La Fondazione della comunità Salernitana è la più ‘anziana’ fondazione di comunità del Sud: il 27 aprile ha compiuto 12 anni. Non solo: opera anche nella provincia più estesa d’Italia (4578 kmq). La sua azione si esplica attraverso il coinvolgimento concreto di tutta la comunità. A parlarcene è Antonia Autuori, sua presidente.
La Fondazione della comunità Salernitana opera in una provincia immensa: come riesce a contribuire a trasformare responsabilmente il territorio?
‘Non è facile per la Fondazione della Comunità Salernitana essere presente su un territorio così ampio, naturalmente ci proviamo anche cercando di coinvolgere consiglieri che sono espressione di varie zone della nostra provincia che consta di 158 comuni, ma la nostra forza è anche quella di avere 63 fondatori anche loro di varia provenienza territoriale e che sono i nostri occhi attenti ai bisogni della comunità. Abbiamo poi pensato ad un bando che coinvolgesse direttamente tutti i comuni (ed in questo siamo stati aiutati dall’ente provinciale) e a chi ha partecipato abbiamo offerto un corso di fundraising. Ovviamente purtroppo non siamo ancora presenti in maniera pervasiva, anche se aver partecipato a bandi che prevedevano partenariati allargati ci ha fatto conoscere meglio i vari territori, e viceversa siamo riusciti a farci conoscere anche noi un pochino’.
Nella sua creazione si è ispirata al ‘modello Cariplo’: cosa ha comportato e come valuta oggi questa scelta?
‘Il percorso verso la costituzione era stato guidato dalla Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, una fondazione di origine bancaria, che seguiva i consigli forniti dalla Fondazione Cariplo. Allora fu un perfetto mix tra le esperienze lombarde e l’innovazione proposta da Fondazione con il Sud. Ricordo bene quale componente del Comitato Promotore con la mia azienda il supporto di conoscenza offerto. Era un argomento nuovo per tanti ma abbiamo comunque deciso di scommettere sul desiderio di tanti di migliorare il nostro territorio. A distanza di anni, ho avuto la possibilità di partecipare all’incontro mondiale delle Fondazioni di comunità a Johannesburg. In quell’incontro ho visto che tante fondazioni nel mondo operano con poche risorse e realizzano grandi progetti. Non è sempre facile far comprendere che la fondazione non è un ‘bancomat’ ma che è un ‘motore’ della comunità e quindi per funzionare deve essere a sua volta alimentato (di idee, di passione, ma anche di fondi!) e per questo siamo anche concentrati sull’incremento del patrimonio che ci permetterà con la sua rendita di continuare ad essere agenti di cambiamento’.
Inizialmente quali problematiche intendeva risolvere?
‘La Fondazione non nasce per risolvere problemi che spesso lo Stato non riesce a risolvere. La Fondazione nasce per promuovere innovazione sociale sul territorio. La Fondazione ha promosso nei primi anni dei bandi specifici rivolti alle organizzazioni di terzo settore per l’acquisto di beni strumentali tipo il furgone per una Protezione Civile oppure una pesa per il banco alimentare, cose non particolarmente costose, ma indispensabili per operare. Ci siamo resi conto che spesso nelle organizzazioni di volontariato quello che mancava era quel quid per realizzare l’ultimo miglio di un progetto’.
Come si è sostenuta e si sostiene?
‘La Fondazione della Comunità grazie alla generosità di tanti donatori. Nel corso dell’ultimo triennio abbiamo raccolto complessivamente (a patrimonio, per l’attività erogativa e per la gestione) oltre 487 mila euro. Nello specifico per la gestione dobbiamo ringraziare la Regione Campania che, negli ultimi anni, ha deciso di sostenere le Fondazioni di Comunità campane con un contributo per la gestione e le attività culturali’.
In questi anni quali sono state le iniziative realizzate più significative a sostegno della comunità?
‘I bisogni del nostro territorio sono numerosi, variegati e diversificati, come abbiamo già sottolineato, per la dimensione territoriale. Moltissimi dei progetti che ci vengono presentati riguardano i bisogni legati alle disabilità e all’integrazione dell’assistenza, l’abbandono scolastico, il sostegno all’autoimprenditorialità (microcredito), l’integrazione di immigrati, ma ci vengono presentati anche progetti di restauro di opere d’arte particolarmente significative. Il nostro progetto più importante però è sicuramente la realizzazione di un centro diurno e residenziale per persone con disabilità a Sala Consilina. La costruzione (4 piani per un totale 3.200 mq circondata da un oliveto) – dalla posa della prima pietra all’inaugurazione del centro diurno al pian terreno – è durata solo 3 anni. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla determinazione dell’associazione ‘Una Speranza’, ma anche alle sinergie che grazie alla Fondazione sono state messe in atto con la Fondazione Cariplo, la Fondazione con il Sud e tanti privati. Un lavoro fatto dalla comunità per la comunità in cui fondamentale è stata la componente del dono e della fiducia e che ha anticipato anche il dettato normativo previsto dalla legge 112/2016 sul dopo di noi’.
E quelle tese a sostenere l’imprenditoria sociale?
‘La fondazione naturalmente sostiene anche progetti di cooperative del territorio provando ad attivare lo start up di nuove iniziative finalizzate a generare economie capaci di produrre reddito. Spesso le cooperative sociali si trovano in difficoltà e non hanno risorse da investire per implementare o innovare un servizio anche per i ritardi nei pagamenti degli enti pubblici. Stiamo proprio in questi giorni dando vita ad una impresa sociale con altri partner Remain che offrirà alle aziende servizi per i dipendenti che lavorano nei loro luoghi di origine lontani dalla sede centrale. Remain prevede di realizzare uffici attrezzati e moderni più vicini a chi lavora, ai suoi affetti, al suo tessuto sociale. Utilizzando contenitori pubblici dismessi, in pratica promuove ecosistemi estesi che siano in grado di creare vantaggi reciproci e nuove competenze sui territori’.
La pandemia ha fermato o mutato i suoi progetti?
‘Assolutamente non ci ha fermato, forse un po’ ha cambiato le priorità. Infatti, la Fondazione durante questo periodo ha sostenuto progetti nell’ambito sanitario e sociale in favore delle persone che hanno sofferto maggiormente la crisi derivante dalla pandemia. Sono stati donati generi di prima necessità a famiglie bisognose, per il tramite delle organizzazioni di volontariato, sono stati acquistati dei beni e donati alle strutture sanitarie. Durante il lockdown quella che non si è fermata è stata la generosità: la Fondazione ha completato una grande raccolta fondi che ha permesso di acquistare un casco refrigerante per permettere alle donne che si sottopongono al regime chemio terapico di evitare la caduta dei capelli; sono state trovate le risorse per un progetto di l’inserimento socio lavorativo di persone con disabilità; siamo stati tra i primi renderci conto delle enormi difficoltà del settore dello spettacolo e abbiamo realizzato una serie di eventi per raccogliere fondi da destinare ad un fondo di garanzia per il microcredito in particolare rivolto agli artisti e ai lavoratori dello spettacolo, Musicaccanto’.
Come vengono coinvolti i cittadini nei singoli progetti e nell’azione generale della Comunità?
‘I cittadini vengono coinvolti nei progetti dalle organizzazioni a cui spesso vengono chieste donazioni che servono per far sentire tutti corresponsabili della specifica azione progettuale. Se un progetto veramente interessa alla comunità è la stessa comunità che si fa carico di raccogliere le donazioni che servono a sostenerlo’.
Come vede il futuro?
‘Sicuramente lo immagino diverso dall’oggi. La crisi economica attuale mi spaventa moltissimo, perché il rischio di regredire nei diritti e nelle libertà è reale nel momento in cui la liquidità finanziaria è in mano a persone senza scrupoli. Dobbiamo pensare a paradigmi diversi, ripensare alla globalizzazione in maniera determinata. Gli obiettivi dell’agenda 2030 ci devono guidare’.
Anche voi siete tra i soggetti promotori del bando avviato dalla Fondazione di Comunità di Messina rivolto ad aspiranti imprenditori e imprese già costituite. Che cosa vi attendete?
‘Durante la pandemia le fondazioni di comunità del mezzogiorno hanno cominciato a lavorare su percorsi comuni: microcredito economico e sociale, focal point di Invitalia per la misura di Resto al Sud, etc…In questo lavoro in rete, la Fondazione di Messina, ha permesso alle fondazioni del Mezzogiorno di essere partner di una loro importante progettualità che abbiamo promosso attraverso i nostri canali. Sono state diverse le persone che hanno chiesto maggiori informazioni e speriamo con questa opportunità di poter aumentare la consapevolezza dei giovani sulle possibilità, le competenze e i profili richiesti dalle professioni verdi; favorire l’incontro tra domanda e offerta di green jobs e lo sviluppo dell’imprenditorialità in campo ambientale e sostenibile. La sfida dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro oggi è immaginare quali saranno i lavori ancora utili tra dieci anni. E su questo la Fondazione di comunità di Messina è una garanzia per tutti noi’.
(ITALPRESS).