Negli ultimi dieci anni la composizione del mercato del lavoro nel nostro Paese e’ radicalmente cambiata e l’eta’ media degli occupati si e’ fortemente innalzata. Questo e’ dovuto solo in parte all’invecchiamento della popolazione. Infatti, tra i giovani (15-34 anni) il calo degli occupati dal 2°
trimestre 2008 al 2° trimestre del 2018 (-1 milione 863 mila) sorpassa di quasi 500 mila unita’ il calo della popolazione della stessa fascia d’eta’ (-1 milione 374 mila), con il tasso di occupazione che cala del 9,3%. E’ quanto emerge dal report realizzato dalla Fondazione Di Vittorio.
Prendendo poi a riferimento tutte le classi di eta’ (15-34, 35-49, 50-64), emerge dallo studio che solo tra i giovani (15-34 anni) tutte le grandezze del mercato del lavoro peggiorano: meno occupati, piu’ disoccupati, piu’ inattivi, cambiando profondamente, a loro sfavore, la gerarchia nel mercato del lavoro, con particolare criticita’ nel Mezzogiorno, dove il tasso di occupazione attuale (29,8%) segna un ritardo di oltre 20 punti percentuali rispetto al tasso di occupazione del Nord (51%).
Per il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, “e’ ragionevole collegare questi dati principalmente agli interventi legislativi (Legge Fornero) che hanno spostato ulteriormente in avanti l’eta’ del pensionamento, ma e’ anche evidente che l’attuale modello di sviluppo non propone lavoro in
qualita’ e quantita’ adeguate. Sbloccare quindi la possibilita’ di pensionamento e’ giusto e necessario, ma di per se’ non e’ sufficiente a garantire un aumento di pari entita’ del lavoro tra i piu’ giovani, ne’ un miglioramento della sua qualita’. Insomma solo uno sviluppo di qualita’ potra’ far lavorare di piu’ e meglio i giovani”.
Per la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti, “il cambiamento della composizione del mercato del lavoro che si evidenzia, richiede riflessioni profonde, anzitutto sul fatto che la domanda di lavoro che c’e’, ancorche’ scarsa, non scommette sulle giovani generazioni. Di innovazione, capacita’ digitali, abilita’ 4.0, elevate competenze si parla molto, ma probabilmente riguardano ancora una quota molto parziale del sistema produttivo”.
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