MAFIA, DURO COLPO A CLAN SANTAPAOLA ERCOLANO

Sono in tutto tredici le persone raggiunte da provvedimento cautelare nell’ambito di un’operazione antimafia della polizia di Stato di Catania, che ha inferto un duro colpo al clan Santapaola – Ercolano. Un quattordicesimo indagato, allo stato irreperibile, è attivamente ricercato.  

L’ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere, emessa dal gip del Tribunale etneo, è stata notificata a Maurizio Zuccaro, 58 anni, già detenuto; Rosario Zuccaro, 37 anni; Filippo Zuccaro, 34 anni, detto “Andrea Zeta”; Luigi Gambino, 52 anni, detto “Gino ‘u longu”; Angelo Testa, 50 anni, già sottoposto alla sorveglianza speciale; Carmelo Giuffrida, 51 anni, detto “Melu ‘u pisciaru”, già sottoposto alla sorveglianza speciale; Francesco Ragusa, 50 anni, detto “Francu ‘u sceriffu”; Michele Colajanni, 53 anni; Giuseppe Verderame, 65 anni, già sottoposto agli arresti domiciliari; Simone Giuseppe Piazza, 33 anni, già detenuto; Giovanni Fabio La Spina, 34 anni. Mentre sono finiti ai domiciliari Graziella Acciarito, 55 anni, moglie di Maurizio Zuccaro; e Michela Gravagno, 35 anni.

Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e reati in materia di droga, con l’aggravante di avere commesso i fatti per agevolare il clan facente capo a Maurizio Zuccaro, appartenente alla cosca mafiosa Santapaola – Ercolano.

Il provvedimento restrittivo compendia gli esiti di attività di indagine di tipo tecnico, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania e condotta dalla Squadra Mobile nell’arco temporale giugno 2016 – maggio 2017, che ha consentito di ricostruire la composizione nonché le attività illecite del clan Santapaola – Ercolano – gruppo di “San Cocimo”, articolazione operativa del clan mafioso radicata nella zona cittadina compresa tra piazza Machiavelli ed il “Castello Ursino”, storicamente capeggiata da Maurizio Zuccaro, elemento indicato al vertice del clan Santapaola – Ercolano.

Le indagini hanno preso le mosse dalla denuncia presentata nel mese di giugno 2016 da uno dei titolari della società che gestisce un parcheggio nei pressi dell’aeroporto Fontanarossa “Vincenzo Bellini” di Catania, che ha dichiarato di avere ricevuto una telefonata estorsiva nel corso della quale una voce anonima, in dialetto catanese, gli intimava: “abbessa – prepara, ndr – 100 mila euro, se no facciamo saltare tutto in aria, oppure cercati l’amico!”.

Gli investigatori hanno individuato in Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza gli autori della tentata estorsione. Inoltre, nel corso degli accertamenti, è emerso che tra le fila del clan mafioso figuravano la moglie ed i figli di Maurizio Zuccaro, ovvero Graziella Acciarito, Rosario e Filippo Zuccaro, nonché Luigi Gambino, ai quali è contestato il ruolo di promotori, capi e comunque organizzatori del gruppo di “San Cocimo”, nonché Angelo Testa – cugino Maurizio Zuccaro -, Carmelo Giuffrida, Francesco Ragusa, Michele Colajanni, Giuseppe Verderame, Simone Giuseppe Piazza e Giovanni Fabio La Spina, quali componenti della squadra.

La polizia ha accertato che Maurizio Zuccaro, attraverso i figli Rosario e Filippo e la moglie Graziella, nonostante fosse detenuto avrebbe continuato ad impartire ordini ai propri accoliti, acquisendo anche quote di partecipazione in attività economiche che venivano intestate a prestanome allo scopo di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale.
Ancora, nel corso delle indagini è emerso che Maurizio Zuccaro, il figlio Rosario, Luigi Gambino, Carmelo Giuffrida e Giovanni Fabio La Spina, dietro minacce, avrebbe costretto il gestore e l’amministratore di una nota discoteca catanese ad affidare loro il servizio di sicurezza, assumendo quali addetti loro familiari e altri appartenenti al clan, e a versare la somma di 3 mila euro.

Proprio con riferimento al servizio di sicurezza all’interno del locale notturno, le attività tecniche hanno fatto emergere i preliminari accordi per la spartizione  del servizio di security con esponenti del clan mafioso Cappello – Bonaccorsi, rappresentati dal boss Salvatore Massimiliano Salvo, ed i successivi contrasti per la gestione del servizio.

Dal monitoraggio degli ingenti investimenti di somme di denaro è emerso un episodio di intestazione fittizia di beni effettuata, col benestare del padre Maurizio, da Rosario Zuccaro. Questi, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, avrebbe acquistato fittiziamente la titolarità delle quote rappresentative del 50% del capitale sociale di una società per azioni, in vista della gestione di un ristorante lungo il litorale Ognina, impartendo costantemente al prestanome, Michela Gravagno, formalmente intestataria delle quote societarie, direttive in merito alla stipula del contratto di acquisto delle quote della società, alla ristrutturazione dei locali di esercizio di attività di ristorazione.

A Rosario Zuccaro sono contestati il reato di usura aggravata, per avere prestato ad un esercente di un negozio di abbigliamento, in due soluzioni, la somma complessiva di 4 mila euro, facendosi promettere, in corrispettivo, il pagamento mensile di interessi usurai determinati nella misura del 10% del capitale prestato, nonché la detenzione ed il porto in luogo pubblico di armi da sparo. 

A Verderame, infine, è contestata la detenzione ai fini di spaccio di marijuana.
Uno dei destinatari del provvedimento restrittivo, allo stato irreperibile, è attivamente ricercato. Tutti gli arrestati sono stati accompagnati presso la casa circondariale di Catania “Bicocca”.

 

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