Trattativa a oltranza, senza demordere. Perché, nonostante il Governo abbia finora negato qualunque minima correzione alla discussa riforma del Comitato olimpico nazionale italiano, Giovanni Malagò crede ancora che “ci sia un punto di ricaduta accettabile, dignitoso”. Seduto nella Sala delle Fiaccole, a Palazzo H, nell’intervista esclusiva concessa all’agenzia ITALPRESS, il presidente del Coni ribadisce con sincerità di essere ancora “molto amareggiato” per la rivoluzione del mondo dello sport inserita dal Governo in Finanziaria, un sentimento che è riuscito persino a oscurare la felicità per la recente nomina a membro del Comitato olimpico internazionale. Ma la comprensibile amarezza non ha scoraggiato Malagò, deciso a lottare sino alla fine per difendere le istanze dello sport italiano. “Ho incontrato circa 300 stakeholders del nostro mondo negli ultimi dieci giorni e mercoledì ho fatto una riunione con i delegati provinciali, i veri interlocutori della piazza: sono tutti contrarissimi alla riforma”.
“Qualche federazione è d’accordo con il Governo? Si contano sulla punta delle dita e anche chi è incline ad accettare la nuova idea non ha capito come sarà applicata. Perché non è possibile capirlo finché non ci sarà il decreto attuativo. A quel punto faremo la conta all’interno nel nostro mondo”, dice Malagò spiegando poi nel dettaglio quelle che, a suo avviso, sono le incongruenze della riforma inserita a sorpresa (perché nel contratto tra Lega e M5S le indicazioni sullo sport erano differenti) nella legge di Bilancio: “In alcuni Paesi c’è un intervento del Governo nella ripartizione delle risorse alle federazioni, ma avviene tramite un ministero dello Sport e non attraverso una società per azioni partecipata. L’unico caso simile può essere quello della Gran Bretagna, ma attenzione: lì, come in tanti altri Paesi, la pratica sportiva nasce nelle scuole, mentre in Italia è il Coni a promuovere lo sport con l’associazionismo e con i volontari. Ecco perché i modelli stranieri non sono replicabili in Italia, non hanno senso”. Alcune federazioni importanti hanno chiesto più volte a Malagò di “non fare la guerra all’esecutivo”: tra queste c’è la Federbasket dell’ex presidente del Coni, Gianni Petrucci, che ha ribadito il concetto nell’intervista concessa all’Italpress.
“Ma io parlo tutti i giorni col Governo – ha sottolineato Malagò – perché saremmo dei pazzi a fare la guerra all’esecutivo. Una cosa però è non fare la guerra, un’altra è accettare e condividere cose che non sono comprensibili e neppure logiche. Ho un impegno con i sottosegretari Giorgetti e Valente, aspetterò a esprimere opinioni e considerazioni finché non ci sarà un testo finale. Stiamo dialogando, loro sanno benissimo quali sono le possibili ricadute della riforma: fin quando non si vota la fiducia in Parlamento, stiamo cercando di fare una cosa più in linea con le istanze del mondo dello sport”. Sullo sfondo, quasi in secondo piano, travolta dall’attualità della politica interna, resta la candidatura di Milano-Cortina per ospitare i Giochi Olimpici invernali del 2026. Un’occasione importante per l’Italia, voluta fortemente da Malagò, che aveva dovuto rinunciare suo malgrado al sogno di Roma2024 per il passo indietro fatto dall’amministrazione comunale capitolina. A fronteggiare il nostro Paese, stavolta, è rimasta solo Stoccolma, peraltro alle prese con una situazione politica nazionale totalmente incerta dopo le elezioni della scorsa estate.
“Non penso che siamo in testa, ma possiamo giocarcela alla pari”, spiega Malagò rimarcando però un rischio legato agli effetti della rivoluzione voluta dal Governo: “In questo momento la nostra candidatura è forte perché abbiamo una squadra forte. Ma un pezzo di questa squadra è stato messo in discussione. È come se, dopo alcune partite di campionato, la rosa venga all’improvviso indebolita: il rischio c’è ed è grande”. E di certo, dopo i ritiri di Roma2020 e Roma2024, l’Italia non avrebbe bisogno di un’altra delusione olimpica.
(ITALPRESS).