Guardavo Federico Chiesa, l’altra sera, e realizzavo come un talento sicuro, una promessa garantita, può rischiare la sparizione attraverso i meccanismi del calcio business viziato da una comunicazione selvaggia. Ecco la sua partita: cerca di mettercela tutta ma si prende un paio di calcioni e a un certo punto – siamo al 17′ della ripresa – chiede il cambio (credo), esce e viene sostituito dal ragazzo Vlahovic che addirittura salva Montella pareggiando con l’Inter al 92′. Flash back: uscendo, Chiesa viene salutato dai fischi dei tifosi. Come dire:, sic transit gloria mundi. Un passo indietro: lo hanno picchiato, Federico, perché cosí si fa con gli attaccanti pericolosi, come una volta, o perché qualcuno l’ha accusato pubblicamente di essere un cascadeur e i colleghi gliela fanno pagare? Io so solo che gli attaccanti una volta si facevano rispettare e solo a toccargli le caviglie si ricevevano in cambio notte da orbi. Cosí faceva Sivori, talvolta definito “il chirurgo” perché era capace di vendicarsi dei picchiatori facendogli tibia e perone. Più edificante ricordare come sapeva farsi rispettare uno dei rari eroi del calcio, Gigi Riva: lo rivedo come se fosse oggi, a Torino, Juve-Cagliari, alzarsi in volo ostacolato da Morini, cerbero impietoso, e annientarlo allargando le braccia. Chiesa no. Si arrende. E con i tempi che corrono – fortunato il Paese che non ha bisogno di eroi – lasciatelo fare, è il suo diritto. Forse anche un capriccio: era pronto per la Juve, Commisso non ha voluto cederlo e lui si è come spento. Poverino. A Firenze non perdonano. Non ne possono più delle particolari attenzioni della Juve per i ragazzi viola: prima Robi Baggio, tanto tempo fa, e fu un dramma; poi Bernardeschi, l’altr’anno, e fu un fastidio. Stavolta sembra che dicano a Chiesa: se vuoi andare vai. Approfitti delle vacanze natalizie per ripensarsi e correggersi. E già che c’è si ricordi che sacrificio economico ha fatto il brillante presidente italoamericano che non è venuto qui per far pena a qualcuno ma per vincere. Ha ragione Montella, il bel gol di Vlahovic ci ha messo una pezza, il futuro è ancora incerto. Avvertirlo di conservare e accrescere l’amore non facile dei fiorentini. Come? Sottraendosi alle trame del calciomercato.
Lo dissi, tempo fa, a Lorenzo Insigne, raccomandandogli di lavorare forte e bene per restare nel cuore dei napoletani. Non c’è riuscito, è addirittura entrato a far parte della scuderia di Raiola, come Balotelli, come Pogba, due furbini, mentre lui si è ritrovato solo a combattere contro tutti senza più l’amico/procuratore Andreotti che lo curava a dovere. Ebbe difficoltà con Ventura, con Sarri, enormi con Ancelotti. E se qualcosa va male è sempre colpa sua. Una figurina ideale del calcio italiano tritata dal business. Peccato.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).
IL TALENTO DI FEDERICO CHIESA E I RISCHI DEL CALCIO BUSINESS
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