Inaugurato il nuovo anno accademico dell’Università Cattolica

ROMA (ITALPRESS) – Inaugurato l’anno accademico 2021-2022 della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ad aprire la cerimonia il Magnifico rettore Franco Anelli, seguito dalla relazione del preside della Facoltà di Medicina e chirurgia, Rocco Bellantone. Le prolusioni sono state affidate ai professori Stanislao Rizzo, ordinario di Malattie dell’apparato visivo (‘Artificial Vision: dream or reality?´) e Franco Locatelli, ordinario di Pediatria (‘Terapia genica e genome editing nelle emoglobinopatie: modelli di medicina di precisione´). E’ intervenuto anche il Commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni. Presenti in sala, tra gli altri, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti ed Elena Bonetti, ministro per le Pari opportunità e la famiglia. “Oltre a praticare la scienza, nella nostra società, nella quale le autorità sono in crisi, le fonti di informazione plurime, le strutture di validazione delle conoscenze sempre più spesso disconosciute, occorre farla comprendere. Emerge con prepotenza la dimensione sociale della conoscenza scientifica, e dunque si pone con urgenza il problema di comprendere l’essenza e i limiti di quella conoscenza”, ha dichiarato il rettore Anelli nel suo discorso inaugurale. Il professore ha sottolineato come si stia assistendo a una crisi nella fiducia della scienza.
“Nei tempi recenti, alla prova di eventi drammatici, proprio la fiducia nella scienza è stata messa in discussione. E’ questa probabilmente una delle ricadute più rilevanti della pandemia sul terreno culturale. Proprio su questo terreno si gioca il tema del rapporto tra ricerca scientifica e opinione pubblica – ha proseguito – ossia sulla capacità della società intera di comprendere le modalità del prodursi della conoscenza scientifica e il valore dei risultati della ricerca, per valutarne le ricadute e il grado di affidabilità e saperle apprezzare in modo obiettivo e corretto. Non si pretende che ciascuno si faccia specialista in una certa branca del sapere, ovviamente, bensì di essere dotato di quel grado di cultura e di apertura intellettuale che permette di riconoscere il valore delle conoscenze altrui, di rispettarle, ed eventualmente decidere, sulla base di una consapevole valutazione, di affidarsi ad esse”. Poi il professor Anelli ha spiegato che “proprio questo importantissimo snodo, questo punto di cerniera tra “scienza e società” sembra essere colpito dal malessere di questi tempi. Si moltiplicano le manifestazioni di avversione e sospetto nei confronti delle posizioni espresse dalle istituzioni scientifiche o che a queste si rifanno, con una ostilità che ampiamente supera i limiti di una giustificata cautela verso qualsiasi enunciazione nuova e non consolidata”. “La tentazione della diffidenza, o addirittura della ripulsa, emerge quando la “scienza” esce dall’ambito della speculazione e del dibattito tra iniziati per essere invocata a fondamento, presentato come obiettivo e indiscutibile, di scelte di rilevanza sociale. I due estremi del dilemma che abbiamo innanzi vengono così a definirsi. Da una parte la crisi della fiducia nella scienza; dall’altro lato l’indebolirsi dell’autorità delle istituzioni politiche, che talora sono apparse voler rimettere integralmente proprio alla scienza la giustificazione di decisioni che attengono a una diversa dimensione dell’umano, quella delle relazioni sociali e delle regole dell’agire collettivo e individuale. Due distorsioni che traggono origine da un medesimo errore: dimenticare che la scienza è ricerca, non rivelazione”.
Il rettore Anelli ha spiegato come nella vicenda della pandemia la scienza si sia dimostrata nel suo farsi, “abbiamo gettato lo sguardo dietro la tenda dell’alchimista e visto il suo procedere per tentativi, ipotesi, verifiche e confutazioni. E questo ha minato le certezze al punto che un risultato straordinario, come l’elaborazione di vaccini nel volgere di pochi mesi, è stato da molti accolto con sospetto o ripulsa. E’ curioso osservare che non sono poi così inedite, e questo getta un’ombra sulla reale capacità degli uomini e delle comunità di apprendere dal passato”. “La crisi di fiducia ha due fattori principali – ha proseguito – il crescere della complessità delle conoscenze scientifiche, la loro sempre più ardua comunicabilità; e l’equivoco sull’essenza della conoscenza scientifica. La pandemia, in breve, ha riaffermato un essenziale bisogno della società contemporanea: la diffusione di conoscenza, e ancor prima di una consapevolezza dei processi di produzione del sapere e della valutazione critica dei risultati, specialmente quanto questi costituiscono le premesse del decidere e dell’agire”.
Poi il rettore Anelli ha concluso affermando che “questa scienza, consapevole che vi è sempre altro da svelare, e che le nuove scoperte potrebbero mettere in discussione le convinzioni precedenti, è la scienza che merita fiducia, alla quale è doveroso dare fiducia, perchè, come uomini, non abbiamo altro strumento per confrontarci con la natura”. Per il Commissario europeo per l’economia, On. Paolo Gentiloni Silveri: “La pandemia ci ha fatto riscoprire, in Italia e in Europa, l’importanza della scienza e della ricerca, certo in modo contestato. Non sottovalutare che è svanito il tempo dell’elogio, della mancanza di esperienza, conoscenza e competenza. E’ tornata di attualità l’importanza della scienza e della conoscenza. La negazione c’è stata e c’è. La grande maggioranza dei cittadini italiani ed europei ha seguito le indicazioni che le autorità politiche hanno dato seguendo quelle delle autorità scientifiche e quindi le verità del mondo scientifico”.
Nella sua Relazione il Professore Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e chirurgia “A Gemelli”, ha ricordato che “è un Gemelli che, anche nel dramma del Covid, ha saputo dimostrare la forza e la passione dei suoi operatori sanitari creando, nel giro di poche settimane, un ospedale nell’ospedale, dove operatori sanitari e tecnici stremati hanno compiuto veri e propri atti di eroismo dando eccellenza e carità. Ciò senza dimenticare l’abnegazione e lo spirito di sacrificio di quanti nei laboratori hanno retto un carico inimmaginabile fornendo numeri incredibili e qualità eccelsa”. “Abbiamo sempre difeso la vera scienza non fine a se stessa, ma al servizio dell’uomo – ha concluso – affermando la forza dirompente del profondo connubio tra fede e scienza e rifiutando il concetto di una vita trasformata in un deposito di cellule, come diritto di uomini liberi e dovere di scienziati dedicati alla difesa della vita in tutte le sue forme”.
(ITALPRESS).

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