di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Henry Kissinger, l’uomo che visse con due anime inconciliabili – riuscì a vincere il premio Nobel per la Pace mentre resta accusato di crimini di guerra e contro l’umanità-, in queste ore viene celebrato come tra i più grandi “strateghi delle relazioni internazionali”. Lo fu prima da dietro una cattedra, poi dalle stanze dei bottoni (1968-1977), quindi sfornando una serie di saggi best-seller e, per mezzo secolo, dando consigli ben remunerati ai più potenti del pianeta, tra i quali tutti i presidenti dopo Nixon e Ford (non Carter però, che si ostinava a porre i diritti umani d’intralcio alle strategie di politica estera). Kissinger si merita le tante ovazioni? Giudicate voi dall’episodio che non viene in queste ore ricordato abbastanza.
Hermann Eilts, ambasciatore americano in Egitto ai tempi di Sadat durante la guerra dello Yom Kippur e che poi fu tra i protagonisti della pace di Camp David, era celebre tra i diplomatici di carriera di “Foggy Bottom” per aver dato le dimissioni a Kissinger (rifiutate) durante un furibondo litigio dentro una limousine nel mezzo della tanto celebrata “shuttle diplomacy” mediorientale.
Venti anni dopo, da dietro una cattedra della Boston University, Eilts dedicava una lezione per i suoi studenti su un episodio che resta tra i meno conosciuti, anche se resta tra i più pericolosi, della Guerra Fredda. Proprio cinquant’anni fa, fu proprio Kissinger a spalancare le porte dell’inferno, portando il mondo a un passo dall’Armageddon nucleare. Per alcune ore, tenendo quella porta aperta, Kissinger rimase il protagonista assoluto, unico e responsabile, dell’aver tenuto sul precipizio della guerra nucleare gli Stati Uniti e l’URSS, con un rischio simile a quello della crisi dei missili di Cuba. Con la differenza che mentre nel 1962 l’amministrazione Kennedy informò in diretta tv degli eventi e del pericolo gli americani, nell’ottobre 1973 il mondo rimase all’oscuro di quello che l’amministrazione Nixon+Kissinger ci fece rischiare.
Quando il 6 ottobre 1973 i carri armati egiziani e quelli siriani attaccarono di sorpresa Israele (non proprio così, il governo israeliano di Golda Meir era stato informato da re Hussein di Giordania, ma fu proprio Kissinger a “consigliarla” di non attaccare per prima come nel 1967, perché alla Cia non risultava…), l’obiettivo era quello di riprendersi il Sinai e le colline del Golan perdute durante la disfatta della guerra dei sei giorni. Se le truppe del siriano Assad ebbero subito difficoltà, invece quelle di Sadat all’inizio e inaspettatamente avanzarono e riuscirono ad attraversare il Canale di Suez e conquistare chilometri di deserto egiziano occupato dagli israeliani. Ma quel successo durò solo un paio di giorni, quando i riservisti israeliani furono schierati, l’IDF cominciò a spazzare via i siriani nel Golan e ad accerchiare gli egiziani. A quel punto gli USA e l’URSS si erano mosse per un cessate il fuoco per evitare guai peggiori.
Mentre gli israeliani all’inizio accettarono le pressioni di Kissinger, Sadat resisteva a quelle sovietiche, credendo che i suoi soldati potessero conquistare ancora qualche chilometro di territorio egiziano occupato dagli israeliani dal ’67. Quando però i carri armati israeliani del generale Sharon erano ormai lanciati verso il Cairo (e dall’altra parte puntavano verso Damasco), ecco che i sovietici propongono agli americani di presentare insieme una risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu per imporre la fine delle ostilità.
Qui arriva il rifiuto di Kissinger, che minaccia il veto alla risoluzione. Questo perché lo “stratega” di Nixon pensava di guadagnare tempo, di poter fermare gli israeliani a piacimento regalandogli i giorni necessari a rafforzare le posizioni conquistate. A questo punto il leader sovietico Breznev minaccia la presentazione unilaterale della risoluzione, e l’intelligence americana riferisce a Kissinger che le navi russe nel Mediterraneo sembrano voler presagire un intervento sovietico di supporto agli egiziani per aiutare a fermare gli israeliani.
A questo punto, nella notte del 24 ottobre, Kissinger (ma Nixon? In preda agli incubi del Watergate, ubriaco dormiva e non si riusciva a svegliarlo) ordina lo stato di allerta per le forze statunitensi in tutto il mondo con il codice Defcon 3, il più alto stato di prontezza in tempo di pace, provocando così il rischio di uno scontro nucleare con i sovietici. I bombardieri nucleari americani furono schierati nelle piste pronti al decollo, e dalle testimonianze dei piloti anni dopo, molti credettero che quella notte potesse essere l’ultima per l’intera umanità.
Come ha scritto recentemente Gordon F. Sander sul Washington Post, “Kissinger voleva un gesto drammatico che suggerisse che gli Stati Uniti erano disposti ad andare sull’orlo del baratro. Una guerra mondiale per impedire ai sovietici di fare qualunque cosa avessero intenzione di fare”.
Per fortuna, il giorno dopo i carri armati israeliani si fermarono, Golda Meir e Sadat accettarono un cessate il fuoco, mentre finalmente gli americani con i sovietici fecero passare dal Consiglio di Sicurezza una risoluzione per fermare la guerra.
Aveva forse avuto ragione Kissinger, che con Nixon Ko, aveva preso la decisione, lui che era solo il Segretario di Stato, di portarci tutto all’ingresso della porta dell’inferno? Fu grazie alla sua “minaccia” nucleare che i sovietici si fermarono dall’intervento diretto? Da documenti saltati fuori dopo il 1989 dagli archivi sovietici, risulta chiaro che il Cremlino non avesse alcuna intenzione né di intervenire direttamente nel conflitto né di scatenare una guerra nucleare per l’Egitto, ma soltanto di cercare di convincere gli americani a fermare una guerra che “nessuno avrebbe dovuto vincere”.
Cosa sarebbe accaduto se Golda Meir non avesse fermato i carri armati di Sharon? Se Sadat non avesse, dopo averlo rifiutato, spinto per il cessate il fuoco? Da quello che hanno ricostruito gli storici, con i documenti degli archivi e non con le opinioni dei protagonisti, risulta che se siamo qui ancora a raccontarvelo e voi a leggerlo, non è grazie ma nonostante la spericolata, ingiustificata e illegale azione voluta dal celebrato “stratega delle relazioni internazionali” Henry Kissinger.
– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).