Nulla sarà come prima, perché nulla potrà essere come prima.
La Sicilia esce da tre mesi di lockdown forte di alcuni comparti d’eccellenza che hanno resistito al Covid-19, con il commercio che deve reinventarsi, con l’incognita del turismo e una necessità non più rimandabile di infrastrutture.
“Sono stati mesi di un’intensità assoluta”, dice all’Italpress, Pierluigi Monceri, che da tre anni e mezzo gestisce la direzione regionale di Intesa Sanpaolo che comprende la Sicilia insieme a Lazio, Sardegna, Abruzzo e Molise. Sotto la sua responsabilità territori che valgono il 20% del Pil, il 24% della popolazione e il 23% delle imprese del Paese.
“Abbiamo gestito l’emergenza con prontezza. Il primo intervento è stato quello sulle moratorie dei mutui, in Sicilia abbiamo avviato 13 mila sospensioni delle rate, per un valore degli immobili finanziati di circa un miliardo di euro. Due terzi delle domande hanno riguardato le imprese, un terzo alle famiglie. E’ una misura che a marzo ha avuto numeri importanti, poi è calata ma tuttora è operativa. E’ stata una misura tempestiva e molto apprezzata che ha dato respiro ai bilanci familiari”.
Poi sono arrivati i famosi 25.000 euro per le imprese con un fatturato annuo sotto i 100mila euro. Qual è stata la risposta?
“In Sicilia abbiamo 4.500 posizioni tra erogate e in fase di erogazione”.
Oltre ai mutui e alle misure del decreto liquidità dei cosiddetti 25.000, Intesa Sanpaolo è intervenuta rendendo immediatamente disponibile nuova liquidità. Come è andata in Sicilia?
“Dopo le prime misure del Governo, la banca ha deciso di mettere a disposizione 50 miliardi. La prima risposta che dovevamo dare era legata alla cassa delle imprese, per non bloccare la catena dei pagamenti. Il nostro finanziamento 18 mesi meno un giorno rispondeva a questa esigenza, grazie anche ai sei mesi di preammortamento. Una vera e propria boccata di ossigeno, che in Sicilia si è concretizzata in 50 milioni di fondi erogati”.
Tra i driver per uscire da questa crisi, ci sono le costruzioni e gli investimenti in infrastrutture. Ma in generale, per tutta l’economia serviranno misure a lungo termine. Come hanno risposto le aziende su questo fronte?
“Bene. L’arco arco temporale massimo sale a 72 mesi, con fino a 36 mesi di preammortamento. In questo caso le erogazioni e le autorizzazioni sono in itinere, come Intesa Sanpaolo stiamo cominciando a erogare i fondi, per un totale che mi aspetto arriverà a 75 milioni in Sicilia entro fine mese”.
Si tratta di operazioni che sono state gestite in tutt’Italia praticamente al 100% in remoto.
Visti i numeri, possiamo ancora parlare di digital divide in Sicilia?
“E’ una regione che ha fatto passi in avanti anche sotto questo aspetto, è nella dinamica dei numeri di questi tre mesi difficili che però offrono anche spunti di pregio, come l’aver migliorato proprio la sensibilità digitale tra i nostri clienti, privati ma anche aziende, che hanno apprezzato il risparmio di tempo. Un discorso che allargherei anche all’e-commerce, che ha avuto crescite rilevantissime in tutt’Italia, facendo toccare con mano a molti, come sia diventato una modalità di accesso al consumo per tutti. Ecco perché anche i rivenditori al dettaglio iniziano a introdurre una finestra per il commercio on-line, laddove possibile. Questa è quindi anche una fase di cambiamento per tutti, su come mandare in evoluzione il proprio business, portando a casa intuizioni e energie che, in condizioni normali, sarebbero state procrastinate. Invece ora, da queste grande crisi, possono nascere nuove situazioni”.
L’on-line è anche uno strumento fondamentale per combattere la lotta al lavoro e ai pagamenti in nero. Che dati avete?
“La sensazione oggettiva è che non ci sia stata un’emersione. Questa parte del sistema economico è quella più penalizzata, rispetto alle altre”.
Veniamo alla ripresa. Come sarà per la Sicilia?
“Qui certamente rispetto alle regioni del Nord, l’impatto sanitario è stato inferiore. Inoltre, il tessuto economico avendo un’attitudine inferiore all’export, sembra subire meno gli effetti della pandemia, quindi prevediamo un riposizionamento verso i trend pre-Covid meno sofferto. Non hanno invece subito rallentamenti i settori agroalimentare, farmaceutico e tecnologico, con il polo di Catania, che rappresentano un’eccellenza che non ha smesso di essere tale. Infine, anche la presenza maggiore della Pubblica Amministrazione contribuisce a ridurre gli scostamenti dai livelli pre-crisi”.
Però alcuni settori rischiano molto. Quali sono quelli che vi preoccupano?
“Il turismo è un punto interrogativo importante. In Sicilia nel 2018 il 51% delle presenze era portato dagli stranieri, e difficilmente torneranno quest’anno. Ecco perché bisogna pensare alla stagione 2020 puntando sugli italiani affinché rimangano in Italia e scelgano anche la Sicilia. Anche l’accessibilità delle isole torna a essere un punto di attenzione. Si tratta di un comparto che vale, tra fatturato diretto e indiretto il 12% del Pil e il 15% degli occupati in Sicilia, ma devo dire che tra operatori più qualificati che abbiamo sentito in questo periodo, ho trovato una forte determinazione a ripartire”.
Per il turismo, come per l’intera economia, le infrastrutture sono centrali.
C’è la possibilità che si superino le storiche diffcoltà che si riscontrano in Sicilia?
“Se questo tema è oltremodo importante in tutto il Paese, in Sicilia è esasperato. Ci sono ancora tratte ferroviarie a un binario. Poi ci sono opere incompiute e interrotte, con continui lavori in corso. Vanno completate, a prescindere, ma possono essere più che mai un driver importante”.