Inizia la Convention democratica di Chicago nel nome dell’unità traballante

di Stefano Vaccara

CHICAGO (USA) (ITALPRESS) – Tutto pronto a Chicago, con palloncini già in aria e microfoni accesi per l’inaugurazione stasera della DNC, la Convention nazionale democratica. Meno di un mese fa, si preparava la scenografia con su i cartelli Biden-Harris e un velo di pessimismo alimentato dai sondaggi che bocciavano il presidente e premiavano lo sfidante repubblicano Donald Trump, uscito trionfante dalla Convention di Milwaukee. Sono bastate tre settimane per cambiare i numeri e l’atmosfera: Kamala Harris, grazie anche alla spinta venuta dalla scelta come vice nel ticket del “coach” (allenatore) Tim Walz, vola nei sondaggi. Così saliva lo spirito di chi gonfiava ieri sera i palloncini nell’Union Center di Chicago, mentre – secondo notizie diffuse da chi lavora nella campagna repubblicana – cadeva in picchiata l’entusiasmo del ticket Trump-Vance di poter vincere a valanga le elezioni del 5 novembre. Ormai neanche il ricordo della pallottola che ha sfiorato Trump nell’attentato della Pennsylvania sembra possa fermare la spinta dei democratici data dal cambio del “vecchio cavallo” Joe con la classe 1964 Kamala (anche il governatore del Minnesota Walz è del 1964, mentre Trump resta, dall’alto dei suoi 77 anni, il più anziano candidato alla Casa Bianca della storia ) Ma questa settimana a Chicago i democratici rischiano di sprecare la spinta ricevuta dalla rinuncia di Biden, se il partito non supererà il suo nuovo il test dell’unità “ritrovata” dalla scelta – che nelle procedure ha scontentato non pochi delegati – di Kamala Harris. I prossimi giorni dovrebbero indicare come la donna che per prima potrebbe sedersi dietro al desk dell’ufficio ovale intende definire la sua candidatura e contribuire a far restare il partito dell’asinello unito nonostante profonde divisioni, soprattutto su questioni quali la guerra a Gaza. Si prevedono a Chicago manifestazioni di protesta – oltre i poliziotti è stata schierata persino la guardia nazionale – e già un manifestante filo-palestinese è riuscito a salire domenica sera sul palco durante una festa di benvenuto per i delegati. La Convention potrebbe essere scossa dalle manifestazioni contro il forte sostegno dell’amministrazione Biden a Israele nella guerra a Gaza, una politica contrastata da un considerevole contingente di delegati democratici, soprattutto dall’altalenante Stato del Michigan. Le proteste di piazza a Chicago potrebbero riversarsi nella sala congressi, come avvenne già alla Convention del 1968, durante la guerra del Vietnam e con conseguenze disastrose per il risultato finale delle elezioni. Il discorso di accettazione della vicepresidente Harris avverrà ovviamente l’ultimo giorno della Convention, giovedì. Sarà, insieme ai suoi dibattiti con Trump, uno dei più importanti discorsi pubblici che avrà prima del 5 novembre. La sfida per lei sarà quella di riuscire a bilanciare la lealtà verso il presidente Biden che la scelse come vice quattro anni fa e riuscire allo stesso tempo a distinguersi in certe strategie dall’amministrazione e assumere il controllo del suo partito. Il suo discorso dovrà mostrare fino a che punto intende mostrare di possedere la propria identità politica e dimostrare come una presidenza Harris sarebbe ben diversa da una presidenza Biden. Dovrà cercare così di ridimensionare le critiche dei repubblicani che la indicano come co-responsabile del record dell’amministrazione degli ultimi tre anni. Stasera parleranno due “pezzi da novanta” del partito: il Presidente Joe Biden e la ex nominata Hillary Clinton. Nel 2016, Trump sconfisse l’ex first lady, senatrice e Segretario di Stato nel suo tentativo di diventare la prima donna eletta alla presidenza USA. Ora è la Harris che sta cercando di rompere quella “cupola di vetro”, e c’è attesa per ascoltare le parole di Clinton nel passarle il testimone. Il primo giorno parlerà quindi il presidente Biden, che avrebbe invece dovuto farlo giovedì al posto di Harris se non fosse stato costretto alla rinuncia della nomination. L’ultimo presidente in carica che decise di non cercare un secondo mandato, il democratico Lyndon B. Johnson, saltò la convention del 1968, anch’essa a Chicago, dove ci furono accese proteste e scontri. Al contrario, Biden parlerà stasera e l’attesa su quello che dirà e soprattutto sulle sue condizioni di salute è altissima. Biden elencherà i risultati del suo unico mandato e ovviamente sosterrà la candidatura di Harris. Si vedrà tra i delegati se qualcuno accennerà a proteste su come è avvenuta la sostituzione. Alla Convention nei prossimi giorni parleranno anche quattro importanti governatori – Josh Shapiro della Pennsylvania, Gretchen Whitmer del Michigan, Gavin Newsom della California e JB Pritzker, padrone di casa, dell’Illinois – che sono stati tutti potenziali futuri candidati democratici alla Casa Bianca al posto di Biden, ma poi sono stati superati nello “sprint” dalla vicepresidente Harris. Anche loro sono attesi ad un discorso che celebri l’unità, che almeno duri fino al 5 novembre 2024.
– foto xo9/Italpress –
(ITALPRESS).

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