“Notti Magiche” di Paolo Virzì è il film di chiusura della tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma: il nuovo lavoro del regista livornese sarà presentato domani, sabato 27 ottobre, alle ore 19 presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Virzì ambienta il suo nuovo lavoro a Roma nel 1990, sullo sfondo dell’estate dei mondiali di calcio. Nella notte in cui la Nazionale viene eliminata ai rigori dall’Argentina, un noto produttore cinematografico viene trovato morto nelle acque del Tevere. I principali sospettati dell’omicidio sono tre giovani aspiranti sceneggiatori, chiamati a ripercorrere la loro versione al Comando dei Carabinieri. “Notti magiche” è il racconto della loro avventura trepidante nello splendore e nelle miserie dell’ultima stagione gloriosa del cinema italiano.
“È stato come liberarsi di una eredità ingombrante e preziosa. Quella di quegli anni è stata una stagione emozionante che mi era rimasta dentro, che tornava ad ossessionarmi, continuava ad alimentare conversazioni ed aneddoti – ha commentato Virzì -. La voglia di fare questo film mi è venuta dopo la morte di Ettore Scola, un altro dei grandi maestri che se ne andava. Ho voluto rendere loro grazie e far quello che ci hanno insegnato: cioè prenderli in giro. Anche i produttori mi hanno incoraggiato. In questi ultimi 30 anni ho raccolto tanto materiale per farne un racconto anche divertente e far riflettere su cosa significa fare un film ed anche cosa sia, in fondo, guardare la vita e farne un film”. Sono passati tanti anni dall’arrivo di Paolo Virzì nella Capitale e tanto è cambiato anche nella città oltre che nella vita: “Appena sbarcato, Roma era caotica – ricorda il regista -, piena di cose pericolose ed eccitanti, piazza del Popolo era un gigantesco parcheggio pieno di auto, il Colosseo era nero, tutto era sporco e corrotto ma per me che venivo dalla provincia era meravigliosa! Dopo 33 anni ho visto i cambiamenti: i varchi ztl, i soldi del Giubileo, i palazzi ritinteggiati color gelato alla crema e poi adesso… incuria, rancori, odio, arroganza, ma forse sono cambiato io… Questo film non è né una lezione sull’Italia nè sul cinema”. “È un racconto per chi in quegli anni non c’era, quindi può risultare anche indigesto. Ne abbiamo fatto un racconto, sembra poco ma forse è la cosa più grande” è il commento della sceneggiatrice Francesca Archibugi. In effetti il risultato finale, nell’insieme, non è proprio di un ambiente ed un periodo edificante: produttori caduti in disgrazia, grandi registi che “ordinano” le sceneggiature a gruppi di giovani impegnati continuamente a scrivere e che restano ovviamente anonimi, come una sorta di allevamento intensivo di polli. E poi il maschilismo, gli “imbucati”, un ambiente che vede invecchiare i grandi maestri ma che non riesce o non vuole lanciare i giovani. Insomma, notti tutt’altro che magiche.
“La morte e la resurrezione del cinema italiano hanno accompagnato la nostra vita – ha concluso Virzì -. Che il cinema italiano fosse morto lo si diceva già nel 1985, quando sono arrivato a Roma. Oggi vedo però molta più mobilità e tanti nuovi autori interessanti, cosa questa allora impensabile, se non entravi nelle grazie di un maestro che ti faceva stare sul set. Il tema della crisi del cinema italiano quindi si ripropone ciclicamente, solo che oggi i film li si guarda ovunque anche sul telefonino, in una sorta di moltiplicazione dei mezzi e dei modi di fruizione, anche se per noi ovviamente è il grande schermo e la sala il punto di riferimento”.