Negli ultimi cinque anni il Patrimonio delle Casse di Previdenza ha registrato una crescita continua e costante passando dai circa 65,6 miliardi di euro del 2013 ai circa 87 miliardi di euro di fine 2018 con un incremento complessivo di 32,5 punti percentuali. Tale incremento ha riguardato tutti gli anni in analisi con un tasso di crescita percentuale pari al 9,55% tra il 2013 e il 2014, al 4,96% tra il 2014 e il 2015 e al 6,05% tra il 2015 ed il 2016, 6,6% tra il 2016 ed il 2017 e 2% nell’ultimo anno considerato. La crescita va analizzata alla luce di due fattori interconnessi ovvero, da un lato i contributi complessivamente incassati sono superiori alle uscite derivanti dalle prestazioni erogate – per un saldo positivo complessivo di circa 17 miliardi nel periodo di analisi – e dall’altro i rendimenti conseguiti sugli attivi ammontano a circa 1,4% netto annuo in media tra il 2013 ed il 2018.
“Da quando sono state privatizzate, tutte le Casse hanno aumentato il proprio patrimonio, garantendo la sostenibilità nel tempo”, queste le parole pronunciate dal Presidente Alberto Oliveti in apertura della presentazione del rapporto e riportate dal sito di Adepp. Un’evidenza che ha trovato in accordo tutti i partecipanti all’evento. “Il patrimonio – ha sottolineato Oliveti – oltre ad essere investito in maniera sana, oculata, trasparente, protettiva del capitale ha una funzione di polmone e di sicurezza per i sistemi. Noi cerchiamo di andare verso un ragionamento circolare, utilizzando il patrimonio anche per sostenere le generazioni future perché solo dall’interesse delle generazioni future a partecipare alla nostra catena costruiamo la garanzia della tenuta del sistema. Il patrimonio ha una componente previdenziale, quindi contributi e prestazioni previdenziali, e una componente non previdenziale che è il flusso dei proventi dell’investimento del patrimonio. Tassare il patrimonio significa tassare una quota parte dei contributi”. Tutte le Casse di Previdenza hanno adottato, negli anni, una gestione del patrimonio volta a ridurre il rischio di esposizione proprio degli investimenti. In particolare, utilizzano tecniche di risk management che permettono – tramite una diversificazione oculata degli investimenti (Asset Liability Managment-ALM)- di diminuire il rapporto rischio/rendimento riducendo il primo pur mantenendo accettabile il secondo.
In riferimento all’allocazione degli investimenti, sono tre le componenti predominanti ovvero: fondi di investimento mobiliari per una quota del 25,6%; altri fondi di investimento per il 21,7%; titoli di Stato con una quota del 16,8%. Gli investimenti ESG occupano una parte corposa del rapporto in quanto rappresentano quegli investimenti che integrano fattori rispettanti la direttiva 2014/95/UE, la quale identifica nelle informazioni di natura ambientale, sociale (rispetto diritti umani, gestione del personale, politiche di non discriminazione) quelle aree per le quali le società saranno tenute a divulgare notizie circa le politiche adottate. Nello specifico emerge che: INARCASSA al 2017 abbia investimenti in titoli classificabili ESG una quota del patrimonio pari a circa 472 milioni di euro, ENPAM abbia destinato una quota fino al 5% della sua asset allocation (circa 1 miliardo di euro) ad investimenti correlati alla propria missione istituzionale e in grado di generare ricadute positive sulle professioni degli iscritti e quindi sull’economia reale. La Cassa dei medici e degli odontoiatri, ha avviato un monitoraggio del patrimonio complessivo, che ha messo in mostra una rispondenza ai parametri ESG più elevata rispetto alla media del mercato.
ENPAP, la Cassa degli Psicologi, ha una quota importante del proprio patrimonio (pari al 46% del totale, per un controvalore di oltre 576 mln di euro) investito in fondi selezionati anche tenendo conto della effettiva implementazione, nei rispettivi processi di investimento, dei criteri “ESG”. Cassa Forense svolge una valutazione di sostenibilità del portafoglio dei Fondi liquidi dell’Ente; a giugno 2018 gli AUM complessivi valutati sotto il profilo ESG sono il 58% degli oltre 4 miliardi in gestione. Di questi il 12%, pari a circa 504 milioni di euro, presentano un portafoglio titoli che supera ampiamente la verifica dei principi ESG e dell’indice delle controversie. Sempre durante l’evento, il sottosegretario al Mef, Pier Paolo Baretta ha spiegato come “Ci sono in sospeso alcune richieste da parte delle Casse, alcune si sono tradotte in emendamenti. Se vanno in porto subito meglio se no non li abbandoniamo perché riguardano una maggiore agibilità nella gestione delle risorse. Le Casse non sono solo un soggetto previdenziale ma economico vero e come tale va trattato. E lo può essere ancora di più se le Casse fanno sinergia tra di loro. Ad esempio sugli investimenti in economia reale più che su investimenti in titoli e azioni. Se si fa massa critica la forza di impatto, sia sul Governo sia in relazione con gli investimenti pubblici che stiamo mettendo in campo, è enorme. Se da un lato va tirato fuori dal cassetto il regolamento sugli investimenti che deve contenere alcune cose specifiche che valorizzino l’autonomia, dall’altro si deve fare insieme un percorso più stringente sull’economia reale. Nel rispetto della differenza di ruoli”.
(ITALPRESS/WEWELFARE.IT)