Il Napoli va avanti verso lo scudetto

Onore a chi tiene alto il nome del calcio italiano dopo l’indigesta abbuffata di Champions, 18 similpartite, 64 similgol, valore tecnico 0, valore intimo quello che ognuno – fra milanisti, interisti, bolognesi, juventini e bergamaschi – ha dato alla propria partita. Il Napoli non c’era, ma contrariamente al parere generale giudico l’assenza un danno. E per fortuna la solitudine infrasettimanale non lo distrae. Coltiva in serra l’Intensità di Conte e va avanti verso lo scudetto anche se la Roma del maestro Ranieri lo frena. Angelino ha pareggiato Spinazzola. Come de Vrij ha pareggiato Reijnders. A dimostrazione che non aver Coppa non è un vantaggio. Se può sembrare un colpo di fortuna – ma non lo è – il pareggio dell’Inter al 93′, lo è invece una giornata di vero calcio in un campionato ch’è diventato ormai uno spin-off della Champions. Cito Bologna-Como, deluso non tanto dalla squadra di Vincenzo Italiano – che anzi ammiro – ma dall’esultanza mirata “Così andiamo in Champions League” dalla quale dissento profondamente: la scorsa stagione è finita trionfalmente, il Bologna è arrivato in Champions, gli hanno venduto i migliori giocatori, ha fatto un vergognoso giro d’Europa vincendo una sola partita. Festeggiato da poveracci campagnoli.
Cito Juventus-Empoli perchè è stata un clamoroso esempio di cerchiobottismo tattico: un tempo da disgraziati, un tempo da graziati. Sì deve infatti a monsieur Randal Kolo Muani la grazia di due gol e di una espressione di gioco di squadra che non oso definire definitiva visto soprattutto come Motta ha messo mano al seguito. Mi accusate di non curare la crisi di Vlahovic? Eccolo in campo, e fa pure gol. Chissà come ha goduto, Dusan, quando il mister lo ha mandato in campo; mancava solo che gli dicesse “Adesso che Kolo ha fatto due gol puoi entrare anche tu”. L’amicizia negatagli da Motta Vlahovic l’ha avuta dai compagni che il gol gliel’hanno amorevolmente costruito. Non credo che Giuntoli adesso potrà dormire sonni tranquilli, dovrà anzi continuare a sorreggere Thiago come fosse una badante e a rinforzare la squadra come se fosse un Musk in miniatura.
Partite come quella di iersera ti spiegano come mai l’Inter si chiamata la Beneamata: generosa lei, generoso il suo popolo. Non è mai stata incerta nella volontà di riprendersi dal gol di Reijnders; ha impetuosamente voluto che non si ripetessero i due derby perduti in campionato e in Coppa; ha colpito tre legni (ma anche il Milan imbellito ha sfiorato i gol) e giuro che con quella carica addosso ero convinto che avrebbe colto almeno il pari. Prova televisiva della ritrovata furia nerazzurra, il Toro scatenato. Anche troppo, mancava solo vedere il Lautaro rinato, si è limitato – maleducatamente – a offenderlo, impunito. Sì, mi ha fatto venire in mente l’Inter del Mago…

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