MESSINA “VOLEVO TORNARE AD ALLENARE MA NON SOLO”

Avrebbe voluto avere una chance in Nba, non è arrivata ma Milano non è una seconda scelta. Per Ettore Messina inizia ufficialmente la sua nuova avventura all’Olimpia, dove al ruolo di allenatore affiancherà quello di “president of basketball operations”, ruolo decisivo nel convincerlo a dire sì ad Armani. “Quando ho deciso di andare a fare l’assistente di Popovich era perchè in quel momento avevo molta voglia di lavorare con determinate persone – spiega il 59enne coach siciliano – San Antonio è l’organizzazione con i valori più alti dal punto di vista del fare le cose insieme. Stando poi lì si alimenta l’idea che avrei potuto essere un giorno l’erede di Popovich o di allenare altrove e ci sono andato vicino parlando con alcune squadre. Mi avrebbe fatto piacere ma non ci sono arrivato. Ma questo non è collegato al mio arrivo qui e se mi avessero proposto solo di allenare, non sarei stato interessato. Ma allenare e scegliere e coordinare le persone mi piaceva. Poi, una volta scelte le persone, farò solo l’allenatore come fa Popovich a San Antonio, dove c’è Buford che si preoccupa di fare tutto quello che è necessario fare e Popovich ha l’ultima parola sulla firma o sulla cessione di giocatori, sulle grandi decisioni strategiche. La speranza – prosegue – è di non utilizzare mai il diritto di veto perchè con fiducia reciproca e condivisione del metodo di lavoro la macchina va avanti e ti limiti a mettere un occhio non ossessivo”.

Messina, che assicura di non essere mai stato contattato da Milano durante l’esperienza Nba, confessa però “che dopo 5 anni da assistente mi sarebbe piaciuto tornare ad allenare e non nego che la possibilità di provare a fare le cose con persone con cui credo di poter lavorare bene, portando le cose avanti con quelli che per me sono i criteri giusti, è la cosa più importante. Non è una questione di controllo o di manie di potere da dittatore coreano ma sapere di non dover perdere energie nervose in certe situazioni e che una volta che si arriva a una posizione, è difesa da tutti”. Messina non ha ricette speciali per guarire i mali di Milano se non quella “di tutte le squadre che vincono: difendere come dei matti, passarsi le palla in attacco e prendersi le proprie responsabilità, lo dice la storia. Vincere lo scudetto e arrivare ai play-off di Eurolega sono risultati che dipendono dai comportamenti delle persone, da come ti alleni, da come ti prepari, come rispetti te stesso. L’Eurolega è molto competitiva e anche il campionato italiano è più competitivo: se non sei preparato e non ci metti impegno, puoi perdere contro chiunque.
L’ex ct azzurro non esclude un assistente americano nel suo staff (“stiamo valutando questa possibilità”), sul ‘suo’ Buford non si sbilancia (“stiamo parlando con alcune persone e presto avremo una persona pienamente operativa”) mentre sul roster avverte: “Non credo siano prospettabili delle rivoluzioni, anche perchè ci sono dei contratti. Bisogna poi fare le riflessioni in base al budget, vedendo cosa è disponibile. Quando avrò parlato con tutti i giocatori, comincerò a farmi un’idea di ciò che può essere utile e cosa no per la squadra. Di sicuro, più che fra italiani e stranieri, distinguo fra chi è capace e disponibile a giocare e chi non lo è perchè la gente si identifica più con l’atteggiamento che col passaporto”.

Col sogno di creare a Milano qualcosa di simile al sistema Spurs “dove tutti ci svegliavamo e ognuno si chiedeva cosa fare per aiutare Popovich a fare bene il suo lavoro”, Messina dovrà riabituarsi ai ritmi italiani ed europei “ma ho avuto la fortuna di lavorare col più bravo di tutti per cinque anni che, oltre a un’intelligenza emotiva che mi ha sempre colpito, aveva un sesto senso nel valutare quando bisogna spingere e quando andare piano. Credo di aver visto cose che mi possono aiutare a mantenere la squadra a un buon livello fisico tutto l’anno, poi è chiaro che il carico emotivo in Europa è diverso e se perdi tre gare di fila è un dramma ma sarà importante vivere partita per partita”.

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