Dicono che Simone Inzaghi abbia un difetto (ahilui testimoniato dalle statistiche): parte forte, arriva moscio. Per sua fortuna, non al punto di uscire battuta dal Torino dopo tre/quattro partite incerte, che segnalavano problemi di natura agonistica e psicologica. La dicevano “liberata” dalla Champions. Balle: vincere aiuta a vincere, perdere aiuta a perdere (copyright). Oggi è sempre in lizza per lo scudetto ma se è vero che un mese fa era favorita al 50% oggi s’aggiudica solo un quarto della torta con Milan, Napoli e Juventus. Simone può comunque godere il sostegno dei suoi giocatori. Come Pioli. Come Spalletti. Come Allegri. Così nascono le grandi squadre. Immagino che siate tutti presi dalla lotta per lo scudetto ma siccome è lontana dalla conclusione – ogni settimana lo vince una della Magnifiche Quattro – da questo bel campionato traggo altre immagini, altre storie. Naturalmente non parlo del Bologna, squadra che mi ha ispirato poemi degni del corregionale Torquato Tasso, oggi tramutata in sonnifero, alla stregua di una ninnananna mozartiana con lo spartito capovolto; nè proverò a raccontare le avventure del salvabile Genoa che si è appena liberato di Shevcenko ma neanche il sostituto tedesco di scuola Rangnick sembra in grado di ravvivarlo. Vi parlerò piuttosto del Napoli e di Osimhen, pedatore di rara bellezza atletica, un esplosivo nature boy destinato a farsi campione memorabile, i cui godibilissimi gol fanno il paio con la dedica…fotografica agli spettatori del Bentegodi, buona parte dei quali afflitti da demenza precoce che li induce, come ieri, a cercar sorrisi e applausi da campagne anti napoletane addirittura violente che li vede imitare le quotidiane scene di guerra. Vorrei insultarli, per essere compreso: mi limito a dire “ridateci il Chievo”, club di signori nonostante il soprannome di asini volanti – i mussi – ben diversi dagli asini ultras oggi seduti al Bentegodi. Napoli da primato, non c’è dubbio, ma come dicevo la gara è lunga e dura.
Aggiungo – con una rapida sortita internazionale – una breve nota di merito per Maignan che con l’uscita prodigiosa al ’95 sugli attaccanti empolesi ha non solo conservato la vittoria per il Milan ma anche rinnovato fra i tifosi rossoneri la felicità di aver perduto Donnarumma. Mentre è certo che gli juventini, sempre più speranzosi del…decimo miracolo (e di vincere la Champions) avranno rimpianto l’addio di Ronaldo: CR7, appena viene graffiato dai cronisti frustrati risponde a suon di gol, com’è successo al Tottenham di Antonio Conte.
Mi piace piuttosto prendere nota – e rendervi edotti – del caso più eclatante del torneo: il cul di Mourinho – detto con rispetto – che realizza con la Roma exploit inimmaginabili, ultimo il pareggio strappato all’Udinese nell’avvelenata coda del match. Ho sempre pensato che i grandi trovano il modo di sopravvivere alla vecchiaia inventandosi – come Ibra – un’altra vita: Mou è un campione di sopravvivenza per come è riuscito a trasformarsi da intellettuale puntuto a panchinaro degno del teatro calcistico romanista più di Helenio Herrera, piuttosto come Oronzo Canà. Anzi, Oronzo Pugliese, che conquistò con l’innata teatralità il cuore di Roma. Di Mou sono innamorati il popolo giallorosso, Maurizio Costanzo, Enrico Vanzina. E Sabrina Ferilli. Non ho parole. Il mourinhismo è una religione. Vincesse uno scudetto, lo Specialone diventerebbe – con Benedetto e Francesco – il Terzo Papa.
LOTTA SCUDETTO A QUATTRO SEMPRE PIU’ INTRIGANTE
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