Il 2019 ha portato in dote una interessante novità per tutti i contribuenti, liberi professionisti, che hanno un limitato volume di fatturato: la possibilità di poter entrare a far parte di coloro che possono beneficiare del regime forfettario, o flat tax 15%, una sorta di allargamento dell’ex regime dei minimi che ora si presenta a una platea più vasta di persone.
Ma che cosa è cambiato dal regime dei minimi al regime forfettario? E quale regime è maggiormente conveniente? È meglio il regime dei minimi o il regime forfettario?
Differenze regime minimi e regime forfettario
Prima di comprendere quale dei due regimi possa essere maggiormente conveniente, cerchiamo di dare uno sguardo a quali sono le differenze tra i due approcci fiscali.
Innanzitutto, si nota subito come i requisiti per accedere al regime forfettario siano molto meno stringenti di quelli del regime dei minimi. A cominciare, in particolare, dal limite di fatturato annuo: era di 30.000 euro per il regime dei minimi, è di 65.000 euro per il regime forfettario al 15% (e dal 2020 anche chi ha un fatturato tra 65.000 euro e 100.000 euro potrà accedere al forfettario, ma con aliquota al 20%).
Vi è poi una sensibile novità per quanto attiene il limite annuo di partecipazione: con il regime dei minimi era 5 anni per chi ha più di 35 anni, e fino a 35 anni per i giovani imprenditori; con il forfettario sparisce invece ogni limite annuo e di età e, dunque, potenzialmente il forfettario potrebbe essere in grado di accompagnare per sempre il contribuente. Varia in parte anche la percentuale di tassazione: se con il regime dei minimi era del 5% per sempre, ovvero fino alla fuoriuscita da questo regime, nel forfettario è del 5% solo per gli esercizi di startup (i primi 5 anni) per poi passare al 15% negli anni successivi.
Sensibile differenza emerge anche dalla deduzione delle spese: nei minimi si può dedurre fino al 100% delle spese aziendali e fino al 50% delle spese promiscue, mentre nel forfettario si possono dedurre solamente i contributi previdenziali. Per il resto, le semplificazioni sembrano essere comuni ai due profili, che di fatti condividono l’esenzione IVA e ritenuta d’acconto, l’esenzione dagli studi di settore e della registrazione delle fatture, l’esenzione (temporanea) dall’obbligo della fatturazione elettronica, l’accesso al regime di contabilità semplificata.
Conviene il regime dei minimi o il regime forfettario?
A questo punto, possiamo cercare di comprendere se convenga o meno il regime dei minimi o il regime forfettario. Per capirlo, abbiamo simulato cosa potrebbe accadere a un professionista che fattura 20.000 euro annui, con spese per l’attività di 5.000 euro.
Nel regime dei minimi, il suo imponibile sarebbe pari a 15.000 euro (20.000 euro di fatturato – 5.000 euro di spese per l’attività), mentre i contributi INPS gestione separata sarebbero pari a 5.144,00 euro. Con un’aliquota al 5%, pagherebbe imposte per 492,80 euro, fronteggiando così un totale di spese contributive e fiscali per 5.636,80 euro.
Nel regime forfettario, la base imponibile diventa invece il fatturato (20.000 euro) al netto del coefficiente di redditività, che è del 78%, e dunque ci invita a togliere il 22% del ricavo per ottenere l’imponibile, che diventa di 15.600 euro. Tale contribuente pagherebbe inoltre 4.012,32 euro di contributi INPS gestione separata, e imposte sul reddito pari a 1.738,14 euro, con aliquota al 15%. Il totale delle spese contributive fiscali sale così a 5.750,46 euro.
Insomma, dal confronto tra i due profili, emerge una lieve convenienza dei minimi. Appare tuttavia chiaro che la convenienza dei minimi è tanto maggiore quanto maggiori sono le spese da portare in deduzione al fine di abbassare la base imponibile. Pertanto, ipotizzando che non vi siano delle spese da dedurre, il regime forfettario svelerebbe una maggiore convenienza.
Insomma, è abbastanza chiaro che ogni scenario richieda una valutazione approfondita. In alcuni casi, poi, potrebbe addirittura essere più conveniente rimanere nel regime ordinario: è il caso di quei contribuenti che possono “scaricare” molte spese in sede di dichiarazione dei redditi, e che potrebbero dunque ottenere un maggiore beneficio proprio dall’ordinario, piuttosto che dalla combinazione minimi / forfettario.