Ecco che con il nuovo anno si riprende il cammino della vita nazionale, che si auspica più regolare di quello passato, fatto di enfasi su tanti argomenti fuorvianti, con il risultato di esserci esposti, ancor più di prima: più debiti, meno lavoro, più tasse. Ma i guai possono persino crescere, qualora i cittadini e le loro organizzazioni politiche e sociali non dovessero impegnarsi con forza per spingere a spostare l’asse delle attenzioni sulla salute dell’economia. Il governo ha gravi colpe per aver sprecato un pozzo di miliardi per inseguire le proprie proposte elettorali, agevolato dall’opposizione. Ma anche le associazioni sociali hanno sinora mostrato incertezza, con soluzioni governative così lontane dalle esigenze generali. In qualche circostanza, taluni hanno persino fatto intendere qualche interesse per la redistribuzione di soldi presi a debito, e per soluzioni di welfare e pensioni squilibrate. Ma sciolta la neve si vedono chiaramente i buchi di decisioni contraddittorie e nocive.
Ora bisogna stare molto attenti alla discussione da aprire nel paese: ad esempio la rissa ingaggiata con il governo da alcuni sindaci è un diversivo rispetto alle cose che contano per la sicurezza dei posti di lavoro e delle aziende dell’industria e dei servizi. D’altronde la nostra grande fragilità risulta eccessivamente esposta alle tempeste internazionali: mercati finanziari in crisi; crescita mondiale in arretramento; guerre commerciali planetarie; paesi forti europei impegnati più a evitare contagi che a trovare nuove soluzioni. E poi come sottovalutare le scadenze del 2019 di collocazione di titoli di Stato in scadenza per 260 miliardi di euro che ci costeranno di più dell’ultimo acquisto: sia per lo spread in rialzo, sia per l’attenuazione della ‘protezione’ della Bce sui tassi d’interesse, sia per la decrescita di -0,1 del Pil di quest’ultimo trimestre. Quindi c’è di che preoccuparsi da parte di chi ha consapevolezza della situazione e responsabilità verso la Nazione.
La voce più forte che si è sentita ultimamente nel richiamare l’attenzione sul lavoro e la difesa delle produzioni è stata quella di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. Ha chiesto agli imprenditori di mobilitarsi per costringere l’Esecutivo a ricentrare gli obiettivi di governo. Penso che la pressione delle imprese sia preziosa per riaprire una nuova prospettiva di dibattito e uscire dal frastuono da ‘paese dei Balocchi’. Da quello che vediamo in giro, le forze del lavoro possono essere per ora l’unica realtà capace di interrompere la bolla di chiacchiere che immobilizza l’Italia, catalizzando il crescente malumore di piccoli, medi e grandi imprenditori. Costoro giustamente chiedono di dare il via agli investimenti nelle infrastrutture e nella logistica per la competitività e per trarne concreti posti di lavoro. Chiedono che i pochi soldi che abbiamo vadano indirizzati così, ed è molto incoraggiante che siano determinati a confrontarsi duramente con i teorici del no ad ogni opera.
Quindi speriamo che si apra un confronto vero, rimettendo al centro l’altro punto nodale per rilanciare i consumi nel mercato interno e stimolare gli investimenti privati: le tasse. Queste ultime continuano ad aumentare, strangolando famiglie e imprese. La promessa della flat tax, dunque, si è trasformata in nuove tasse nazionali, mentre dalla possibilità data ai Comuni di tassare nuovamente c’è da aspettarsi tutto e di più. C’è da ricordare che la flat tax era stato l’unico argomento coniugabile con l’interesse generale nel cosiddetto ‘Contratto di Governo’. Ma non è successo nulla: altre cose interessavano al governo. Intanto preziosissime poste di agevolazioni, deduzioni e altri vantaggi fiscali per i contribuenti sono stati bruciati e sacrificati per il reddito di cittadinanza. Ora o tutte le associazioni delle imprese e dei lavoratori si fanno sentire, richiamando l’attenzione della pubblica opinione, oppure la confusione continuerà con danni irreparabili. C’è bisogno di dare coraggio a tante realtà positive, che tutto sommato sono ancora il pilastro del ‘calabrone Italia’.
Raffaele Bonanni