Cambiati gli interpreti, la commedia della Nazionale azzurra si è trasformata da tragedia a pièce piena di positività e speranze. Contro l’Olanda si è vista un’altra Italia, capace di mettere alle corde i padroni di casa nel primo tempo e di soffrire nel finale. Abbiamo insomma scoperto una squadra diversa: il 3-5-2 è stato accantonato per ripercorrere la vecchia via del 4-4-3. Sepolto qualche ferro vecchio e branditi nuovi ma collaudati arnesi (il dott. Buongiorno e Dimarco in difesa, il geometra calcistico Frattesi a centrocampo, Raspadori e Chiesa in attacco), Mancini si è ripresa la scena, riconquistando il terzo posto in Nations League. Un risultato che non vale certo l’Europeo di Londra, ma se non altro tira su il morale e offre un panorama meno lugubre di quello seguito alla sconfitta con la Spagna. Gli iberici hanno vinto ai rigori contro la Croazia, aggiudicandosi, dopo Portogallo e Francia, il simbolico trofeo. Da settembre gli azzurri riprenderanno il cammino europeo per qualificarsi alla fase finale: la Macedonia del Nord (9 settembre) il primo ostacolo, poi gli altri, Ucraina, Malta e soprattutto Inghilterra. Con la speranza che non vada a finire come a Palermo per le qualificazioni mondiali. Dotato di potenti amuleti, il ct seguirà l’Under 21 con l’auspicio di trovare qualche elemento in grado di inserirsi nella nazionale maggiore: Bellanova, Scalvini, Parisi, Udogie, Bove sono alcuni dei nomi sotto osservazione. Tonali è in “prestito” all’Under e forse lo vedremo presto in mediana, viso il declino di Jorginho e Verratti. Il problema del gol, anche se ne abbiamo rifilati tre alla permeabile difesa olandese, non è stato del tutto risolto. Tentare ancora con Retegui, Chiesa e Raspadori è d’obbligo, ma vedere se i Berardi, Scamacca, Zaniolo possano dare qualcosa in più, è necessario. La regia è un altro problema: è stato provato Cristante, ma nell’Under 21 c’è Rovella. Tutti sotto osservazione, ad ampio raggio, compreso Lucas Piton, un difensore molto velenoso del Vasco de Gama. Noi importiamo oriundi, ma esportiamo allenatori: Ancelotti, che probabilmente guiderà la Selecao fra un anno. Quando qualche risultato, sia pur minimo, ci asseconda, diventiamo vulcani di idee. Il nostro vivaio è improvvisamente una miniera. Le ipotesi che si fanno sono tante e ognuno ha in tasca un nome e un cognome, ma Mancini non può chiamare tutti: il taumaturgo del calcio italiano, fra l’altro, trova sul proprio percorso ostacoli di vari tipi, molto spesso i club non collaborano. Ma non si scoraggia e la frase magica “Vinceremo il Mondiale” ci riempie di speranze. L’ottimismo è importante. Anche se non è il solo a fare proclami e parecchi partono con idee brillanti. C’è un particolare non trascurabile, tuttavia: bisogna prima qualificarsi (e gli ultimi due Mondiali sono stati “ciccati”) e poi vedere di fare il meglio possibile. Una rondine (anche se olandese) non fa primavera.
REPENTINA RESURREZIONE AZZURRA E OTTIMISMO DI MANCINI
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