Il progetto Lav(or)ando, realizzato dalla Cooperativa Sociale ELAN e finanziato dalla Fondazione con il Sud, nasce per favorire il recupero sociale e il reinserimento professionale di 24 persone sottoposte a provvedimento penale, attraverso il loro impiego nella lavanderia industriale già presente nella struttura e potenziata per l’occasione. Lav(or)ando opera in sinergia con la Scuola di Economia Civile. Ci illustrano la cooperativa e il progetto i responsabili di ogni suo settore.
Ad Anna Tedde, presidente della cooperativa sociale ELAN chiediamo da dove nasca il nome Lav(or)ando.
“Nasce dalla combinazione dell’idea di rimettersi in gioco attraverso l’attività lavorativa, nel contesto professionale del lavaggio e della cura dei capi di abbigliamento”.
Come e per iniziativa di chi nasce il progetto iniziale?
“L’idea progettuale getta le sue radici nel 2003, grazie al progetto europeo Equal R.A.S.P.U.T.I.N. realizzato dal Consorzio Solidarietà di Cagliari, con l’obiettivo di favorire il recupero sociale e l’inclusione lavorativa di soggetti sottoposti a provvedimenti penali detentivi e incrementare il raccordo fra i diversi partner portatori di interessi. Il primo passo concreto, in questo nuovo percorso, fu l’avvio nel 2009 del servizio di lavanderia industriale all’interno dell’Istituto Penale per i Minorenni minorile di Cagliari (Quartucciu): nei primi anni, ha coinvolto sessanta persone, tra minori e giovani adulti.
Dopo un periodo di incubazione di tre anni Solidarietà Consorzio “genera” la cooperativa sociale Elan che, sulla scia dei risultati ottenuti nella struttura di Quartucciu e forte di un gruppo di lavoro formato da giovani professionisti entusiasti, sceglie di condividere con la Casa Circondariale di Uta l’opportunità di realizzare questo nuovo servizio a favore della comunità penitenziaria e del territorio”.
Qual è l’idea portante del progetto che ora state sviluppando?
A rispondere a questa domanda è Ilenia Carrus responsabile degli inserimenti lavorativi.
“La finalità del progetto Lav(or)ando, partito poche settimane fa con l’avvio dei primi due tirocini, è duplice. Per un verso – a breve termine – costituisce un’occasione importante, per i beneficiari del progetto, di rimettersi in pista, ampliare le proprie capacità e acquisire nuove competenze lavorative. Un’eredità preziosa, una volta che esaurita la pena faranno rientro a casa e si immetteranno nel mercato del lavoro.
Dall’altro punto di vista, più a lungo getto, Lav(or)ando punta a coinvolgere le aziende e istituzioni sul territorio. Questo per innescare un circolo virtuoso che dia nuove, concrete possibilità alle persone sottoposte a una pena detentiva, creando anche una rete imprenditoriale ‘accogliente’, fondata sui princìpi dell’economia civile e della responsabilità sociale”.
Quale è la relazione con la Scuola di Economia Civile e quali gli sviluppi previsti? La risposta ad Anna Tedde
“La Scuola di Economia Civile garantisce il suo supporto al progetto Lav(or)ando, per “contaminare” la comunità con la cultura dell’accoglienza nei confronti di chi ha sbagliato e vuole rimettersi in gioco ed essere reintegrato nella comunità stessa. “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, recita un antico proverbio africano. Anche noi crediamo che faccia la differenza il “come” si conducono i percorsi di re-inclusione, cioè non più delegando le istituzioni pubbliche ma coinvolgendo la comunità locale, anche nell’ottica di un contenimento del costo economico e sociale del trattamento.
Con questo progetto vogliamo anche inserirci nel percorso che punti a realizzare in modo effettivo quanto sancito dalla legge 354/75 di riforma del sistema penitenziario. Questa, in particolare, garantisce al condannato il lavoro assicurato e remunerato, visto come strumento primario tra le misure alternative, e imprescindibile ai fini dell’efficacia del trattamento rieducativo. Un’opportunità formativa e professionale diventa infatti opportunità fattiva per acquisire una preparazione professionale adeguata agli standard reali che il detenuto troverà all’esterno del carcere, tale da agevolarne il reinserimento sociale e abbassando le possibilità di recidiva. Princìpi eticamente perfetti, ma – ancora dopo 45 anni – di difficile attuazione. Il progetto Lav(or)ando si pone inoltre come punto di partenza per una nuova visione virtuosa e sostenibile dell’economia. Abbiamo infatti previsto di stimolare le imprese pubbliche e private all’adesione al patto sul futuro per la terza economia, coinvolgendole in un percorso formativo finalizzato alla creazione di un marchio comune, che promuove e sostiene opportunità lavorative per le persone che hanno sbagliato. Chiediamo a queste imprese di sostenerci con nuove commesse di servizi di lavanderia e con opportunità di lavoro per i detenuti coinvolti nei percorsi di misure alternative. Il percorso di rieducazione attraverso il lavoro e la formazione ha il fine ultimo di rigenerare le persone che hanno sbagliato, dare loro una seconda occasione concreta e accompagnarle nel rivestire il ruolo di cittadini attivi, capaci di contribuire attivamente allo sviluppo delle comunità. Con l’attività avviata di recente dal Progetto Lav(or)ando, la lavanderia della Casa Circondariale di Uta si propone come infrastruttura economico educativa pronta ad affiancare l’istituto penitenziario, e le istituzioni pubbliche e private, nel difficile e prezioso compito di valorizzare i loro talenti e competenze residue”.
(ITALPRESS).