Presentata al Wegil, la terza edizione del rapporto sulle mafie nel Lazio, il resoconto, rigoroso e documentato, delle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali nel Lazio, dei documenti istituzionali e degli interventi pubblici sul fenomeno mafioso nel periodo da luglio 2016 a dicembre 2017. Alla presentazione hanno partecipato Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, Paola Basilone, Prefetto di Roma, Don Luigi Ciotti, Presidente Associazione Libera, Guido Marino, Questore di Roma, il Generale Antonio De Vita, Comandante Provinciale Carabinieri di Roma, il Colonnello Gerardo Mastrodomenico, Comandante G.I.C.O. della G.d.F., il Colonnello Francesco Gosciu, Capo Centro Operativo DIA di Roma, Gianpiero Cioffredi, Presidente Osservatorio Sicurezza e Legalità della Regione Lazio.
Il rapporto preparato in collaborazione con LazioCrea, dà conto dei fatti giudiziari e degli atti istituzionali degli ultimi diciotto mesi presi in esame dall’Osservatorio e – al contempo – restituisce la sintesi di questi primi tre anni di monitoraggio del fenomeno mafioso nella regione. Al suo interno, attraverso una mappatura del fenomeno a livello provinciale: le principali inchieste, i processi e le audizioni istituzionali che consentono di ricostruire, attraverso documenti pubblici, l’evolversi del fenomeno mafioso e il progressivo avanzamento della straordinaria attività di contrasto coordinata in questi anni dal Procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone e dal Procuratore Aggiunto Michele Prestipino.
Nel 2017 sono 6 i procedimenti con 29 indagati per associazione di stampo mafioso, 58 i procedimenti con 412 indagati per reati con l’aggravante del metodo mafioso,102 procedimenti con 1010 indagati per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, 21 procedimenti con 164 indagati per traffico di rifiuti e 9 procedimenti con 40 indagati per usura.
Secondo i dati del Servizio Centrale per i Servizi Antidroga della Polizia di Stato nel Lazio sempre nel 2017 son ben 7883 Kg di droga sequestrati nel Lazio. Per quel che riguarda il numero delle Operazioni Finanziarie Sospette segnalate alla UIF della Banca d’Italia nel 2017 arrivano a 9769 mentre il numero dei bonifici bancari in entrata dai Paesi cosiddetti Paradisi Fiscali sono 5706 e quelli in uscita 4372. Nel Lazio infine sono 512 le aziende confiscate e 1.732 i beni confiscati. II monitoraggio quantitativo dei clan nella regione e in provincia di Roma viene elaborato a partire dalle fonti giudiziarie e istituzionali.
In questa terza edizione si è provveduto a dettagliare la presenza criminale dei boss nella regione, cercando di identificare i numeri e i tempi d’ingresso e permanenza dei clan nella regione. Alla luce di questo approfondimento, il numero complessivo dei gruppi criminali storicamente presenti nella regione dagli anni Settanta ad oggi è complessivamente pari a 154. Di questi, 62 clan sono stati tracciati da indagini e processi per molti anni ma – dalla documentazione consultata – non sono più citati in indagini giudiziarie o rapporti istituzionali da almeno 4 anni.
Il fatto che queste consorterie criminali non siano state interessate negli ultimi 4 anni da attività repressiva non significa automaticamente che gli stessi non siano più operativi, in alcuni casi, in base ad elementi scaturiti da indagini e sentenze, gruppi criminali pesantemente colpiti dalla repressione giudiziaria, hanno continuato ad operare appoggiandosi a personaggi della criminalità di secondo piano.
I clan che, invece, sono stati evidenziati nel Rapporto come “attivi”, al dicembre 2017, corrispondono a 93, fra gruppi, clan, famiglie, tradizionali, autoctone e narcotrafficanti che usano il metodo mafioso. Dei 93 clan attivi nel Lazio, circa 50 clan, operano, nel solo territorio della Capitale. Questa terza edizione, infine, dedica gran parte della sua analisi alle indagini che hanno interessato proprio la Capitale e il territorio provinciale, provando ad identificare i contorni di questo “sistema multilivello”, attraverso la descrizione dei clan che qui operano e tentando di rappresentare, anche graficamente, le modalità di interazione di questi fenomeni criminali, non solo mafiosi.
A Roma sono presenti clan di mafia tradizionale, come Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, gruppi di derivazione mafiosa che son diventati “autonomi” sul territorio romano, clan autoctoni ovvero generati dal tessuto socio-economico romano che nel tempo hanno “mutuato” per effetto contagio “il metodo mafioso” che oggi esercitano sul territorio, come già confermato in alcune sentenze. Il sistema criminale complesso romano vede anche l’azione di gruppi flessibili e autonomi che entrano in azione con i gruppi già menzionati e con i narcotrafficanti che a Roma commerciano droga e controllano alcuni quartieri, sempre attraverso l’uso del metodo mafioso, non ultimi sono presenti i boss delle mafie straniere.
La gestione delle piazze di spaccio a Roma desta maggiori preoccupazioni perché esse rappresentano il luogo in cui maggiore è il contagio delle mafie tradizionali con i gruppi della criminalità romana che fatalmente evolvono nell’assunzione del metodo mafioso. A Roma funzionano contemporaneamente un centinaio di piazze di spaccio, operative h24 e caratterizzate dall’uso di sentinelle, ostacoli mobili e fissi (come inferriate), l’utilizzo di telecamere e l’esistenza di edifici che – da un punto di vista urbanistico – garantiscono un controllo delle aree di spaccio.
I gruppi organizzati, in gran parte romani, gestiscono le piazze di spaccio con una rigidissima suddivisione del territorio, spesso nella stessa strada, e hanno rapporti e relazioni con soggetti componenti appartenenti ai casalesi, gruppi di camorra e soprattutto calabresi, che sono i grandi fornitori delle piazze di stupefacenti. E’ comunque la ‘ndrangheta che può essere considerata l’organizzazione leader nel settore del narcotraffico romano e non solo. Queste organizzazioni oltre alla gestione del traffico degli stupefacenti i occupano di fatti criminali, come usura, estorsione, eccetera. Queste organizzazioni originariamente non sono mafiose ovviamente, non hanno una derivazione una matrice mafiosa, non sono organizzate in termini mafiosi, di mafioso non avevano nulla eppure stanno cominciando ad acquisire tutti i connotati gli ingredienti tipici dell’esercizio del metodo mafioso.
I quartieri più interessati allo spaccio sono Romanina, Borghesiana, Pigneto, Montespaccato, Ostia, Primavalle, San Basilio. Ma è senza dubbio Tor Bella Monaca a registrare la zona di maggiore concentrazione di piazze di spaccio dove a spartirsi il territorio sono 11 clan,alcuni dei quali evidenziano con inquietante nettezza l’evoluzione verso il metodo mafioso. Lo ricordiamo anche quest’anno: nei quartieri di Ostia, Tor Bella Monaca, Romanina e San Basilio, l’Osservatorio, sempre a partire dalle carte giudiziarie consultate, evidenzia la presenza del cosiddetto ‘controllo del territorio’ da parte delle ‘mafie di Roma’.
(ITALPRESS) – (SEGUE).
Sono proprio queste porzioni di territorio romano che configurano una vera e propria emergenza che richiede interventi non solo repressivi ma sociali, educativi e culturali. Nella Capitale e nel territorio provinciale i diversi gruppi operano immersi in un contesto criminale ampio, fatto di killer di professione, pusher, mala romana e pezzi di ex appartenenti alla Banda della Magliana.
Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio afferma: “In queste pagine è documentato uno scenario criminale complesso che evidenzia un sistema multilivello che è tenuto in equilibrio da tre fattori individuati nella pax mafiosa siglata dai diversi boss storici che hanno interesse a salvaguardare questo mercato privilegiato di investimenti e di accordi fra le diverse mafie, nelle reti di corruzione che rendono permeabili e convenienti i contesti in cui operano i boss e – infine – come dimostrato da alcune operazioni dell’ultimo anno, dai “facilitatori” soggetti in grado di facilitare, appunto, l’incontro fra la domanda e l’offerta in questo mercato criminale complesso e non sempre stabile”.
“Lo Stato in prima fila vuole avere coscienza di questo processo per non arrendersi mai e dare fiducia e per quanto ci riguarda non delegare agli altri la lotta alla mafia. Ci sono i giudici, le procure, Le forze dell’ordine ma poi in realtà tutti possono fare qualcosa”. Lo ha detto il presidente della della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, presentando oggi la terza edizione del Rapporto sulle mafie nel Lazio.
“Non c’è dubbio – ha aggiunto – che le mafie e la criminalità si rafforzano dove c’è un brodo economico e culturale che gli permette di espandersi. Quindi lotta alla mafia e repressione ma è anche lavoro, politiche per lo sviluppo e il salvare e dare una concretezza assoluta alla parola diritti che si devono ricevere, non per favore di qualcuno, magari del mafioso, ma perché un diritto va garantito dallo Stato. Per questo, su questo palco c’era la regione ma anche le forze dell’ordine, il prefetto, don Ciotti, perché se pensiamo che la lotta alla mafia significa solo reprimere non abbiamo capito niente di quello che sta succedendo”.
“Credo che il primo elemento di discontinuità di questo testo sia non solo nel contenuto ma anche nel titolo e nella firma: Mafie nel Lazio senza avere paura di dirlo – ha proseguito Zingaretti -. Si produce una fotografia aggiornata non solo di presenza mafiosa ma anche di contrasto alle mafie. Forse nella quarta edizione dovremmo cambiare il titolo è scrivere liberiamo il Lazio dalle mafie”.