MILANO (ITALPRESS) – Molti sono vestiti di nero, in segno di lutto, seduti a terra in silenzio, in una Piazza Duomo dove sono stese tovaglie bianche apparecchiate, a simboleggiare i tavoli vuoti di ristoranti, bar e locali. Hanno protestato così, questa mattina a Milano, circa 300 lavoratori di pubblici esercizi, tra cui anche titolari di discoteche, pub, cuochi di mense, tanti del centro e della zona della Navigli, dove la ‘movidà era ritenuta fuori controllo rispetto al contagio da Covid. Con il conseguente Decreto della Presidenza del Consiglio (Dpcm) che il 25 ottobre ha imposto la chiusura anticipata alle ore 18 di bar, locali e ristoranti.
In mostra cartelli che raccontano la professionalità e i numeri del comparto. Numeri diventati drammatici sotto il peso delle restrizioni all’attività: “50mila imprese a rischio chiusura”, “300mila posti di lavoro a rischio”, “1.200 addetti”, “27 miliardi di perdite di fatturato”.
Promossa in 24 piazze di 24 città d’Italia da Fipe Confcommercio (la Federazione italiana dei pubblici esercizi) e a Milano da Epam, l’Associazione dei pubblici esercizi (Confcommercio Milano), la protesta contro le chiusure viaggia anche sui social con l’hashtag #siamoaterra, ma è dalla piazza che si percepisce la disperazione di questi lavoratori, alcuni dei quali, al suonare delle note de ‘Il Silenziò (di Nini Rosso), faticano a trattenere le lacrime.
“Siamo a terra economicamente”, spiega a Italpress Lino Stoppani, presidente di Epam e di Fipe indicando i manifestanti a terra a gambe incrociate. Interpellato sui possibili benefici del DL Ristori definisce il provvedimento come “generoso da parte del Governo”, ma, spiega, “gli indennizzi non coprono i danni che il settore sta registrando: 27 miliardi di euro di perdita di fatturato sui 96 complessivi”.
Problemi che si trascinano dal marzo scorso con il lockdown, continua Stoppani, che indica nelle chiusure il danno maggior: “Le aziende sono fatte per rimanere aperte, e nel momento in cui vengono chiuse, qualsiasi provvedimento pubblico non compenserà mai le perdite che il blocco dell’attività comporta”. La politica, conclude, “ha il dovere di salvaguardare un tessuto di 340mila imprese che, prima dell’emergenza sanitaria, generava nel nostro Paese un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno”.
“Siamo messi male”, racconta a Italpress Gianfranco, titolare di due pub e una discoteca nei pressi delle Colonne di San Lorenzo a Milano. “Gli aiuti arriveranno come a marzo: insignificanti. Solo a settembre, tra sanificazioni, bollette e altre spese, ho dovuto pagare 5.000 euro. Ora mi ritrovo a chiedere prestiti”.
“Con questo decreto noi siamo già chiusi, perchè noi lavoriamo di sera, quindi è dal 26 ottobre non apriamo neanche”, afferma il titolare di un bar sul Naviglio Pavese, dove, precisa, “Quasi tutti i bar sono chiusi, certamente una ventina”.
(ITALPRESS).
Milano, in piazza Duomo ristoratori ‘a terrà “Chiusure ci uccidono”
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