, ben lontana dall’Isola di Pasqua si sono ammalati tre turisti italiani. A Valdivia, in Cile ma a 800 chilometri via Santiago, c’e’ stato un caso che ha coinvolto una donna proveniente dall’Italia. Per ora non e’ stato un fenomeno di massa, insomma. Nell’Isola di Pasqua, la natura, la lontananza dal Continente e gli stessi imponenti Mohai, che con la loro presenza, scoraggiavano i “nemici” dall’avvicinarsi all’Isola di Pasqua, terranno lontano pure il Coronavirus ? Alcuni abitanti, legati alle leggende e a divinita’ strane (per noi), ne sono sicuri. In passato si diffido’ dei coloni e degli schiavi arrivati da lontano, ora si temono le malattie portate dai turisti. Finora, i giganti hanno impedito la civilizzazione come l’intendiamo noi, e la popolazione si e’ opposta alla costruzione di casino’ e altri svaghi (continentali) per proteggere l’isola dai mali del mondo consumistico. Anche se il turismo sta prendendo piede e si e’ parlato di “numero chiuso”, per evitare invasioni di tutti i tipi. La leggenda dell’uomo uccello ha finora tenuto banco da quelle parti. Gli abitanti si appostavano per vedere quando i volatili depositavano il primo uovo e il piu’ coraggioso di loro, sfidando marosi e squali, lo portava a quello che sarebbe diventato il capo. Poche strade, non tutte perfette, un numero molto piccolo di auto, qualche pensioncina e abitazioni per pochi hanno lasciato l’isola a misura d’uomo. Situata a oltre 3.600 chilometri dalla terra ferma, Rapa Nui (Isola grande), come si chiama in lingua locale, offre suggestioni immediate. Sembra di fare un tuffo nel passato. E’ quasi desertica, immersa in un panorama di rocce e ha solo una cittadina minima, Hanga Roa, dove si svolgono tutte le attivita’ e c’e’ persino il parlamento. L’importante istituzione e’ situata in una baracchetta di minime dimensioni, con sedie di plastica rosse sponsorizzate da una nota bevanda. Sara’ il dicastero del commercio a gestire tutto, nella persona della ministra che ha un banchetto di frutta, situato proprio davanti all’improvvisata costruzione ? Gli abitanti stanno conducendo una battaglia per l’indipendenza e per evitare che sull’isola vengano impiantati dei casino che porterebbero inevitabilmente la malavita. Quando ci siamo stati, ci hanno detto: “Questione di tempo, i soldi fanno gola a tutti”. All’interno del cosiddetto “parlamento”, sedie di plastica, alla buona. Il ristorantino di un italiano, capitato chissa’ come laggiu’, cerca di soddisfare i palati piu’ esigenti. Nonostante il minimalismo, qualcuno ha immaginato di collocare proprio qui, in mezzo ai polli ruspanti, l’ombelico del mondo, un rotondo sasso che attrae le attenzioni dei turisti che vogliono fare una fotografia vicino a quella pietra rotonda e ben levigata. Scarso il traffico, anche perche’ le strade sono in precarie condizioni, e circola solo qualche pulmino turistico. Molti affittano moto e biciclette per gironzolare, cosi’, a caccia di emozioni. Per accedere all’Isola di Pasqua si paga un biglietto d’ingresso, come al cinema. Per molti anni quest’angolo remoto di mondo non e’ stato oggetto della curiosita’ generale, anche perche’ le maree e gli scogli rendevano difficile l’attracco delle navi. Le imbarcazioni sostano ancora lontane dalla riva e le merci (compresa l’acqua) sbarcano sopra mezzi piu’ piccoli. Ora, con l’aeroporto, gli arrivi dei turisti e delle vettovaglie sono aumentati. Le attrazioni maggiori di Rapa Nui, come detto, sono i Mohai, in numero di un migliaio. Si tratta di statue di due metri e mezzo e piu’ che danno le spalle al mare e sono stati costruite fra il 13.mo e 16.mo secolo, vicino alle fonti d’acqua dolce. Pare che siano stati collocati proprio per segnalare la presenza delle sorgenti. Solo un gruppo di sette mohai guarda verso il mare, quello di Ahu Akivi: si dice per mettere paura agli eventuali invasori. Il gruppo piu’ numeroso e’ quello dei quindici giganti di pietra di Ahu Tongariki. La “playa” sabbiosa di Anakena e’ la piu’ popolare e qualche statua ha il cappello in testa. Il vulcano Raro Raraku e il sito di Orongo, dove si sistemarono i primi abitanti dell’isola, non sono lontani dalla zona dove fu girato il film Rapa Nui, prodotto da Kevin Costner. Sui mohai sono sorte tante leggende. Secondo alcuni, furono costruiti per impaurire naviganti ed eventuali nemici che si avvicinavano all’isola. In una zona collinare venivano costruiti i giganti di pietra. Insomma, una vera fabbrica. Quest’isola remota fu scoperta nel 1722 dall’olandese Jakob Roggeveen. Quando si va via, si ha l’impressione di essere stati su una zattera in mare aperto: un posto che non si dimentica facilmente e che sarebbe forse l’ideale per fuggire alle attuali calamita’. Ma fino a quando, anche questa “zattera” in mezzo all’Oceano, restera’ immune?
RIUSCIRANNO I MOHAI DI RAPA NUI A SCORAGGIARE IL CORONAVIRUS ?
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