di Amadeo-Martín Rey y Cabieses
I popoli hanno poca memoria: è una delle tragedie dell’umanità. Un’altra è quanto sia difficile ottenere una buona reputazione -che richiede decenni di lavoro – e quanto sia facile per coloro che hanno fatto poco per il bene comune distruggere ferocemente i meriti sudati. In effetti, come avvoltoi di fronte a una preda morente, un’intera folla di repubblicani da salotto si è avventata su re Juan Carlos, membri di un’estrema sinistra anacronistica che ha fallito in ogni Paese dove ha governato – e che, in parte, e per nostra sfortuna, ora governa la Spagna – e gli indipendentisti creati nel laboratorio dell’odio e dell’ignoranza, arrabbiati per l’incontrovertibile fatto che Don Juan Carlos è stato sia re d’Aragona e conte di Barcellona, che re di Castiglia, Navarra o Galizia, il re di tutti gli spagnoli.
Don Juan Carlos ha deciso di lasciare la Spagna. Ma non di abbandonarla, perché è difficile per chi ama così tanto la propria patria, abbandonarla col cuore. Non è facile per un uomo di 82 anni, dopo avere lavorato fino ai 76 anni, con alterne condizioni di salute, nato a Roma ma vissuto in Spagna dal 1948, il cui figlio regna lì e la cui famiglia è radicata nella vita del Paese, lasciarlo per trascorrere i suoi ultimi anni lontano dai propri cari, quando ogni persona anziana ha diritto ad un sereno riposo.Questo è reso più doloroso dal fatto di essere stato spinto a questa scelta da circostanze non provate e da una persecuzione implacabile e orchestrata, il cui obiettivo finale è l’istituzione di un regime republicano di sinistra. Gli architetti di questo progetto non ricordano – o non vogliono che venga ricordato – la devastazione che una tale forma di Stato ha causato alla Spagna nei cinque anni che è durata nel XX secolo.
I re non si ritirano – solo alcuni abdicano – perché non lavorano otto ore al giorno ma piuttosto esercitano una funzione che quotidianamente assorbe le 24 ore della loro giornata. Don Juan Carlos, dalla mattina alla sera, ha lavorato per la Spagna senza sosta. Anche nei momenti di vacanza, ha continuato a occuparsi delle funzioni pubbliche, quando la maggior parte di loro prendeva il sole sulle spiagge oppure il fresco in montagna.
Don Juan Carlos non è fuggito. Solo i codardi lo fanno e lui ha ripetutamente dimostrato il suo coraggio, il 23 febbraio 1981 quando ha prontamente arrestato il tentativo di colpo di stato ordito dai franchisti che intendevano sovvertire l’ordine democratico, oppure quando ha visitato la “Casa de Juntas” di Guernica al culmine dell’attività terroristica dell’ETA e ha sopportato stoicamente i minacciosi pugni alzati dei parlamentari di Herri Batasuna, o quando – per il nostro orgoglio – ha scagliato contro il satrapo Hugo Chávez il famoso “perché non stai zitto?”.
Sarebbe potuto rimanere in Spagna ma, sapendo che questo avrebbe potuto danneggiare e appesantire l’immagine della Corona, ha deciso – con atto di estrema generosità – di stare lontano dai suoi affetti e luoghi.
Mentre il parlamento catalano, che non ha poteri per decidere l’abolizione della monarchia, perde tempo nell’affrontare “la situazione politica creata dalla crisi della monarchia spagnola”, il Paese è alle prese con una pandemia e una feroce crisi economica. È ironico che attacchino senza pietà un Re grazie al quale possono parlare con tanta libertà e sicurezza.
Don Juan Carlos, che lo si voglia ammettere o no, è stato il motore della Spagna delle libertà e della democrazia, il suo travolgente prestigio internazionale ha posto il nostro Paese nel concerto delle nazioni con un peso che mancava sin dai tempi dei suoi antenati gli Asburgo, ha attratto in Spagna innumerevoli e multimilionari investimenti stranieri e ha facilitato potenti attività commerciali spagnole all’estero. È stato un Re, un Capo delle Forze Armate sempre animato da scrupoloso rispetto per la Costituzione. Adorato in Ibero-America, ha incontrato la maggior parte dei politici che contavano nel mondo e la sua esperienza e know-how hanno sempre lasciato una splendida immagine della Spagna. Don Juan Carlos non è accusato o “indagato”, come si dice ora, e ha la possibilità di muoversi liberamente per il mondo, come peraltro chiarito con la pronuncia della Corte Suprema.
Tuttavia non sono cieco dinanzi agli errori delle persone, come gli altri potranno scorgere i miei.
Ma ora, è giusto riconoscere che questa triste situazione è solo una ghiotta occasione per quanti aspettavano di attaccare un’eccellente figura democratica che – piaccia o no – sarà ricordata con ammirazione dalle generazioni future, quando gli attuali detrattori saranno caduti nel più oscuro oblio, nonostante gli errori che – come ogni essere umano – il Re possa aver compiuto.