Quote latte: cosa sono, perché sono state introdotte e cosa cambia per gli allevatori italiani ora che sono state abolite? Ecco tutta la storia delle quote latte in Italia e in Europa.
Quello delle Quote latte è un tema ancora molto caldo per gli allevatori italiani. Sono state introdotte nel 1984 e in Italia hanno innescato problemi sia allo Stato, sia ai produttori. Dal 1° Aprile 2015 le Quote latte non esistono più e per gli allevatori italiani si riapre l’orizzonte incerto del mercato libero.
Cosa sono le quote latte?
Prima dell’introduzione delle Quote Latte tra i produttori vigeva una linea di forte tutela per la quale, la Comunità Economica Europea (così si chiamava allora l’Unione Europea) garantiva l’acquisto del latte prodotto in eccesso a un prezzo base. A causa di questo provvedimento, i produttori di latte sono andati incontro a un surplus produttivo che ha toccato l’apice tra gli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta.
Introducendo le Quote Latte, la CEE (Comunità Economica Europea) riuscì a governare l’offerta di latte sul mercato imponendo ai produttori di rispettare delle quantità di latte da mettere in commercio; con le quote latte, la responsabilità della sovrapproduzione di fatto passava ai singoli produttori e la CEE non era tenuta a versare alcun importo base.
Le Quote Latte sono nate con il Regolamento dell’Unione Europea n. 856 del 1984. In quell’anno, ogni Stato membro della Comunità Economica Europea (allora composta da 10 Paesi, contro i 28 dell’attuale Unione Europea) negoziò la propria Quota latte, cioè la quantità di latte che poteva produrre senza incorrere nel versamento di un forte prelievo supplementare che aveva lo scopo di scoraggiare la produzione in eccedenza, un provvedimento che fu impropriamente definito “multa”. In parole più semplici: chi produceva un surplus di latte doveva versare una cifra danarosa nelle casse della CEE.
La storia delle Quote latte in Italia
Nello stabilire la quantità di latte che l’Italia poteva produrre ci sono stati molti problemi: il sistema produttivo italiano è sempre stato scettico a dichiarare agli organismi statistici (Istat) l’effettivo livello di produzione, inoltre allora, più di oggi, il mercato del latte era estremamente frammentato.
A causa di questi problemi, l’Italia dichiarò una produzione annuale di latte di poco inferiore ai 9 milioni di tonnellate, dato che non si affiancava alla realtà in quanto la produzione effettiva ammontava a 11,5 milioni di tonnellate.
In questo scenario, per tranquillizzare gli allevatori, il Ministro dell’agricoltura (allora era Filippo Maria Pandolfi) affermò che i produttori non sarebbero stati penalizzati; in effetti è fu lo Stato italiano ad accollarsi il “prelievo straordinario” che invece doveva essere a carico di chi produceva più latte del consentito e quindi degli allevatori.
Stando alle ricostruzione della Corte dei Conti (effettuate solo nel 2012), questa operazione è costata allo Stato italiano 2,537 miliardi di euro solo negli anni tra il 1984 e il 1995. Nel 1995 nella CEE fece ingresso la Finlandia e nel rivalutare le quote latte, a Bruxelles, qualcuno si accorse che in Italia i prelievi per gli eccessi di produzione di latte li pagava lo Stato e non i produttori che avevano “sforato“. Quell’anno per l’Italia fu davvero dura: ci fu un ricorso alla Corte di Giustizia Europea per illegittimo aiuto di Stato. A causa della sentenza della Corte di Giustizia, gli allevatori italiani furono costretti a pagare ingenti somme che, ancora oggi, non sono state versate.
Le Quote Latte e gli allevatori italiani
Ancora oggi resta il problema di riscuotere il dovuto dagli allevatori che hanno podotto più del consentito. Il provvedimento della Corte di Giustizia Europea è, almeno in parte, ingiusto: gli allevatori sono costretti a pagare per un’eccedenza che esiste solo sulla carta causata dall’iniziale errore di comunicazione della propria produzione. Il settore lattiero italiano non è stato in grado di valutare attentamente e di comunicare la quantità di latte di produzione annua.
Molti allevatori italiani, per porre rimedio all’errore iniziale, si sono adeguati acquistando o affittando le quote per mettersi in regola, la spesa complessiva degli allevatori per l’acquisto o l’affitto di ulteriori quote latte è stata stimata intorno ai 1,85 miliardi di euro. Questa fetta di allevatori sta attendendo che il resto dei produttori venga sanzionato come previsto…. e sta aspettando da molti anni.
Sotto le pressioni dell’UE, il governo italiano ha istituito varie corti d’inchiesta per indigare tra gli allevatori italiani, infatti, tra i produttori c’è chi non ha pagato l’eccedenza prodotta, chi ha pagato a caro prezzo l’acquisto o l’affitto di quote extra e anche chi, delle quote latte, se n’è approittato. Sono circa 70 le Procure italiane che ancora indagano, molte le sentenze definitiva ma troppe ancora quelle lasciate in sospeso.
L’Italia non può sanare il debito degli allevatori perché vige il principio che in assenza della restituzione da parte dei responsabile, l’aiuto del governo sarebbe illegittimo e andrebbe ad avviare una procedura di infrazione contro l’Italia.
Chi ha approfittato delle Quote latte?
Una buona fetta di produttori italiani ha sfruttato le quote latte per fingersi produttore mentre, in realtà, importava il latte dall’estero facendolo passare per italiano e quindi munto da vacche inesistenti. Altri allevatori hanno approfittato delle quote latte cedendole impropriamente a terzi quando sarebbe stata prevista la ri-distribuzione gratuita delle quote.
Per risolvere la matassa, nel 2009, l’Unione Europea da una parte ha cercato di aumentare le Quote latte dell’Italia portandole a 10,9 milioni di tonnellate annue, codì da non appesantire ulteriormente i debiti degli allevatori e dall’altra ha riconfermato l’obbligo per il nostro Governo di individuare i responsabili allevatori e di riscuotere le somme dovute. L’azione per la riscossione viene affidata, oltre all’Agea, anche a Equitalia.
A quanto ammonta il debito degli allevatori italiani?
Stando ai complicati conteggi portati avanti dalla Commissione Europea, ci sono ancora 1,343 miliardi di euro da far pagare agli allevatori. La cifra è stata resa nota nel febbraio 2015 dalla Corte di Giustizia europea. La Commissione Europea sta attualmente studiando un metodo efficace di riscossione e i contenziosi andranno avanti per molti altri anni.
Cosa cambia con la fine delle Quote latte?
Con la fine delle Quote latte, l’offerta degli allevatori tornerà a essere libera e regolata dal classico principio della concorrenza. A lungo andare, il mercato libero potrebbe portare alla diminuzione del prezzo del latte pagato alla stalla. Oggi, mediamente, il prezzo del latte pagato alla stalle è intorno ai 35 centesimi al litro. Il rischio per gli allevatori italiani è quello di dover uscire dal mercato comunitario considerando che gli allevatori nostrani hanno costi di produzione più elevati rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea.
La cronostoria delle Quote Latte in Italia
- – 1984 – Furono introdotte le quote latte e l’Italia dichiarò una produzione annua inferiore ai 9 milioni di tonnellate
- – 1989 – La Comunità Europea tentò di ridurre ulteriormente le Quote latte a tutti i Paesi Membri, dopo una difficile trattativa l’Italia portò le sue Quote latte a 9,9 milioni di tonnellate, quota che però sarebbe entrata in vigore solo nel 1994. L’Italia, per risanare intanto il surplus di latte prodotto dai suoi allevatori rispetto alla Quota stabilita dovette versare 3,620 miliardi di lire senza rivalersi sugli allevatori. La CEE pretendeva dallo Stato italiano che da lì in poi facesse estinguere “le multe” direttamente agli allevatori.
- – 1995 – Il ricorso alla Corte di Giustizia Europea condanno lo Stato italiano e gli allevatori furono costretti a pagare. La questione dei pagamenti è tutt’oggi rimasta in sospeso.
- – 1997 – Istituita la prima corte d’inchiesta dal Governo italiano
- – 1999 – L’Italia riuscì a farsi aumentare la sua quota latte di 0,6 milioni di tonnellate con l’entrata in vigore di questo aumento già dal 2000.
- – 2003 – Istituita una seconda corte d’Inchiesta da parte del Governo italiano
- – 2003 – Con il Decreto Legge 28 Marzo 2003, n. 49 (conversione in legge del 30 maggio 2003 n. 119) gli allevatori hanno avuto il permesso di rateizzare le proprie pendenze nell’arco di trent’anni. Purtroppo Bruxelles non ha recepito così la norma e gli anni di rateizzazione sono diventati 14.
- – 2008 – L’Union Europea concede, a tutti gli Stati membri, un aumento del 2% delle Quote latte. All’Italia, l’UE, concede un ulteriore aumento del 5%.
- – 2009 – Istituita la terza corte d’inchiesta. Considerato tutti gli aumenti concessi in via straordinaria dall’UE, la Quota latte per il nostro Paese arriva a cifra 10,9 milioni di tonnellate. Finalmente, dopo anni di lotte, è stata raggiunta la produzione annua ottimale ma restano in sospeso le vecchie somme da versare. Viene coinvolta Equitalia si sperava in una sorta di condono delle cartelle Equitalia ma invano. I provvedimenti di riscossione andranno avanti.
- – 2013 – Le stime parlano di somme da versare pari a 1,4 miliardi di euro. L’Unione Europea trattiene la somma dai contribuita da erogare al nostro Paese.
- – 2015 – La Quote Latte sono state abrogate ma in Italia continuano le indagini, i contenziosi, le sentenze e i ricorsi per il surplus prodotto negli anni passati.
Foto di Anna De Simone