Argentina e Francia pareva giocassero a vinciperdi e invece n’è venuta fuori una finale strepitosa. In nome delle due nazionali che cercavano la terza stella, in nome di Messi e Mbappè come s’andava dicendo dall’inizio del Mondiale. In nome, soprattutto, del calcio; lo sport più popolare perchè offre lo spettacolo più bello del mondo. Del pianeta: scommetto che non si son persi la partita neppure gli astronauti che invece di cercare galassie misteriose si beavano della visione della Terra. E del Qatar. Diciamolo, dopo il turbolento avviarsi dell’evento che ci aspettava fin dal 2010 e aver scoperto pochi giorni prima dell’avvio la sua natura truffaldina, i suoi peccati mortali e veniali. Le trame di Sarkozy erano ben note, ci siamo ri-scandalizzati poi la festa è partita. Con il primo divertissement promettente, la vittoria dell’Arabia Saudita sull’Argentina. Ohibò, cosa succede a Messi? Non doveva riscuotere l’eredità di Maradona più volte sfuggita? Gli esperti dissero: è giù successo di partir male, non arrendetevi: Messi vincerà. E ha vinto un Mondiale bellissimo, tecnicamente importante, gestendo la finale insieme a una Francia che a sua volta ha partecipato allo spettacolo da comprimaria.
Ha vinto Messi ma non ha perso Mbappè, più stella che mai perchè la sua luce illuminerà il futuro. Perchè è lui – senza scomodare Pelè e Maradona – l’erede diretto di Messi che è arrivato a chiudere la sua monumentale pratica sconfiggendo non la Francia e le altre seminate per strada, non Mbappè ma l’eterno rivale Cristiano Ronaldo. Sì, il conto s’è chiuso, è passata agli atti – e in archivio – una delle grandi storie del calcio.
Due ore di calcio hanno una sostanza antologica, se ne potrà godere il resoconto visivo – e anche scritto – dalle prime mosse vincenti dell’Argentina. Il gol immancabile di Messi, il prodigio di Di Maria. Poi, mentre Deschamps aveva imposto ai suoi una condotta suicida dicendogli di controllare Messi, di fermarlo, di spegnere la finte del gioco, Mbappè riceveva la prima assistenza alla mezzora. Scaloni d’improvviso richiamava in panchina Di Maria, l’Angel rinato ala prodigiosa, e la Francia si svegliava, s’accaniva, ritrovava il suo Mbappè vincente. Così, a suon di gol, fino alla fine, ai supplementari, ai rigori. Che bel film. Se dovessimo attribuirne la regia per l’Oscar del masochismo portato al successo toccherebbe a Scaloni, ma il calcio non ha bisogno di Hitchcock.
Ma per fortuna Messi e compagni e Santa Fortuna han fatto finire il film come doveva, secondo trama già scritta nella fantasia del gioco del pallone stupefacente una volta di più.
Adesso il Qatar – almeno per noi pallonari – sarà meno peccaminoso, e Infantino meno sciagurato, e gli emiri meno intrallazzatori. La palla adesso passa – come diciamo noi – al Parlamento europeo. A Bruxelles. Sarà una lunga e dolorosa partita il cui finale non ci darà l’allegria delle ultime ore qatarini.
Si, mi sono divertito. Mi mancherà – e sarà come perdere il filo di una favola e rinnovare un dolore – il commento di Mario Sconcerti.