Le mani di Cosa nostra sul business dei rifiuti a San Cataldo, nel Nisseno. L’operazione “Pandora”, coordinata dai giudici della Procura di Caltanissetta ha portato alla luce un vero e proprio comitato d’affari impegnato in un settore molto lucroso. In sedici sono finiti agli arresti: imprenditori, uomini legati alla cosca mafiosa locale, funzionari comunali come l’ingegnere capo del Comune di San Cataldo Paolo Iannello e persino un carabiniere. Dall’indagine, coordinata dalla Dda nissena e condotta dai carabinieri e dai finanzieri del Nucleo di Polizia economica- finanziaria, è emerso il ruolo del clan che era riuscito ad imporre alla cooperativa Geo Agriturismo di San Cataldo che – in Ati con la societa’ Ecolgest – si occupava del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, la continua assunzione di affiliati e persone contigue. Operai sulla carta che in molte occasioni – è stato accertato – percepivano lo stipendio senza svolgere alcuna attività. L’indagine ha permesso di azzerare l’attuale assetto della cosca di San Cataldo ma anche di ricostruire dinamiche e ruoli del sodalizio criminale. Al vertice dell’organizzazione Calogero Maurizio Di Vita, Gioacchino Chite’, Massimo Scalzo, Raimondo Scalzo e Luigi Vivacqua.
Dall’indagine è emerso anche il ruolo dell’ingegnere capo Paolo Iannello: il funzionario, con la collaborazione del figlio Davide Francesco, aveva stretto un vero e proprio accordo con Liborio Lipari, amministratore della Ecolgest. Un patto – hanno spiegato gli inquirenti – volto a truccare la gara pubblica e favorire l’aggiudicazione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani alla Multiecoplast di Messina, capofila dell’Ati in associazione appunto con la Ecolgest. Numerosi i capi d’accusa avanzati agli indagati. Da associazione a delinquere di stampo mafioso all’estorsione, dalla turbativa d’asta alla corruzione fino ad altri reati contro la pubblica amministrazione. Nello specifico la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, concorso esterno ed estorsione aggravata e’ stata disposta nei confronti dei vertici del clan: Gioacchino Chite’, Calogero Maurizio Di Vita, Raimondo e Massimo Scalzo, Luigi Vivacqua. Stessa accusa per altri uomini vicini alla cosca, come Cristian Ivan Callari, Alessandro Scalzo, Angelo Giumento, Salvatore Raimondi. Tra gli arrestati pure un carabiniere in servizio alla Tenenza di San Cataldo, si tratta di Domenico Terenzio. Secondo l’accusa il ruolo del militare era quello della talpa: a quanto pare il carabiniere in più occasioni avrebbe informato esponenti della locale famiglia mafiosa delle attivita’ di indagine. Nei suoi confronti sono state avanzate le accuse di violazione di segreto d’ufficio, falso e concorso esterno in associazione mafiosa.
Le manette, come detto, sono scattate pure ai polsi dell’ex ingegnere capo Paolo Iannello e del figlio Davide Francesco. Arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e turbata liberta’ degli incanti per Liborio Lipari, imprenditore, rappresentante legale della Ecolgest. L’inchiesta ha coinvolto altri dipendenti comunali: obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per corruzione nei confronti di Cataldo Medico e Salvatore Schifano. Ed ancora provvedimento identico è stato contestato all’architetto Alfonso Gaetano Ippolito, destinatario di incarichi da parte del Comune di San Cataldo. L’inchiesta, per certi versi è collimata con un’altra indagine condotta dalla Guardia di finanza nissena e che ha dato vita all’operazione “Perla nera bis”, che nell’ottobre 2017 aveva portato all’arresto di un funzionario comunale, Daniele Silvio Baglio, e dell’imprenditore Salvatore Ficarra. Quell’operazione aveva fatto emergere l’esistenza di un vero e proprio comitato d’affari in grado di condizionare le gare d’appalto nella cittadina nissena.