Malagò “Sono il primo a tifare perché il calcio riprenda”

As Roma 25/07/2018 - presentazione calendari serie C 2019-2020 / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Giovanni Malago'

“Ribadisco quanto vado dicendo dall’inizio del Covid-19. In Italia ci sono almeno 15 sport di squadra. A torto o a ragione tutti, nel giro di poche settimane, hanno chiuso i battenti e deciso di non assegnare gli scudetti. Il calcio, un po’ perché è un mondo a parte e un po’ per interessi economici, ha voluto continuare la sua partita e chiudere i campionati”. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, torna in un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’ a parlare di calcio e di un campionato, quello di Serie A, che salvo imprevisti dovrebbe tornare in campo a metà giugno per completare una stagione interrotta dalla pandemia di Covid-19. “È un suo diritto e un dovere: conosco le carte, le deleghe, l’autonomia della Figc e il rimando della Federazione alla Lega dell’organizzazione dei campionati – spiega il numero uno dello sport italiano – E dico, bene, benissimo: sono il primo a fare il tifo perché il calcio riprenda. Ma dopo pochi giorni alla parola calcio si è sostituita la parola Serie A. Dilettanti e Lega Pro hanno capito abbastanza presto che con certe dinamiche di protocollo non erano in condizioni di riprendere. La Serie B ha votato da poco per ricominciare. Da mesi insisto: puntiamo a ripartire ma non essendo possibile fare previsioni di lunga scadenza, viste tutte le variabili esistenti, deve esistere anche un piano B. Non averlo è un errore”. La A vorrebbe riprendere il 13 giugno, ma il governo ha bloccato tutto fino al 14: “Se la curva dei contagi manterrà un indice basso, credo non ci sarà problema a partire un paio di giorni prima. La Figc pare stia studiando un’ipotesi di playoff e playout? Lo leggo, ma mi risulta che non tutti siano d’accordo. Voglio sia chiaro che il Coni ha solo interesse se il calcio, o meglio la Serie A, riesce a risolvere i problemi. Le mie non sono invasioni di campo come qualcuno le ha definite: ho un atteggiamento propositivo, non critico”. Perché in tutto questo tempo non è stato fatto nulla è presto spiegato: “Un piano B avrebbe richiesto di mettere intorno a un tavolo tutti i soggetti coinvolti: la Figc, la Lega di A, il Coni se ci avessero invitato, i calciatori, gli allenatori, gli arbitri, i medici sportivi, magari un rappresentate dell’Uefa, i broadcaster. Tutti in una stanza per trovare soluzioni e accordi in caso fosse impossibile ripartire o fosse necessario fermarsi di nuovo. Classifiche, tagli di stipendi, date, rate di diritti tv. Perché non è stato fatto? Certo è difficile, magari sarebbe servito stare chiusi come in certi vecchi tavoli di concertazione. Ma non saremmo oggi in una situazione dove ogni categoria difende il proprio punto di vista e non ci sono accordi”. Circa i diritti tv, manca l’ultima rata e c’è la minaccia della Lega di andare in tribunale: “Mi limito a dire che se finisci in tribunale si rischiano tempi lunghissimi e che alla fine restino scontenti tutti. Andare in giudizio è un diritto ma rappresenta una sconfitta del sistema. Che sistema è quello che se salta una rata di pagamento finisce a gambe all’aria? È un sistema condizionato dai diritti tv. L’unica alternativa è avere anche altri ricavi dagli stadi e dal loro utilizzo moderno. Per rifare tutti gli stadi insieme in un Paese ci sono solo tre possibilità: organizzare un Mondiale di calcio e sa va bene se ne riparla nel 2030, organizzare un campionato europeo o le Olimpiadi estive, perché si gioca anche al calcio maschile e femminile. Mi sono battuto per le Olimpiadi a Roma che avrebbero risolto anche questo problema. Sapete come è andata a finire… Ora tutte le società di calcio procedono separatamente e dappertutto è una via crucis tra permessi, autorizzazioni, lacci e laccioli di ogni tipo”. Sul taglio degli stipendi ai calciatori: “Capisco le esigenze delle società, fossi un presidente di club cercherei anch’io di decurtare parte delle mensilità sospese, ma come affronti questo argomento se fino a metà marzo i giocatori hanno giocato, ad aprile dovevano essere a disposizione, a maggio si allenano e a giugno, luglio e agosto devono giocare? C’era la volontà da parte delle categorie di trovare un accordo, ora ognuno va a alla spicciolata: chi strappa un mese, chi due. Non c’è stata programmazione». Malagò accenna anche ai rapporti conflittuali tra le istituzioni calcistiche e il governo rappresentato dal ministro dello Sport Spadafora: “Mi è spiaciuto assistere a tante polemiche. Sotto il profilo della forma e della comunicazione qualche errore il mondo del calcio l’ha fatto. Il governo e il ministro hanno tenuto un atteggiamento chiaro e anche rispettoso secondo me”. Si riprenda o ci si fermi, Malagò ha chiaro cosa dovrà fare il calcio domani: “Dovrebbe approfittare di ciò che è accaduto per studiare quelle riforme strutturali indispensabili per avere prospettive diverse rispetto alle attuali. Ci sono problemi sotto gli occhi di tutti che vanno risolti. Now o never more. Ora o mai più”.
(ITALPRESS).

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