Masiello “La difesa comune europea è un’opportunità, ma in Italia ci sono troppi problemi”

ROMA (ITALPRESS) – A margine del convegno “Dinamiche geopolitiche e sicurezza continentale: scenari e percorsi evolutivi per la Difesa europea”, organizzato al Circolo Ufficiali delle Forze Armate di Roma dall’Associazione culturale Omnia Nos, il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, è tornato a parlare della “sua” Forza Armata soprattutto in visione difesa comune europea. Per l’alto ufficiale sarebbe “un’opportunità”.

Ma riconosce i problemi e i limiti nell’attuazione: a cominciare da chi dovrebbe decidere di fare il passo, proseguendo con le difficoltà che si riscontrano per addestrarsi fino ad arrivare alle potenzialità tecnologiche e alle lungaggini burocratiche per permettere di entrarne in possesso. “Durante la nostra missione in Afghanistan avevamo avuto segnali dagli Stati Uniti che non furono presi molto in considerazione. Adesso potrebbero esserci le condizioni per iniziare un percorso: la difesa comune europea è una cosa che richiederà molto tempo”.

Ma chi ha le competenze per poter avviare questo percorso? A chi tocca fare il primo passo? “Sicuramente non è un problema militare ma politico. I militari sono già abituati a lavorare congiuntamente ai francesi, con i tedeschi, in ambito NATO, nell’ambito delle Nazioni Unite” ha risposto Masiello sottolineando che l’interoperabilità è una delle peculiarità delle Forze Armate che viene allenata e rafforzata quotidianamente.

“Stiamo incrementando notevolmente da tempo gli scambi nel settore della formazione – spiega il generale -, per far sì che i nostri quadri, i nostri ufficiali, i nostri sotto sottufficiali, si conoscano sin dai primi anni di carriera, crescendo insieme condividendo la visione uni degli altri. Sicuramente si può fare di più nel campo dell’addestramento, delle esercitazioni, ma come sanno tutti in questo Paese per trent’anni la difesa è stata ipofinanziata, perché dovevamo raccogliere giustamente i dividendi della caduta del muro di Berlino e, quindi, non sono stati dati abbastanza fondi ai settori che lo meritavano per poter consentire alle forze armate di addestrarsi”.

Quindi quello dell’addestramento è uno degli ostacoli per l’adesione al progetto difesa comune: “In Italia soprattutto – dice – dove è difficilissimo addestrarsi. Nessuno vuole i militari, non ci vuole nessuno dei poligoni. Allora siamo costretti ad andare all’estero, ma andare nei poligoni esteri costa e, quindi, ci vogliono soldi”.

Così come ci vogliono soldi per proporre un Esercito avanzato tecnologicamente: “La tecnologia è essenziale. Sicuramente non siamo sullo stesso piano di Aeronautica e Marina, che sono più avanti. Dovremmo tutti avere un livello tecnologico adeguato per poterci permettere di parlare tra di noi: non possiamo parlare di multi dominio se non abbiamo le stesse capacità. Questa è la prima cosa per cui bisogna essere tecnologici. Siamo in una pubblica amministrazione con i tempi della pubblica amministrazione e questo non consente di competere. Abbiamo cominciato, da poco, a guardarci intorno: ci interfacciamo con le altre Forze Armate, parliamo nell’università, con l’industria e cerchiamo di capire quello che sta succedendo fuori. Questo ci permette di intercettare quelle che sono le più significative evoluzioni tecnologiche. Il problema è che quando intercettiamo questa evoluzione tecnologica abbiamo dei tempi molto lunghi per portarla dentro alla nostra organizzazione. Ma questo è dovuto alle leggi, alle procedure. Questo fa sì che, quando noi riusciamo ad avere queste evoluzioni tecnologiche, fuori sono già superate. Dobbiamo modificare le procedure per far sì che questa tecnologia possa essere nella disponibilità delle Forze Armate nel minor tempo possibile”.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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