“Per aspera ad astra”, obiettivo la riqualificazione del carcere

“Per aspera ad astra” è un progetto promosso da Acri insieme ad un gruppo di Fondazioni di tutta Italia, compresa la Fondazione CON IL SUD, che ha come obiettivo la riqualificazione delle carceri attraverso la cultura e la bellezza. Il progetto coinvolge 12 carceri e circa 250 detenuti, che partecipano a percorsi di formazione professionale nei mestieri del teatro, non solo attori e drammaturghi quindi, ma anche scenografi, costumisti, truccatori, fonici, addetti alle luci.
Ne parliamo con Giorgio Righetti, direttore generale di Acri.

Come nasce il progetto?

“Il progetto nasce sull’onda di un convegno organizzato a Volterra nel giugno 2017 da Acri e dalla locale Fondazione dal titolo “Il sipario oltre la grata”. A quel convegno presero parte molte Fondazioni che sostenevano attività culturali e artistiche all’interno degli istituti di pena italiani ma anche alcuni operatori, tra cui Armando Punzo della Compagnia della Fortezza che da più di trent’anni svolge la sua straordinaria attività teatrale all’interno del carcere di Volterra. Da successive interlocuzioni, stimolati dall’esperienza della Compagnia della Fortezza, Acri decise di dare vita a una iniziativa che mettesse a sistema le migliori esperienze di teatro in carcere. Nasce così la prima edizione di Per Aspera ad Astra che coinvolse 6 Fondazioni e altrettante compagnie teatrali e istituti di pena. Oggi siamo giunti alla terza edizione che coinvolge 10 Fondazioni e 12 compagnie teatrali e istituti di pena”.

Quale è la portata innovativa del progetto?

“Le Fondazioni hanno una lunga tradizione di interventi svolti all’interno delle carceri con l’obiettivo di favorire i percorsi di reinserimento dei detenuti. Per questo, tra le tante attività, anche il teatro è stato utilizzato quale strumento per perseguire questo obiettivo rieducativo. Ma la novità e la forza di Per Aspera ad Astra è che da strumento, il teatro diventa, nel percorso che abbiamo intrapreso, un fine in sé. L’arte, il teatro, in questo caso, è il cuore dell’iniziativa, è al centro, ne è la parte fondante. Questo progetto vuole promuovere l’arte nella sua complessità e straordinaria forza culturale e umana. Non è uno strumento, ma un fine. Questo progetto innova perché capovolge il paradigma dei numerosi interventi, assolutamente apprezzabili e utili, che spesso si realizzano negli istituti di pena. Mettendo al centro l’arte, si dà dignità e ancora maggiore valore all’attività, difficile e impegnativa, che i detenuti praticano partecipando alle attività teatrali da noi promosse. E ridando dignità e valore, indirettamente, si persegue con ancora maggiore forza ed esito positivo quello scopo rieducativo e di reinserimento dei detenuti che tutti noi perseguiamo. Siamo convinti che, per un reale percorso di recupero, non ci si possa limitare alla “recita di Natale”. Noi siamo convinti che anche i detenuti abbiano diritto all’arte e alla straordinaria forza liberatoria che essa possiede e per questo vogliamo perseguirne l’utopia anche all’interno di contesti difficili o al limite del possibile. L’arte, che è un diritto anche per coloro che si trovano in condizioni di privazione della libertà”.

Oggi chi coinvolge?

“La terza edizione di Per Aspera ad Astra sta coinvolgendo complessivamente circa 250 detenuti in 12 istituti di pena in tutta Italia, da Nord a Sud: a, Bologna, Cagliari, Genova, La Spezia, Milano, Padova, Palermo, Perugia, Saluzzo (Cn), Torino, Vigevano, Volterra. Promosso da Acri, è sostenuto da: Fondazione Cariplo, Fondazione Carispezia, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Con il Sud, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione di Sardegna”.

Che attività e ruoli anche lavorativi svolgono?

“Il progetto offre percorsi di formazione professionalizzante nei mestieri del teatro. Quindi non solo per attori e drammaturghi, ma anche per scenografi, costumisti, truccatori, fonici, addetti alle luci. Tutti i detenuti partecipanti vengono coinvolti nella costruzione degli spettacoli”.

Cosa succede dopo la “prima”?

“Il panorama è piuttosto variegato e cambia a seconda degli istituti di pena. In alcuni casi ci sono stati spettacoli all’interno delle carceri con spettatori provenienti dall’esterno, in altri sono state organizzate piccole tournèe nei teatri fuori. Spesso sono stati coinvolti gruppi di studenti. In alcuni casi sono stati attivati anche periodi di tirocinio per alcuni detenuti, che hanno lavorato insieme alle compagnie nei teatri. Quest’anno la pandemia ha costretto le compagnie ad attivare formule alternative per proseguire le attività. Le lezioni si sono trasferite in modalità telematica: i detenuti, in piccoli gruppi, si collegano in videochat, i docenti utilizzano diversi supporti multimediali per sopperire alla lontananza. Insieme alla formazione, i partecipanti stanno lavorando alla redazione di un testo drammaturgico, attraverso scambi epistolari che stanno innescando veri processi creativi condividendo testi, immagini bozzetti, ipotesi di scenografie. Gli spettacoli si tengono in diretta streaming, vengono realizzati documentari, podcast, libri fotografici, e tante altre forme per raccontare i percorsi avviati per restituire bellezza e dignità a luoghi che ne sono spesso privi come gli istituti di pena”.

(ITALPRESS).

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