La birra italiana piace sempre di più: il 2017, secondo Assobirra, è stato l’anno dei record per produzione (15,6 milioni di ettolitri, max storico produzione ed export) e consumo pro capite (31,8 litri annui). Tutta la filiera gode ottima salute con un fatturato annuo di 2,9 miliardi (+1,8%) e 140.000 occupati e, in particolare, è boom per il settore birra artigianale, con una quota di mercato del 3,2%.
Il CREA ha voluto dedicare un convegno – “Criticità e opportunità per lo sviluppo sostenibile di una filiera del luppolo italiano” – che vede protagonisti tutti gli attori della filiera. La due giorni – in programma fino a domani -, si svolge nell’ambito del progetto LUPPOLO.IT, finanziato dal Mipaaft e coordinato dal CREA. Si tratta del primo progetto di ricerca nazionale sulla coltivazione del luppolo in Italia. Gli obiettivi vanno dalla mappatura delle aree vocate in funzione dei principali fattori pedoclimatici, allo studio delle varietà internazionali di luppolo più diffuse; dalla gestione meccanizzata del luppoleto, all’analisi della variabilità genetica dei luppoli spontanei per un futuro programma di breeding.
Dalla valutazione dello stato fitosanitario dei luppoleti, alla identificazione degli orzi da impiegare insieme al luppolo italiano per la produzione di birre 100% Made in Italy; dalle dinamiche economiche-strutturali della filiera al trasferimento dei risultati ottenuti agli stakeholders. “Sicuramente – afferma Katya Carbone, ricercatore CREA e coordinatore del progetto LUPPOLO.IT – tra i risultati più importanti conseguiti dal progetto vi sono stati l’avvio di un confronto aperto e continuativo con tutti gli operatori della filiera; la realizzazione di un’attività di networking sul territorio, finalizzata alla creazione di una rete di oltre 40 aziende a livello nazionale che ci ha permesso una sperimentazione capillare ed esaustiva. Altresì, il confronto continuo con le istituzioni ha portato all’insediamento presso il Mipaaft di un tavolo tecnico che avrà il compito di redigere entro l’anno un piano di settore per lo sviluppo della filiera luppolicola italiana”.
Il progetto ha messo in evidenza non solo le grandi potenzialità del settore, ma anche alcune criticità, riguardanti soprattutto il settore normativo: non ci sono praticamente fitofarmaci iscritti al Registro Nazionale (e quindi autorizzati per l’impiego nel nostro Paese), c’è carenza di materiale vivaistico certificato e tracciato prodotto in Italia, così come di varietà nazionali; scarseggiano i centri di certificazione e linee guida condivise per la coltivazione e la qualità del prodotto finito, soprattutto legata alle fasi critiche della raccolta e post raccolta.