“I libri, i classici, i romanzi, i manuali per la scuola sono stati vettori di sviluppo e di diffusione della cultura”. Quella dei libri “è una storia di libertà che vuol dire anche confronto, dialogo, apertura di orizzonti. E’ una storia di crescita civile, i libri sono stati un presidio per la difesa della libertà e dei diritti”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione dei 150 anni dell’Associazione Italiana Editori, alla quale erano presenti, tra gli altri, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, la sindaca di Roma Virginia Raggi e il neo ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini. Il capo dello Stato, accolto in sala da una standing ovation, ha poi aggiunto: “è tempo questo di riapertura delle scuole e tante famiglie si stanno misurando con le difficoltà di assicurare ai propri figli ciò che occorre per l’istruzione. L’istruzione dei ragazzi è interesse primario della Repubblica, desidero sottolineare l’alto valore sociale dei libri di testo, va ricordato alle pubbliche istituzioni e insieme va richiamata la necessita di scelte editoriali coerenti con quell’onere sociale”. Mattarella ha anche sottolineato come in Italia “si legga ancora troppo poco, dobbiamo migliorare, leggere è una ricchezza immateriale della quale non possiamo fare a meno”.
Secondo i dati che emergono dal Libro Bianco, ricerca commissionata dall’AIE, infatti, in Italia oggi si legge poco (il 60% dei 15-74enni legge un libro all’anno): tra i cinque maggiori mercati editoriali europei, l’Italia si presenta come il Paese con il più basso indice tra la popolazione adulta. Inoltre, la qualità della lettura in termini di numero libri letti e di tempo dedicato è scadente. Un aspetto ancor più preoccupante è quello che emerge nelle fasce più giovani della popolazione: si collocano, è vero, con l’87%, ai vertici della classifica per numero di libri letti; ma solo il 5% di chi le compone dedicava alla lettura almeno un’ora continuativa al giorno nel 2017, percentuale scesa all’1% nel 2019. Solo il 24,8% ha elevate competenze nella comprensione dei testi (tra i Livelli 4 e 6), l’Italia si colloca all’ultimo posto tra i maggiori Paesi europei. Infine, il 26,7% (dato 2018) di chi ha una laurea non ha letto alcun libro nel corso dell’anno precedente. Parliamo di più di un laureato su quattro. Sempre nel 2018, il 40,8% di imprenditori, dirigenti di azienda, in genere di chi occupa ruoli apicali nella grande, media e piccola industria italiana, dichiara di non aver letto alcun libro.
“Non c’è quasi un singolo parametro tra quelli che misurano lo stato di salute dell’istruzione e della cultura nel quale l’Italia non si collochi agli ultimi posti tra i paesi europei. È stato detto che nessun paese può permettersi di essere ricco e ignorante per più di una generazione. Non so da quando dobbiamo considerare che sia scattato il cronometro. Ma se già non è scaduto, il tempo a nostra disposizione è pochissimo. Non abbiamo futuro se non mettiamo l’istruzione, la conoscenza, il sapere al centro dell’agenda politica nazionale”, ha detto Riccardo Franco Levi, Presidente dell’Associazione Italiana Editori. “Dunque: scuola, scuola, scuola. Dalle scuole materne all’università, dagli istituti di ricerca all’educazione ricorrente degli adulti. Ora, subito. E se non ora, quando? Per noi editori – ha sottolineato – l’istruzione è ragione e motivo di impegno civile, campo prioritario di attività e investimento”.