“Il sacrificio è l’altro lato dell’amore”. E’ questo passaggio dell’omelia dell’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, a raccontare l’anno che è passato dal crollo del ponte Morandi avvenuto alle 11.36 del 14 agosto 2018. Accuse, indagini e scarichi di responsabilità, sono lontani dalla vita di ogni giorno di chi cerca di dare e darsi una spiegazione per quanto accaduto. Perché il sacrificio è di chi ha perso un parente, un amico o un vicino, ma anche di chi per colpa del crollo ha perso la sua casa, il suo posto di lavoro o ha dovuto tirare giù la saracinesca del suo negozio.
Un dolore che si è diffuso da Genova a tutt’Italia e anche oltreconfine. “Ricordiamo tutti quelli che hanno sofferto, e lo facciamo lavorando duro ogni giorno”, ha ribadito Marco Bucci, sindaco di Genova e commissario per la ricostruzione, nel suo intervento a conclusione della commemorazione del crollo, svoltasi all’ombra delle fondamenta della pila 9 del nuovo ponte, che sostituirà forse già l’anno prossimo quello crollato.
Le istituzioni erano sedute da un lato del capannone squarciato dal crollo dove la cerimonia si è svolta, dall’altro i parenti. In realtà solo una parte di loro, perché non tutti hanno voluto partecipare alla messa officiata dal cardinale Bagnasco, preferendo forme private di lutto, non a favore di telecamere.
“Stiamo sopravvivendo da un anno, e vorremmo tornare a vivere”, ha spiegato Egle Possetti, presidente del comitato delle vittime che nel crollo ha perso la sorella Claudia, morta con i figli Camilla e Manuele di 12 e 16 anni e con il marito Andrea Vittone, 49 anni. “Chiediamo che nessun reato di tale gravità possa essere prescritto” ha chiesto ai vertici della politica, presenti a pochi passi da lei, aggiungendo che “vogliamo giustizia, per questo ringraziamo magistratura e inquirenti, auspicando che non siano lasciati soli, li ammiriamo. Ci scaldano il cuore”. Parole dopo cui è partito un lungo applauso dei presenti, che si sono alzati spontaneamente in piedi, per la prima e unica volta. Al dovere della verità si è appellato anche il presidente della Regione, Giovanni Toti: “Questo crollo non può diventare un altro evento senza verità della storia di questo Paese”.
Il vicepremier Luigi Di Maio ha ribadito che “come amministratori della cosa pubblica, dobbiamo intervenire sui meccanismi di revoca delle concessioni, come accade quando qualcuno non ottempera ai doveri di un contratto”. Il riferimento è ad Autostrade per l’Italia, i cui vertici hanno abbandonato il luogo della cerimonia prima dell’inizio, su richiesta dei parenti.
Moltissimi i genovesi che hanno voluto esserci, anche assistendo dalle sponde del Polcevera alla cerimonia, nonostante il sole battente e il forte vento. Con oggi forse si chiude la fase più grave dell’emergenza, e parte la ricostruzione. “Quel pilone nuovo, non porta indietro nulla, ma è un simbolo di rinascita” ha auspicato Matteo Salvini, ministro dell’Interno. “Una Genova più grande e più forte che mai” è quella che immagina il sindaco Bucci, mentre il premier Conte ha parlato del capoluogo ligure come di un “simbolo della volontà di rinascita”. “La ricostruzione è cominciata” ha aggiunto, perché “la rinascita, sempre, nella vita, segue il dolore”. Non ha preso la parola il presidente Sergio Mattarella, che però prima della cerimonia ha incontrato i parenti delle vittime e aveva espresso il suo pensiero inviando una lettera al quotidiano di Genova, il Secolo XIX, nella quale chiedeva di “lavorare per mettere a nudo fragilità, pecche e rischi del nostro sistema infrastrutturale e per modernizzare il meccanismo dei controlli, rendendolo sempre più efficace”. “Ci separa da quel tragico avvenimento un anno che non è trascorso invano. Un progetto di nuovo ponte, lineare, solido e bellissimo, è pronto e già sono stati avviati lavori per la sua costruzione – spiega il capo dello Stato -. Il nuovo ponte sarà in grado di ricucire, anzi, per usare un termine caro a Piano, di ‘rammendare’ la ferita inferta dal crollo, riconnettendo una città spezzata, non solo materialmente, in due”.