La mia domenica è finita con Roma-Juventus che mi gioco subito per favorire chi ama il calcio spettacolo e i qualunquisti anche se il match dell’Olimpico non ha riproposto le gesta dell’Ajax di Crujiff o del Liverpool di Keegan ma le sequenze crudeli e buffe di un western all’italiana. Con Max Allegri e Josè Mourinho opposti alla maniera di Clint Eastwood e Lee Van Cleef. Controfigure, naturalmente. Gli errori tecnici, le fregnacce tattiche, gli sbandamenti iperbolici arricchiti dagli interventi della Var hanno garantito un divertimento grossolano sotto gli occhi di un Totti sbalordito. Protagonista serio e efficace, Szczesny pararigori. E tuttavia non escludo che vi sia chi parlerà di resurrezione della Juve. Di un miracolo. Non di Allegri ma di Mourinho, il catenacciaro in pensione. Naturalmente insoddisfatto dell’arbitro. Come noi di lui.
Ci sarà tempo per parlare di scudetto. Se il titolo valesse la qualità del gioco avrei già trovato la squadra cui assegnarlo: il Milan. Non vedevo giocare così bene dalle prime sortite di Spalletti con un Napoli rigenerato e ambizioso, fin troppo bello, tant’è ch’è durato fino a quando le pippe dialettiche e un funesto “arrivi e partenze” non l’hanno ridimensionato. Assecondando i sapientoni che ormai hanno perduto il senso tecnico del calcio per esaltarne la quota psicologica. Succedeva anche ai tempi di Gino Palumbo quando, al vertice della scuola napoletana, raccontava la Squadra del Comandante Lauro – lui sì leggenda, lui sì capace di misurarsi con gli Agnelli – come una favola all’eterna e inutile ricerca di un lieto fine. Ovvero il titolo della bellezza, non quello della concretezza. Il Napoli è come quelle compagnie teatrali ricche di talenti geniali che ogni sera reinterpretano il copione e recitano a soggetto, ch’è anche bello, ai fini dello spettacolo, ma inutile se vuoi vincere un titolo.
Il “titulo 22”, se contasse davvero la lezione di calcio offerta dal Milan contro il Venezia, sarebbe giusto lo vincessero Stefano Pioli e il suo complesso che attraversano il campionato come fossero in tournèe. A Venezia hanno goduto anche una clamorosa visita dei Pink Floyd e non cerco un simile blasfemo confronto; dico di un calcio ordinato, pulito, con un minimo di errori tecnici, con giocatori istruiti a dovere per non strafare, uniche licenze d’evasione per l’ottimo Theo e l’ovvio miracoloso Ibra.
Ecco, questa è la prevalenza del calcio in una giornata di feroce pandemia che suggerisce ai soliti disfattisti chiusure di stadi e altre sentenze contro l’unico mondo – quello del calcio – che si offre consolatore degli afflitti.
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PER QUALITA’ DEL GIOCO QUESTO MILAN MERITA LO SCUDETTO
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