Per tre giorni l’Università di Bari ha ospitato il convegno nazionale Geo-Crui su “Innovazione didattica e strategie degli Atenei italiani”, organizzato dal Centro di Ricerca Interuniversitario per lo studio della condizione Giovanile dell’Organizzazione delle istituzioni Educative dell’Orientamento (GEO), dalla Conferenza dei Rettori italiani (CRUI) e dalla stessa Università di Bari.
Al convegno hanno partecipato rettori, prorettori, delegati da tutte le università italiane, direttori di Dipartimenti e presidenti di Scuole oltre a coordinatori di corsi di studio, rappresentanti dell’ANVUR, del CUN, del Ministero ed esponenti di Case editrici. L’incontro è stato un momento di confronto sui rapporti dell’Università con la società, il valore della didattica e il suo rapporto con la ricerca, le caratteristiche della figura del docente e delle attività didattiche differenziate che realizzano la partecipazione attiva degli studenti alla loro stessa formazione, le funzioni dell’amministrazione e della rete organizzativa, il significato dell’autonomia, della competizione e dell’internazionalizzazione e il valore della valutazione.
“Le esperienze che sono state rappresentate dai tanti Atenei che hanno illustrato le proprie strategie e metodologie – ha detto il rettore, Antonio Uricchio a conclusione della tre giorni – sono state un’occasione di crescita per tutti. Anche il nostro Ateneo con la professoressa Corbo e la professoressa Perla, anime di questo convegno ha fornito un contributo, ma anche raccolto sollecitazioni e idee. La presenza in molti Atenei di metodologie di didattica innovativa, sta a significare anche una crescente attenzione del tema. Didattica innovativa – ha concluso – significa anche confronti più allargati e più aperti sulle opportunità di valorizzazione della didattica”.
Un convegno che, Andrea Messeri componente del consiglio scientifico GEO, definisce una ‘scommessa voluta e vinta insieme’. “La scommessa – ha spiegato – era la seguente: applicando alcune regole al dibattito, all’incontro, al confronto è possibile avere dei risultati di intesa, di conoscenza e di scambio che sono significativi? Le regole erano: si parte dalle realtà e le realtà sono le situazioni vissute dai rettori. Quindi parlano i rettori non il grande professore che viene e dice cosa si deve fare, sono utili anche incontri di questo tipo, perché le idee scientifiche devono circolare, ma noi abbiamo ritagliato questo spazio e lì è stata fatta la scommessa rispetto alla possibilità di avere confronti fra le esperienze, convergenze su principi”.
Dell’importanza e della necessità che la didattica si innovi, ha parlato Gaetano Manfredi presidente Crui e rettore dell’Università Federico II di Napoli.
“Oggi – ha detto Manfredi – ci troviamo di fronte a una grande trasformazione, perché ormai i nativi digitali sono entrati nelle nostre aule universitarie. Quindi è importantissimo riuscire ad aggiornare non solo i contenuti, ma anche le forme della didattica per dare delle risposte a dei giovani che sono molto diversi da quelli ai quali siamo abituati. E questa – ha spiegato – è la motivazione principale di questo convegno dove si mettono a confronto esperienze anche per mettere a punto delle strategie e fare proposte nella direzione di una didattica sempre più competitiva e di qualità per venire incontro a quelle che sono le esigenze di un mondo che cambia e di tanti giovani che ci chiedono sempre di più”.
Per fare questo sono necessari gli investimenti, “perché – ha spiegato Manfredi – veniamo da anni di disinvestimento in tutto il sistema universitario. Abbiamo bisogno di più docenti, più strutture e di una maggiore consapevolezza dei cittadini e della nostra società che oggi in un Paese, in un mondo che è sempre più competitivo senza competenze i nostri giovani non avranno opportunità di lavoro qualificato. Quindi investire nell’Università – ha continuato – significa costruire il futuro. Mi auguro che in questa finanziaria ci siano dei segnali, ci siano risposte, soprattutto per i giovani ricercatori”.
A proposito di investimenti, Daniele Livon della direzione generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore MIUR, ha ricordato che “Il Ministero ha sostenuto l’Università in progetti di innovazione e didattica. L’ha fatto per il triennio 2016-2018 e – ha spiegato – continuerà a farlo anche per il triennio successivo. L’Università digitale può rappresentare sicuramente una delle frontiere dell’innovazione didattica ma tutto deve essere collegato con le caratteristiche di ogni Ateneo e soprattutto con una forte politica di orientamento agli studi universitari per gli studenti. Le Università sono le frontiere più importanti per fare innovazione a tutti i livelli”.
Una delle esperienze raccontate nella tre giorni è quella del Santa Chiara Lab, “un luogo – come l’ha definito il rettore dell’Università di Siena, Francesco Frati – dove studenti e docenti di discipline diverse si incontrano, dove si contaminano a vicenda, dove si scambiano esperienze e dove riescono ad arricchire la propria formazione personale con il conseguimento di quelle competenze trasversali, che sono così utili nel mondo del lavoro. Le nuove tecnologie – ha spiegato Frati – ci consentono di portare in aula strumenti che garantiscono agli studenti una maggiore partecipazione alle lezioni e al docente un maggiore scambio con gli studenti. Le Università – ha sottolineato – hanno bisogno di un ammodernamento tecnologico che avviene con la possibilità di utilizzare nuove risorse economiche e qualche idea nuova magari guardando anche alle esperienze di altri Paesi e portando le nostre esperienze all’estero in un processo di contaminazione – ha continuato – che può essere virtuoso tra atenei diversi di tutto il mondo. Abbiamo bisogno di qualche buona idea – ha concluso – per rendere le nostre lezioni sempre più interessanti per i nostri studenti”.
Oltre alla didattica innovativa, è necessario una nuova presa di coscienza. A chiederlo il rettore dell’Università della Calabria, Gino Mirocle Crisci. “Sarebbe il momento di prendere atto – ha detto – che noi abbiamo studenti che arrivano da scuole tipologicamente diverse e quindi dovremmo avere percorsi adatti agli studenti che arrivano e non fare tutta una cosa massificata e quindi aiutare i più bravi. Purtroppo il 35% degli studenti che provengono dalle scuole tecniche, non superano il primo anno di studi. Un altro problema – ha continuato Crisci – è il divario tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno c’è una bassa percentuale di laureati: il 17% in regola con gli esami, contro un 34% del Nord Italia. Innovare, quindi è accorgersi che noi siamo didatticamente indietro, innovare vuol dire accorgersi finalmente che i nostri studenti non sono più gli studenti di 20-30-40 anni fa”.
Per il rettore di Uniba, Uricchio, alla luce dei risultati dei lavori delle tre giornate, è necessario “stimolare gli interessi degli studenti, renderli protagonisti, partecipi del loro processo anche di apprendimento e soprattutto di intervenire su quelle competenze che oggi il mercato del lavoro, complesso e globale, richiede”.