Il Napoli, il “Maestro di Testaccio” e il buon football della tradizione

Onore al Napoli per la sua sfuriata in casa viola e il ritorno al gol dell’incompreso Lukaku, tuttavia il suo primato in classifica non lo fa campione d’inverno. I magnifici di Conte hanno chiuso il girone d’andata con 44 punti giocando tutte le gare, l’Inter ne ha 40 ma ne deve recuperare due e sulla carta può arrivare a 46, l’Atalanta ne deve recuperare una e al massimo può raggiungere il Napoli a quota 44. Il moltiplicarsi degli eventi pallonari internazionali sta cambiando usi e costumi tradizionali.
Incerto fra Steinbeck e Shakespeare mi vien da dire – a proposito di un campionato modesto – “l’inverno del nostro scontento” e tuttavia mi soccorrono due versi del Bardo: “Ormai l’inverno del nostro scontento / s’è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole di Roma”. Perdonate l’evasione poetica ma la Roma vittoriosa ha riportato il sole nell’Urbe – e non solo – proprio nel primo Derby notturno. E se la Roma cresce è certamente buona cosa per il calcio romano. Se poi cresce rilanciando il Derby con la Lazio è buona cosa per tutto il calcio italiano. Risse a parte. Perchè l’Olimpico si trasforma in un grande teatro popolare rivaleggiando con il Colosseo e ospitando l’ultima edizione di una sfida cittadina che va oltre il pallone, rinuncia ai paralipomeni della tecnologia digitale e riporta tutti (ignorando la Var) al buon football della tradizione. Con l’accorta difesa e il nobile contropiede. Con i suoi dei, ieri Totti e Immobile, oggi Dybala e Guendouzi (anche se a lottare con la Joya ci vedrei solo Vincenzino D’Amico). Con i suoi testimoni del tempo, tipo Claudio Ranieri, giallorosso sempre, dai dieci ai settant’anni. Il suo urlo al gol del contestato e riabilitato Pellegrini – tale da indurre i perbenisti a mettere in dubbio la lineare correttezza del Mister – è in realtà soltanto il grido dell’anima romanista. E si perdona. Al secondo gol di Saelemaekers (il mio preferito, come al Milan, come a Bologna) è già un urletto soffocato dalla gioia. Ranieri a Roma è come l’eroe di un romanzo di Dumas, “Trent’anni dopo” da calciatore, quindici da allenatore. E uno da post Mourinho. Ecco, già che ci siamo, il Maestro di Testaccio riabilita in un attimo anche la malinconia di un povero torneo i cui protagonisti sono più gli allenatori che i giocatori. Complice anche la Supercoppa avrete notato che le pagine sportive – a parte Sinner e qualche bufala di calciomercato – ospitano titoli dedicati alla pareggite di Motta, alle tristezze di Vanoli, alla rabbia di Gasperini, alle vacanze di Italiano, al coraggio di Nicola, alle pene di Eusebio Di Francesco e al miracolo di Giampaolo. Miracolo? Il pareggio casalingo con il Genoa non lo è? Prendete la cattiveria per quel che vale: considerare Giampaolo un salvatore è un proposito audace, vanta sempre il migliore quanto inutile possesso palla del suo Lecce (ieri il 63%) ma non gli basta aver posato insieme a Guardiola per considerarlo un dato vincente. Gli manca Messi.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).

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