“Il metodo Genova deve essere esportato”. A ribadirlo in una intervista a Primo Canale di Genova è l’amministratore delegato di Salini Impregilo, Pietro Salini. “Il nostro programma di opere pubbliche – dice Salini – è fermo al 1992, l’anno della rivoluzione, in cui si è cambiato un sistema e, insieme all’acqua, abbiamo buttato il bambino. Abbiamo cancellato il sistema delle opere pubbliche. E abbiamo oggi il costo: oggi vengono giù i ponti” e “ci sono le autostrade che dobbiamo stare attenti a percorrere perché ci può cadere un sasso dal viadotto”. Quindi, dice Salini, “bisogna razionalizzare, capire che bisogna avere un atteggiamento diverso. Non si può colpevolizzare un sistema produttivo, che peraltro è il sistema portante del Pil del Paese”.
“Oggi – ha aggiunto Salini riflettendo sugli effetti della pandemia – siamo di fronte al tema drammatico di questa crisi. Una tempesta perfetta. Il Covid, dicono gli esperti, ci porta via 200 miliardi di euro quest’anno, 200 miliardi di euro di prodotti persi. Le stime, che sono molto cautelative, ci dicono che lo Stato potrebbe poi perdere 150 miliardi di euro di tasse. Si rischia di perdere quasi l’intero pagamento delle pensioni di un anno. Dobbiamo pensare se saremo capaci di mantenere il nostro welfare”.
“Mi sono messo idealmente messo in ginocchio di fronte al presidente del Consiglio – aggiunge Salini riferendosi alla cerimonia di ieri a Genova – non solo chiedendo di salvare le imprese, il lavoro, gli autonomi, le partite iva dandogli una mano con un debito, bisogna capire come questo debito verrà restituito. Dobbiamo pensare come le imprese restituiranno. Serve un grande piano di rilancio del Paese. Nel ’29 quando l’economia entrò in crisi nel mondo, negli Stati Uniti fu affrontata con un enorme piano di spesa, facendo grandi opere pubbliche. Fecero enormi lavori sulle strade, sulle ferrovie, oggi gli Stati Uniti sono ancora quelli che sono grazie a quel grande piano. Lì si mantenne anche una cosa che diamo per scontato: la democrazia. In Europa si fece diversamente, non lanciammo nessun piano e cosa successe? Arrivarono il nazismo e il fascismo”.
“Il Ponte di Genova – continua Salini – è un indicatore del fatto che ci sono opere vecchie: questo è un problema e al tempo stesso un beneficio. Possiamo fare lavorare milioni di persone. Ho chiesto a Conte di ragionare insieme su un programma che si può fare con lo stesso spirito del ponte di Genova, con gli stessi metodi. Facciamo ripartire il Paese, diamo nuove infrastrutture al Paese”.